“Competitività ed economia nei consumi alla base del futuro dell’Unione europea”

Enrico Vinci è una delle pochissime, forse l’unica, personalità italiane di rilievo internazionale che può esprimere un’autorevole opinione sul delicato momento internazionale. Messinese, Vinci è stato l’uomo più vicino a Gaetano Martino, ministro degli Esteri, nel momento in cui l’Europa unita stava prendendo forma. Ha partecipato agli atti preparatori della Conferenza di Messina del 1955 e quindi ai Trattati di Roma, del 1957 istitutivi della Comunità Economica Europea. Da allora per lungo tempo rivestì le funzioni di Segretario generale prima della Cee e quindi del Parlamento di Strasburgo. Fu anche docente di Diritto internazionale in alcune Università italiane fra cui, naturalmente, quella di Messina. Vive a Lussemburgo (con fugaci ritorni nella sua Castanea) ed ha accettato di buon grado di sottoporsi ad un’intervista che vi proponiamo su temi di scottante attualità europea.

L’Unione europea vive delicati momenti conflittuali fra i paesi membri, non solo a causa dell’euro, moneta della discordia, più che dell’unità. Ci spiega cosa sta succedendo?

«L’Unione europea è oggi una realtà economica e politica che lega ben 28 paesi indipendenti e sovrani. Non è una federazione e neppure una confederazione, ma il tentativo di mettere in comune le capacità dei paesi europei senza violare la loro indipendenza. Tutte le decisioni sono prese in comune, da tutti i paesi, dopo lunghe e difficili discussioni. Mettere d’accordo ventotto paesi non è facile. Anzi. Questo spiega come tutto sia più complicato dal passaggio dell’unione europea da sei a ventotto stati. Si deve aggiungere che durante i momenti difficili la tendenza e di chiudersi in se stessi.»

La crisi occupazionale e l’economia in declino sono fenomeni comuni in tutta l’UE o c’è qualche paese membro che si salva a discapito di altri più deboli?

«Tutti i Paesi hanno difficoltà in Europa e fuori Europa. Io credo che alla base della crisi ci sia il principio elementare che non si deve consumare più di quanto si produce. Vale per le persone, per le famiglie e per gli stati.»

Si sussurra che alcune potenze finanziarie internazionali vorrebbero “aggredire” il sistema produttivo di alcuni fra i paesi membri più vulnerabili, come l’Italia, la Grecia e la Spagna. E’ vero o secondo lei l’acquisizione di gruppi industriali e manifatturieri italiani, da parte di operatori stranieri è solo una questione di mercato?

«Per i poteri finanziari l’unica cosa che conta è il denaro. Non aggredire questo o quel paese. Poi bisogna considerare che ormai il mondo è un solo e unico mercato. Io credo che solo il mercato è all’origine degli scambi finanziari ed economici, non la volontà di aggredire questo o quel paese. Per tutti si pone dunque il problema della competitività».

Sin dalla vigilia della Conferenza di Messina, l’epilogo rischiava di non essere quello auspicato da Martino, a causa delle rigide posizioni dei leaders europei che poi hanno sottoscritto i Trattati di Roma. Ma è veramente questa l’Europa unita immaginata da Gaetano Martino, o nelle intenzioni di allora si avrebbe voluto uno spirito più solidale, fino al mutuo soccorso?

«A Messina abbiamo aperto il sogno di una Europa federazione, con una politica estera comune, una politica di difesa comune e una forza e capacità comuni all’interno e verso l’estero. Non tutto è stato realizzato. Godiamo però di uno sviluppo comune che non ha precedenti. I paesi europei… tutta l’area europea è fra le piu ricche al mondo.

«Siamo la prima potenza commerciale e la nostra moneta, il tanto discusso euro, gareggia sul dollaro. Abbiamo una politica commerciale comune, una politica agricola comune. Nessun osservatore oa spiegarci cosa accadrebbe rinunciando a tutto questo ed al resto. E per cosa?

«La verita è che le critiche all’Europa conducono a considerare che non ci vuole meno Europa ma più e sempre più Europa»