teatro

“La Frittata” – Fra Pirandello e Pinter…la frittata è servita…completa di chiusura temporanea dei teatri.

Lo spettacolo in scena sabato sera e in replica domenica u.s. in orario pomeridiano avrebbe dovuto essere il primo di una serie di cinque incontri, l’incipit di una mini stagione o rassegna, selezionata attraverso il bando “Progetto Residenze Autonome Teatrali”, da attuare c/o il Vittorio Emanuele per promuovere un modus novello di fare e far vivere il Teatro.

Il thriller psicologico avrebbe dovuto spiazzare nelle intenzioni gli spettatori (in verità il sabato davvero contati, purtroppo) ma chi scrive, quale appassionata di cinema e teatro, è stata investita più dal colpo di scena inferto dalla chiusura delle sale, stabilita nella notte dall’ultimo D.P.C.M., con decorrenza 26 ottobre e fino al 24 novembre .La serie , al suo debutto, come ogni altra rappresentazione e proiezione in territorio italiano, subisce dunque una temporanea battuta d’arresto che, si spera, possa avere termine a breve.

Torniamo però a “La frittata”, la cui drammaturgia si attesta a Gianpaolo Pasqualino, in uno con Ludovico D’Agostino; Pasqualino è in realtà il perno artistico dell’opera teatrale, in quanto svolge il ruolo dell’antagonista, il c.d. “Vicino di casa” del protagonista, tal Sig. Belluca, di pirandelliana memoria, reso da Tano Mongelli e dirige, peraltro sapientemente, la piece.

Lo script, molto ben congegnato, si diceva, è liberamente ispirato al sommo Pirandello, e, nella specie, alla Sua novella “Il treno ha fischiato” e, come quella, esplora, talora con ferocia e disincanto, gli ambienti sociali: in questo caso la famiglia, di spessore disfunzionale e fondata su rapporti menzogneri, ma necessaria agli occhi della gente per potersi reputare veri uomini.. E così, il nostro Sig. Belluca, in apparenza senza avvisaglie, né motivazioni palesi, ha, ex abrupto, da modesto e mite impiegato, quale era per tutti, al grido di “Cristo è sceso dalla Croce”, sfasciato l’ufficio e trovasi ora ricoverato presso un ospedale psichiatrico, ove riceve la visita di un vicino di casa, pare mandato dalla famiglia del Belluca stesso, portando un dono, la frittata dell’intitolazione, cucinata dalla figliola.

Come nella citata novella, la spaccatura fra i doveri sociali – che ci inducono a una maschera – e i bisogni naturali – che si possono tradurre in ciò che crediamo e pretendiamo di essere – genera in noi profondo conflitto e insanabile pazzia.

Nella rappresentazione, però, il non detto si arricchisce di un intrigo di rapporti e qualità che, a sorpresa, a tre quarti della piece, irrompono, e il vero si fa largo e si comprende il senso delle cose e la follia affatto improvvisa del personaggio che, come l’altro, Suo antagonista, ha vissuto una vita di menzogne… la pietà e il sacrificio parrebbero unica via per trovare finalmente la libertà agognata, o forse la fede, per come riusciamo a viverla, potrebbe divenire strumento salvifico. Certo è che le vite di entrambi cambieranno in modo irreversibile.

Lo spettatore, in realtà, non è particolarmente sorpreso dalla scelta della tipologia di bugia, fin lì tollerata, che potrebbe essere anche altra, o di altro genere: ciò che conta, e rileva, è il senso, quel desiderio che diviene d’un tratto furore, di essere davvero rappresentati in quel palcoscenico che è l’esistenza, il più fedelmente possibile rispetto a come sentiamo di essere.

A dialoghi a tratti fitti fitti, si alternano lunghi vuoti, silenzi significanti, ove l’influenza pinteriana appare rilevante.

Buone le performance attoriali, pur se Tano Mongelli ha sovente mantenuto toni troppo sussurrati, costringendo il troppo (immeritatamente) ristretto uditorio a ricostruire a fatica le battute.

Gianpaolo Pasqualino, va menzionato, ha già meritato il premio UBU 2016 quale migliore attore under 35 ed è stato semifinalista al Biennale College Teatro.

Giovanna Mazzola, ancora, in questo prodotto di elevata valenza e qualità, ha firmato i costumi, Leonardo Manzan si è occupato delle luci, il cui modo di utilizzo è stato davvero ragguardevole.

Quanto alla frittata….non è stata gradita, ed è finita in pattumiera…certo la figlia non poteva sapere che non rientrava nei gusti, quelli veri, paterni.