Gianni Vattimo a Tempostretto.it: «Se i giovani non leggono più Platone finiranno per abbandonarsi al rincoglionimento mentale»

Gianni Vattimo a Tempostretto.it: «Se i giovani non leggono più Platone finiranno per abbandonarsi al rincoglionimento mentale»

Gianni Vattimo a Tempostretto.it: «Se i giovani non leggono più Platone finiranno per abbandonarsi al rincoglionimento mentale»

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domenica 22 Gennaio 2012 - 18:37

«Destra e sinistra? Sì, sono ancora diverse. La Destra è natura, la Sinistra è cultura». «Le proteste in Val di Susa? Quanno ce vo', ce vo'». «Se qualcuno mi domanda perché sono cristiano, rispondo semplicemente: “perché non vedo nessuna ragione per non esserlo”».

Venerdì 20 Gennaio, presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Messina, si è tenuto un incontro organizzato dall’associazione Marx XXI e dal Centro Studi Galvano della Volpe. Occasione, la presentazione del libro “Un Nietzsche italiano”, del ricercatore dell’Università di Urbino, Stefano Azzarà, sulla presenza di Nietzsche nel pensiero di Gianni Vattimo e sullo sdoganamento dall’etichetta di pensatore di destra che Nietzsche ha avuto per larga parte del ‘900. A margine dell’incontro-dibattito, introdotto e moderato dal prof. Carmelo Romeo dell’Università di Messina, Tempostretto.it ha avuto il piacere di porre qualche domanda proprio al filosofo torinese Gianni Vattimo.

Sembra tramontata la figura del filosofo “portatore di verità”. Chi è oggi il filosofo? Trova che sia minacciato dalla frenesia della società attuale?

Il filosofo intanto è colui che fa professione di filosofia, cioè colui il quale continua a leggere brani della tradizione filosofica, li rende comprensibili agli altri, li traduce, e ne scrive di propri. E può anche scrivere delle critiche alle idee di verità e lo fa, al giorno d’oggi, cercando di rispondere a delle problematiche attuali. Perciò il filosofo è colui che guarda al presente e alle sue esigenze, utilizzando però una tradizione testuale che va sotto il nome di ‘filosofia’. Naturalmente ciascuno poi ha di quest’ultima la propria definizione… Non credo che la professione del filosofo sia minacciata… Certamente la minacciano coloro i quali pensano che non debba più essere insegnata nelle scuole, a vantaggio della matematica e dell’informatica. Se i giovani non leggono più Platone e tutti gli altri filosofi, saranno più facilmente preda dei propagandisti e finiranno, passatemi il termine, per abbandonarsi ad un puro e semplice rincoglionimento mentale.

Il filosofo del "pensiero debole" come si rapporta alla politica?

Il filosofo del pensiero debole è uno che sostiene che l’unico modo di emanciparsi per l’uomo non sia quello di cercare di realizzare un ideale prestabilito, “Vivi una vita vera!”, “Sii uomo!”, ma di ridurre la violenza che si impone contro le libertà, per esempio quella dell’eutanasia, quella della libera iniziativa se vogliamo ecc… Fa tutto ciò che credi sia giusto finché non ti scontri con le libertà dell’altro. Credo che il pensiero debole sia una forte teoria dell’emancipazione attraverso l’indebolimento, teoria diversa dal “non c’è niente da fare, stiamocene tranquilli”. Non sono così disperato da non fare più niente. Qualche volta mi viene la tentazione di pensare “sto lì, mi godo la mia pensione” ma mi dispiace e cambio subito idea.

La teoria del pensiero debole non prevede la violenza, eppure lei stesso è vicino alle proteste No Tav in Val di Susa e, in questi giorni (20 Gennaio ndr), i blocchi stradali in Sicilia si stanno ripercuotendo sull’economia locale…

Bloccare le autostrade in Val di Susa per protestare contro la Tav è una “violenza” legittimissima, Si può rispondere alla romana: “quanno ce vo', ce vo'”. (ride) Il problema è stabilire “quanno ce vo'”. E’ controproducente o produttivo? E’ un po’ come far saltare la Casa Bianca. Io, se potessi, lo farei… Ma se questo dovesse dare luogo ad un bombardamento atomico di tutta l’Europa, preferirei di no… si sceglie il male minore, si scelgono degli obiettivi e dei mezzi sufficientemente persuasivi per richiamare l’attenzione. Gli scioperi, le proteste sono questo.

Lei si definisce “comunista”. Come riesce a conciliare questo suo desiderio di approdo a quel tipo di società con l’idea attuale di “sinistra”, per alcuni, termine anacronistico e fuorviante?

