Cultura

«L’infelicità degli uomini proviene dal non saper restare tranquilli in una camera»

Giorni difficili per tutti gli italiani. Chiusi in casa, costretti a non vedersi, in una solitudine forzata. Arresti domiciliari per tutti, con l’aggravante di Internet che, se da una parte è un’ottima compagnia, dall’altra esalta, esaspera e ingigantisce i numeri dei contagiati, dei morti e, con essi, l’angoscia. Non uscite di casa, viene costantemente intimato negli appelli sui social – per non parlare dell’insistente jingle della pubblicità progresso del Ministero della Salute ormai noto a tutti, che spesso interrompe bruscamente la visione di un film in televisione, precipitandoci bruscamente nella fredda realtà.

Eppure il Papa ha intimato a tutti noi: «Non sprecate questi giorni difficili». Certo, non andiamo al lavoro, non usciamo con gli amici, non facciamo nulla a parte stare con noi stessi. Ma come fare a non sprecare questi giorni? Cosa intendeva il Papa? Molte cose, è evidente, tra cui, dice espressamente, «ritrovare la concretezza delle piccole cose, delle piccole attenzioni da avere verso chi ci sta vicino, famigliari, amici».

Ma, scavando ancora più a fondo, emerge una difficoltà intrinseca, un dato che molti definiscono problematico per via delle difficoltà psicologiche che potrebbe causare se questa situazione dovesse protrarsi troppo a lungo: ognuno di noi deve fare i conti con se stesso. È inevitabile, una condizione del tutto certa, e fonte di una angoscia sottile, un’inquietudine non ben inquadrata, evanescente eppure presente.

Ecco dunque riecheggiare le parole di Blaise Pascal: «Quando talvolta mi sono accinto a considerare le diverse agitazioni degli uomini e i pericolo e le pene cui si espongono a corte, in guerra, e che sono causa di tante liti, di tante passioni, di tante ardite imprese e di tante azioni spesso cattive, ho scoperto che tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera. […] Quando ho esaminato la cosa più da vicino, e, dopo d’aver trovato la causa di tutte le nostre infelicità, ho voluto scoprirne la ragione, ho scoperto ce n’è una veramente effettiva, che consiste nella infelicità naturale della nostra condizione, debole, mortale e così miserabile che nulla ci può consolare quando la consideriamo seriamente. […] Per questo gli uomini amano tanto il rumore e il trambusto; per questo la prigione è un supplizio così orribile; per questo il piacere della solitudine è una cosa incomprensibile».

Queste le parole di Pascal nei suoi Pensieri. Quanto mai calzanti in un periodo come il nostro. E quanto mai utili per comprendere le riflessioni del Papa: «Non sprecate questi giorni difficili». Infatti la solitudine che viviamo quotidianamente si va a sommare alle notizie allarmanti sulla morte e sulla malattia, insomma sulla nostra condizione debole, mortale, limitata, o in altre parole, creaturale. Pascal parla all’uomo d’oggi alle prese con il coronavirus Covid-19. E sollecita una risposta: speranza o disperazione, resistenza (anche psicologica ma soprattutto spirituale) o cedimento (esistenziale).

Tra l’altro è ironico che il Covid-19 si sia diffuso per via del movimento frenetico e convulso ormai connaturato alla vita post-moderna e che adesso, invece, siamo rinchiusi ognuno a casa propria, nell’immobilità più totale. Basta più rumore e trambusto: è il tempo della meditazione e della riflessione.