Laguna di Capo Peloro, un lettore: “Almeno non chiamatela area protetta”

Lo scenario di ciò che sto per descrivere è la Riserva Naturale Orientata “Laguna di Capo Peloro” (con tanto di cartelli pieni di divieti e trasgressioni sanzionabili da severe pene), posta all’interno di un’area protetta. Questo sito è di importanza internazionale, inserito nel Water Project dell’Unesco 1972, sito di importanza nazionale riconosciuto dalla Società Botanica Italiana. Al suo interno vivono più di quattrocento specie acquatiche, di cui almeno dieci endemiche (fonte: Wikipedia).

Qui un’azienda locale fa sostare nel proprio piazzale dei mezzi pesanti con il motore Diesel costantemente acceso.

Solitamente dalle 13 alle 22, ma anche oltre.

A volte anche per 24 ore di seguito.

Questa situazione, oltre a determinare disturbo per le immissioni acustiche e dei fumi, costituisce seria preoccupazione per le possibili compromissioni ambientali, pericolose per la salute.

Infatti intorno vi sono case abitate tutto l’anno ed in una di esse ci vivo io, anziano e solo e che ho subito la parziale asportazione chirurgica di un polmone, per cui dovrei vivere a maggior ragione in un ambiente salubre. La mia bonaria richiesta ai proprietari della ditta di adottare i necessari accorgimenti per evitare tali immissioni pericolose, è stata liquidata in termini, per così dire, sbrigativi, giustificando il diniego con prospettive di guadagni persi. Né hanno sortito alcun effetto gli interventi delle autorità competenti, nonostante la sollecita solerzia della locale Stazione dei Carabinieri.

A quanto pare, area protetta o no, non esistono leggi tali da far cessare immediatamente azioni dannose alla salute (peraltro tutelata dalla nostra Costituzione) e all’ambiente che quei cartelli così rigorosi millantano di proteggere.

Quindi in attesa delle indagini della Procura della Repubblica e dei tempi necessari per eventuali udienze e sentenze, l’Area Protetta rimane “NON protetta” così come la salute di un cittadino che chiede solo di poter vivere tranquillo in casa propria.

Pietro Cavallaro