Signorino critica i «presunti “grandi” del G7» e adula Accorinti

A Taormina si è svolto il raduno delle sette ex “potenze industriali”. Un ristretto club che rappresenta una elevata (ma sempre meno incidente) percentuale del PIL mondiale e una minore (e sempre più ridotta) percentuale della popolazione planetaria. I cosiddetti “potenti” del mondo affrontano questioni di rilievo per il coordinamento delle politiche internazionali, definendo intese che (concepite al di fuori dei contesti multilaterali istituzionali dotati di legittimità e regole di rappresentanza, quali l’ONU) incidono poi pesantemente sulle sorti del resto del pianeta.

Il G7 si costituisce per un processo di “autoselezione” (o auto-elezione) basato sul censo e su una deriva storica ormai non più rispondente al vero: un tempo questi Paesi erano i sette più industrializzati al mondo, oggi la produzione manifatturiera di Cina, Brasile e India supera in valore assoluto quella di molti inclusi nel G7 e l’incidenza sul PIL mondiale della Cina si avvia a superare quella degli USA. Queste riunioni, nate di fatto per costituire una sorta di “direttorio” mondiale che si sostituisse all’Organizzazione delle Nazioni Unite e alle sue Agenzie come sede decisionale sulle questioni di politica e di economia internazionale, sono destinate nella logica di potere che rappresentano, a un esito perdente.

In un mondo attraversato da tensioni economiche su cui si innesta la costruzione di strumentali quanto pretestuosi e infondati conflitti di tipo etnico, culturale, religioso, l’arroccata difesa di privilegi in evidente erosione è antistorica, pericolosa e alla lunga perdente. L’unico sensato contributo politico alla costruzione di un vero equilibrio mondiale (non al mantenimento degli attuali inaccettabili squilibri) sarebbe quello dell’autoriduzione: uscire dalla logica dei blocchi per accogliere la logica del multilateralismo. Se i presunti “grandi” del G7 vogliono davvero costruire una condizione stabile di pace ed equità devono sciogliere la loro presunta e autoreferenziale condizione di supremazia in un approccio multilaterale, regionalistico e sussidiario che potenzi il ruolo delle istituzioni internazionali dotate di rappresentanza. E occorre partire dall’affermazione di “punti fermi” iniziali invalicabili: il riconoscimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali, il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, la salvaguardia dell’ecosistema e l’affermazione dei “diritti della terra”, la cooperazione internazionale come strumento di promozione delle condizioni di vita dell’umanità, la “destinazione universale” delle risorse di base (acqua, cibo, conoscenza) per la vita e la crescita dei popoli e degli individui.

È questo ciò che Renato Accorinti ha chiesto in maniera eclatante coi suoi gesti nella riunione di Taormina. Ritengo si tratti di questioni politiche di altissima rilevanza e di grande spessore, da discutere nei contenuti e non nella forma, uscendo da preconcetti o da strumentali visioni riduzionistiche che cercano stupidamente di “gettare in caciara” ogni occasione di riflessione seria e profonda.

Su questi contenuti la città che vuole davvero costruire è chiamata a confrontarsi, anche in vista del prossimo G7 sulle pari opportunità che si svolgerà nuovamente a Taormina in novembre, per portare un contributo costruttivo e propositivo adeguato alle sfide e al reale contesto attuale.

Guido Signorino