Peso netto e tara. Quegli “illustri sconosciuti” a molti commercianti messinesi

Si impara a scuola. Il peso lordo è il peso della merce più il peso della confezione; il peso netto è solo il peso della merce; la tara è solo il peso della confezione. Da qui la formula delle elementari: il peso lordo è dato dal peso netto più la tara.

La legge numero 441 del 5 agosto 1981, entrata in vigore il 25 agosto 1982, è generalmente denominata “legge peso netto”. L’art. 1 della legge impone che la vendita delle merci, il cui prezzo sia fissato per unità di peso, deve essere effettuata a peso ed al netto della tara.

L’art. 2 della legge impone che la vendita al minuto ed a peso delle merci allo stato sfuso deve essere effettuata con bilance che consentano la visualizzazione diretta ed immediata del peso netto. Gli art. 3 e 4 riguardano la vendita all’ingrosso ed impongono che la merce si venda al netto.

L’articolo 5 della legge prevede che le bilance devono essere collocate nel locale di vendita in modo da consentire all’acquirente la visione libera e immediata del dispositivo indicatore del peso e della parte frontale e laterale della bilancia stessa.

Per l’inosservanza delle norme di cui agli art. 2 e 3 della L. 441/81 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 155,00 ad euro 516,00. Per la vendita all’ingrosso la sanzione amministrativa di cui al comma precedente è duplicata. In attuazione del D.Lgs. n. 112/1998, i rapporti relativi all’accertamento di infrazioni alla legge n. 441/81 non costituenti reato (amministrative), vanno trasmessi alla Camera di Commercio competente per territorio.

Le infrazioni alla L. 441/81 sono punite, oltre che con sanzioni amministrative, anche con sanzioni penali, “ove i fatti che concretano le infrazioni alle disposizioni della presente legge costituiscano reato”. La vendita di merci al lordo della tara può dar luogo anche alla violazione dell’art. 515 del codice penale (frode in commercio – reclusione fino a due anni o con la multa fino a 2.065 €).

Riceviamo e pubblichiamo quanto segnalato da un nostro lettore:

“Gentile redazione di Tempostretto, vi scrivo per segnalare un fatto particolarmente fastidioso, oltre che illegale. Ho notato che in moltissimi esercizi commerciali fanno pagare la tara, contrariamente a quanto previsto dalle leggi vigenti. Spesso i clienti non dicono nulla, a volte per ignoranza, altre volte perché non se la sentono di reclamare, altre ancora perché ritengono di subire un danno di pochi centesimi in quanto si tratterebbe di pochi grammi. Rientro in quest’ultima categoria, ma ieri non ho potuto fare a meno di inoltrare la mia segnalazione alle forze dell’ordine, in quanto vittima di un sopruso e avendo ricevuto persino risposte maleducate, invece che scuse. Ho acquistato un chilo di focaccia, al costo di 7 euro e 50 centesimi. Peccato che fosse confezionata in un cartone della pizza dal peso di 130 grammi. Era quindi 870 grammi, non un chilo, con una differenza di un euro. Un euro a me, un euro a te, un euro a tante altre persone, si tratta di un bel guadagno indebito. Altrove viene confezionata in vassoi dal peso molto inferiore. In quel caso, se viene fatta pagare la tara, rimane l'illecito, ma almeno si limita a 20 o 30 centesimi. Quando l’ho fatto notare, mi è stato risposto che la focaccia non me la si dava in mano e che il cartone ha un costo. Ora, a parte il fatto che non credo che il cartone abbia un costo di 7 euro e 50 al chilo, in ogni caso non va pagato come previsto dalla legge sul peso netto. Il costo rientra tra le spese del commerciante che, se ritiene di non guadagnare abbastanza considerando anche questa spesa, deve aumentare il prezzo a 8 euro e 50 al chilo (la somma che ho effettivamente pagato) o a 9, a 10 o quanto gli pare. Se però indica un costo di 7 euro e 50, quello dev’essere il prezzo da pagare al netto. Sarebbe come se, facendo un paragone un po’ forzato ma per rendere l’idea, mi si chiedesse di pagare un tot in più perché per fare la focaccia ha dovuto consumare energia elettrica. In questo modo, tra l’altro, il prezzo del contenitore andrebbe di pari passo con quello della merce acquistata. Se parliamo di una torta da 20 euro al chilo, ad esempio, anche il contenitore verrebbe a costare 20 euro al chilo. Quindi un contenitore di 100 grammi verrebbe a costare 2 euro. Il discorso vale anche per i salumi, pur se il peso della carta è minimo. Ho acquistato 100 grammi di prosciutto crudo al costo di 3 euro, compresi 8 grammi di carta che mi sono così costati 24 centesimi. Possono sembrare cifre da nulla ma non lo sono. Se lo fossero, tutti i commercianti la rispetterebbero. Chi non rispetta questa legge, invece, fa anche concorrenza sleale nei confronti di chi invece la rispetta. Ad esempio chi vende la focaccia a 8 euro e 50 al chilo e rispetta la legge peso netto applica lo stesso prezzo di chi la vende ad un prezzo leggermente inferiore (8 euro o 7 e 50) ma fa pagare la tara. Il secondo attira i clienti pubblicizzando un prezzo inferiore che in realtà inferiore non è”.