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L’empatia di chef Cogliandro

L’arte è la forma più alta della sapienza umana e se la troviamo al centro di un piatto bianco e rotondo tocca il vertice della perfezione. Sono persuasa, inoltre, che il modo di cucinare rivela in uno chef il suo rapporto con la terra e tutti i sensi. Svela, mette allo scoperto, perché chi ama il cibo ama l’umanità. Chi riesce a stare chiuso in una stanza a palpare, tritare, impastare, pelare, grattugiare, affettare, per un piacere così effimero come un pasto, è un gaudente. Un essere fatto di sensualità e sensibilità in cui l’empatia sa esplodere nel senso più totale del termine.

Il piacere del gusto

La cucina gourmet di chef Filippo Cogliandro percorre questa strada nelle linee sinuose delle sue composizioni, nella scelta degli ingredienti legati strettamente alla sua terra: Reggio Calabria e la Calabria tutta. Una sinfonia, una tavolozza di profumi e sapori degni di uno spartito di Bach o di un dipinto di Dalì. E il palato non sa fare altro che arrendersi ai sapori che lo invadono, che lentamente lo avvolgono fino a raggiungere l’estremo piacere di perdersi nella gola e negli spazi più profondi della mente.

L’empatia con la terra

Se il cibo diventa arte, come nel caso dello chef Cogliandro, è capace di evocare e rievocare emozioni, anche le più profonde che si ripropongono tali e quali ad ogni assaggio. Forse è questo quello che oggi noi più di tutto cerchiamo nel cibo “scegliamo di mangiare sempre meno per sfamarci e sempre più per emozionarci” (Ryan Bromley). La cucina gourmet dello chef Cogliandro ci offre questa possibilità. Naturalmente le emozioni sono diverse per ciascuno, a seconda della cultura, delle esperienze, della sensibilità. La parola chiave, però, resta “empatia”. Perché la cucina è empatia, quando tende ad affascinare le persone che condividono una terra comune, come in questo caso quella reggina.