Io vedo ancora una diversità fra destra e sinistra. E se devo definirle, penso che la destra è quella che vuole utilizzare differenze naturali a scopo di sviluppo e la sinistra è quella che vuole correggere tali differenze in modo da mettere tutti in condizione di competere sportivamente. Questa secondo me è una differenza fondamentale. La destra è sempre tendenzialmente razzista, darwiniana, “vinca il più forte”, e invece la sinistra deve tendere al rimedio. La sinistra è cultura, la destra è natura. La destra è naturalista, la sinistra è culturalista. E il comunismo è, come dire, l’unico ideale di società che riesco a coltivare, volete che coltivi un’ideale di società che produce di più e per pochi? Tutte le società molto evolute, come gli Stati Uniti, sono anche società di gente esclusa. Sono comunista perché guardo ad un progresso tecnologico controllato da un potere popolare. Laddove c’è solo una di queste due componenti non si attua realmente il comunismo, mettere insieme le due cose è lo stesso ideale di Lenin…

L’uomo moderno sembra perdere sempre più certezze. L’annuncio Nietzschiano “Dio è morto” può considerarsi come l’avvio di questo processo? E lei come mai si professa “cristiano”?

Quando Nietzsche dice che Dio è morto, dice che è morto il Dio morale, il Dio come garanzia suprema di un ordine oggettivo per l’uomo. E poi, in un'altra parte, aggiunge che adesso che Dio è morto, è ora che arrivino molti dei e cioè nuove e più numerose prospettive di vita, criteri di esistenza. Come è noto, io continuo a professarmi cristiano. Come mai? Se qualcuno mi domanda perché sono cristiano, rispondo semplicemente: “perché non vedo nessuna ragione per non esserlo”. Le ragioni per non essere cristiano sarebbero l’autoritarismo papale, la pretesa di comandare sulle leggi, la pretesa di non pagar le tasse? Senza di questo mi è simpatico Gesù Cristo, sono cresciuto così. Se mi offrite delle buone ragioni per non esserlo, ditemelo, ma quelle ragioni qui non sono sufficienti. Anzi, posso essere antipapale ma col Vangelo in mano.

(CLAUDIO STAITI)

Gianni Vattimo è nato nel 1936, a Torino, dove ha studiato e si è laureato in Filosofia; ha poi seguito due anni i corsi di H. G. Gadamer e K. Loewith all’Università di Heidelberg, e ha studiato con Hans-Georg Gadamer e Luigi Pareyson. Ha conseguito la specializzazione all'Università di Heidelberg. Dal 1964 insegna filosofia teoretica all'Università di Torino, dove è stato anche Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. È stato “visiting professor” in alcune università americane e ha tenuto seminari e conferenze in varie università di tutto il mondo.

Negli anni Cinquanta, insieme a Furio Colombo e Umberto Eco, ha lavorato ai programmi culturali della Rai-Tv, conducendo tra l’altro il programma settimanale politico-informativo “Orizzonte”. Ha diretto la “Rivista di Estetica”. Ha ricevuto lauree honoris causa da numerose università del mondo. È Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana (1997). È (ed è già stato, tra il 1999 e il 2004) deputato al Parlamento europeo dove è membro titolare della Commissione Cultura e Istruzione. Vattimo collabora, come in passato, come editorialista a diversi giornali italiani e stranieri: La Stampa, Il Manifesto, L'Unità, L'Espresso, El Pais (Spagna), Clarin (Argentina).

Studioso di Nietzsche e di Heidegger, le sue idee sulla religione e sulla politica hanno prodotto una filosofia attenta ai problemi della società. Il suo è un "pensiero debole" che concepisce la storia dell'emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi derivano.

Le principali opere di Vattimo sono: Il concetto di fare in Aristotele 1961; Essere, storia e linguaggio in Heidegger 1963; Ipotesi su Nietzsche 1967; Poesia e ontologia 1968; Schleiermacher, filosofo dell'interpretazione 1968; Introduzione ad Heidegger 1971; Il soggetto e la maschera 1974; Le avventure della differenza 1980; Al di là del soggetto 1981; Il pensiero debole 1983; La fine della modernità 1985; Introduzione a Nietzsche 1985; La società trasparente 1989; Etica dell' interpretazione 1989; Filosofia al presente 1990; Oltre l'interpretazione 1994; Credere di credere 1996; Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso 2002; Il socialismo ossia l’Europa 2004; Ecce Comu. Come si ri-diventa ciò che si era 2007; Addio alla verità 2009.

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