Il prof. Franco Guzzetta e le peripezie per raggiungere l’arena della Fiera

“Voglio raccontare l’avventura occorsami per andare allo spettacolo teatrale di Tuccio Musumeci all’arena della “Fiera” (l’avere mantenuto questa denominazione va, come vedremo, ben al di là della comodità indicativa).

Partendo dalle colline messinesi dove abito solo in estate, essendomi trasferito per motivi di lavoro in altro luogo (come capita sempre più spesso agli abitanti di questa splendida ma dilaniata città).

Parto con due ore di anticipo nel timore di non trovare un parcheggio. di cui avrei particolare necessità essendo un disabile motorio. Timore fondato, perché la zona è priva di un parcheggio pubblico; o meglio, l’unico parcheggio pubblico proprio accanto l’arena di duemilacinquecento posti è regolarmente chiuso.

Giro per mezz’ora per le strade contigue, sporche, con il poco verde pubblico abbandonato tra le sterpaglie, con tutti, dico tutti i marciapiedi dissestati e interamente occupati da auto tanto da rendere gli stessi marciapiedi inaccessibili, mentre la spazzatura regna sovrana e puzzolente intorno a cassonetti rigurgitanti.

Riesco a trovare un parcheggio accanto ad una di queste discariche a cielo aperto e mi incammino verso quello che chiamerei “l’anello di sbarramento”, la via della Libertà che separa come una barriera la città dall’area “recuperata” (è stato detto) della “Fiera”, una via continuamente percorsa da sfreccianti Tir e priva di alcun passaggio protetto (leggi, semaforo pedonale).

Superata, non senza preoccupazioni, la suddetta barriera ripercorriamo il perimetro della “Fiera” dove tutti i cancelli sono chiusi. Mi spiegano dopo, che è per evitare che le auto attraversando la linea tranviaria entrino in “Fiera”, cosa che sarebbe stata vietata dall’autorità portuale nonostante l’esistenza di spazi idonei. L’unico cancelletto aperto dà sulla vecchia passeggiata a mare: larghezza un metro circa, unico punto di accesso e di fuga da un recinto occupato in quel momento da centinaia di persone. Mi chiedo: dove sono gli organismi della protezione civile, le Prefetture, che pongono veti in lungo ma non evidentemente in largo?

L’ingresso nel recinto è poi per me causa di una frustrazione indicibile: quel recinto, raccontato come liberato dalle cianfrusaglie di una fiera paesane e restituita ai cittadini ed al mare, è in realtà occupato da decine di capannoni vocianti che tra l’altro ostruiscono completamente la vista del mare. Un delitto suffragato da annunci da parte di sindaco, autorità portuale etc. etc.: una realtà degna della più becera periferia al posto di una perla. Basta andare in cittadine della provincia per non dire di città vicine (Reggio Calabria, Catania, Siracusa, etc.) per rendersi conto del rispetto che bisognerebbe avere per la preziosità dei luoghi.

Superato anche questo boccone amaro, dopo un percorso chilometrico finalmente arriviamo in fondo alla casba e troviamo la baracchina-biglietteria che ci introduce in un teatro raffazzonato (o per meglio dire, un mare di sedie) desolatamente vuoto. E come potrebbe essere diversamente? E come giustificarlo di fronte a un grande attore come Musumeci che avrebbe meritato ben altro pubblico?”