Dopo Garofalo, Madaudo: guerra “epistolare” sulla zona falcata

A lettera risponde lettera. Una vera e propria battaglia “epistolare” si tenendo attorno all’Ente Porto ed alle aree della zona falcata. Il destinatario delle lettere è sempre uno, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli, che con un decreto dovrebbe procedere alla riperimetrazione delle aree “contese”. Diversi sono i mittenti. Prima il deputato del Pdl (ed ex presidente dell’Autorità portuale di Messina) Enzo Garofalo, che invitava Matteoli a sospendere ogni decisione. Poi il commissario dell’Ente Porto Rosario Madaudo, che oggi invita Matteoli a fare l’esatto contrario. Nella sua lettera Madaudo rivendica che sono ben due le sentenze che hanno riconosciuto la piena legittimazione gestionale dell’Ente Porto sulle aree della zona falcata dove insistono gli stabilimenti industriali di un bacino di carenaggio e di una stazione di degassificazione, nonché sulle aree destinate all’ormai famoso Punto Franco. «Tali aree – spiega Madaudo – ad eccezione di quelle su cui insiste la stazione di degassificazione, già nella disponibilità dell’Ente Porto, sono ancora detenute abusivamente ed illegittimamente dalla locale Autorità portuale, nonostante i numerosi inviti, solleciti ed azioni giudiziarie ancora pendenti». Da qui l’invito rivolto ufficialmente nelle scorse settimane allo stesso ministro «ad adoperarsi, all’interno del proprio potere di vigilanza, perché l’Autorità portuale di Messina provvedesse prontamente ad uniformarsi alle anzidette sentenze con la consegna delle aree e dei canoni percepiti sulle stesse».

E in effetti il ministero sembrava sul punto di procedere al decreto di perimetrazione delle aree così come stabilito del Cga. Madaudo, però, punta il dito contro l’intervento di Garofalo e “ricorda” a Matteoli: «La rideterminazione della circoscrizione territoriale dell’Autorità portuale di Messina rientra nelle valutazioni di competenza del suo Ministero e, anche se ritenuta opportuna, non è tra le richieste dell’Ente, che si limita a richiedere la disponibilità delle proprie competenze, così come gli sono riconosciute dalla legge e dal pronunciamento dell’autorità giudiziaria. Non si comprende quale negatività potrebbe sorgere dalla consegna delle aree ad un ente pubblico, a cui tra gli altri, statutariamente, il suo stesso Ministero partecipa con la designazione di un componente del Consiglio di amministrazione». Garofalo aveva anche sostenuto che la motivazione della sentenza del Cga si limiterebbe a presumere che la circoscrizione territoriale dell’Autorità portuale non includa il Punto Franco. Su questo punto Madaudo chiarisce: «Il Cga ha riconosciuto la titolarità dell’Ente Porto sulle aree in questione. E’, quindi, un’interpretazione consequenziale che esse sarebbero poste fuori dalla circoscrizione territoriale della locale Autorità Portuale, ma tale interpretazione è del tutto ininfluente sulla decisione stessa, poiché essa è fondata sul principio della gerarchia delle fonti del diritto, che vede prevalere le norme costituzionali sulle leggi ordinarie e queste sui decreti ed, ancor di più, sugli atti amministrativi».

Madaudo replica anche a quando affermato da Garofalo sul protocollo d’intesa del febbraio 2004, che avrebbe dovuto riportare un clima di collaborazione tra tutti i soggetti interessati. «Se il clima è così idilliaco – osserva – perché si ritiene così pernicioso che l’Ente Porto gestisca le aree? E perché lo stesso Ente deve essere sciolto ad ogni costo? Il protocollo di intesa non faceva alcun riferimento alla titolarità delle aree, ma prevedeva la collaborazione di tutti i sottoscrittori alla creazione di un polo di eccellenza della cantieristica navale nella zona falcata, con l’impegno di tutti a destinare “tutte le aree che si sarebbe rese libere ad attività che vadano a saturare con finalità produttive l’intero distretto della cantieristica navale”. L’Autorità portuale ha immediatamente contravvenuto a tale accordo, predisponendo, sotto la presidenza dello stesso Garofalo, un Piano Regolatore Portuale che riduceva le aree destinate alla cantieristica navale, non contemplava minimamente il Punto Franco e destinava tutte le aree disponibili ad attività ludiche di ogni genere. In quel periodo, la stessa Authority si vantava di aver fatto sparire quasi tutte le attività produttive della zona». E la battaglia continua…