Cultura

La magia della pesca con la feluca vince il Festival internazionale del Cinema di Salerno

La Cardata” è il nome del segno – una sorta di croce – che i pescatori fanno sul pesce spada una volta catturato. È un segno di rispetto, di onore, come avveniva per i caduti in battaglia.

Titolo che racchiude benissimo il senso di un’opera, quella di Giuseppe Angileri, messinese trapiantato a Roma sin da piccolissimo, che ha voluto raccontare i valori e le tradizioni di un’attività tutta messinese: la pesca con la Feluca.

La vittoria al Festival

Il documentario “La Cardiata” – dopo una proiezione in anteprima, a marzo, all’auditorium Fasola della Multisala Apollo – vince il premio del pubblico nel Festival internazionale del Cinema di Salerno. È il progetto più votato tra tutte le categorie partecipanti al Festival.

Un importante trampolino di lancio per un documentario che mostra, racconta e fa comprendere una tradizione unica senza mai dimenticare di emozionare.

Antonella e Giusy Donato

La pesca del pesce spada, tra le spiagge di Ganzirri, dinanzi la telecamera di Angileri (che ha a lungo lavorato in televisione, occupandosi di post produzione, o della regia di spot e pubblicità, ma è al suo esordio con un documentario), diventa quasi un rito magico, rendendo protagoniste Antonella e Giusy Donato, due donne, due sorelle, che ereditano dal nonno la passione per questa arte. Loro guidano, infatti, “I Mancuso”, cooperativa che prende il nome dal nonno materno. La famiglia Mancuso-Donato da generazioni guida le feluche dello Stretto. Antonella e Giusy sono entrambe laureate, ma il richiamo per quella passione che scorre nelle loro vene è stato più forte di tutto. Insieme a loro, poi, ad arricchire la narrazione i racconti di tanti pescatori e delle loro esperienze.

I valori di una tradizione

E così la storia di una tradizione, con foto, filmanti e testimonianze, si muove tra passato e presente. Le origini di questa pesca tutta messinese sono antiche, risalgono ai tempi in cui i greci attraversavano lo stretto, ne parla già lo storico Polibio. Ancora oggi, resta legata alla sua lunga tradizione, senza voler ricorrere a nuove tecnologie per non perdere la sua natura e la sua essenza: quella di una lotta alla pari tra uomo e pesce – anzi con un vantaggio per il pesce – che percependo il rumore o l’ombra della barca può facilmente sfuggire e mettersi in salvo (il documentario riprende tanto la cattura quanto la fuga del pesce spada). Questo la rende una attività sostenibile, che non altera la naturale catena alimentare e mantiene l’equilibrio delle risorse.

Impariamo a conoscere la pesca del pesce spada grazie alle immagini di Angileri – che filma il tutto direttamente dalla barca insieme ai suoi protagonisti – come un’attività piena di valori che stiamo dimenticando. “Come la chitarra deve avere cinque corde tutte accordate, così è l’arte della pesca del pesce spada, corde diverse da accordare insieme, una per tutte e viceversa” spiega un pescatore.

“È una vita diversa, che sembriamo non riconoscere più, c’è tanta fatica e poca tutela, la questione delle pensioni, per esempio, è un problema sociale significativo. Da tutta la precarietà e l’incertezza nasce la paura che questa tradizione finisca, ma il legame familiare è ciò che – sebbene indebolito – tiene ancora salda questa realtà, la voglia di continuare un mestiere che fa parte della nostra storia. Come è avvenuto per Antonella e Giusy. Ho voluto mostrare che una donna non ha nessun problema a lavorare in mare” racconta il regista.

In mare non c’è differenza tra uomo e donna. “Ho trovato molto più maschilismo in ufficio che qui, dove tutto ciò che ho imparato è merito di mio nonno. In tanti uffici mi sono sentita dire ‘non sapevamo ci fossero donne ad occuparsi di pratiche per la pesca’ e io ho dovuto rispondere ‘no, io sono proprio un pescatore’!” ricorda sorridendo Antonella Donato durante il documentario.

Un lavoro di squadra

Un lavoro emozionante, coinvolgente, testimone di una storia e di tanti valori. È il risultato di una sinergia importante, che il regista, infine, tiene a ringraziare: “Mio fratello Giorgio Angileri, direttore della fotografia e autore delle riprese mozzafiato che sono presenti; Riccardo Martellino, che ha curato tutto il backstage e si è occupato di molte delle fantastiche immagini che vediamo della nave palinuro della Marina militare italiana; Valerio Nicolosi, che mi ha aiutato a mettere su carta un idea; Daniele Vantaggio, Alessia Forganni e Andrea Roma, che hanno curato la maggior parte delle colonne sonore; il mio omonimo (mio cugino) Giuseppe Angileri, che si e occupato di rendere possibili le immagini con il drone; Deborah D’angeli, che ha curato con molta precisione la traduzione in inglese. Tutto questo grazie a loro che hanno creduto in un progetto a budget 0”.