teatro

Madri di guerra. Ci sono battaglie che è disonorevole non combattere

Una piece toccante quella andata in scena per l’odierna stagione al messinese Teatro dei 3Mestieri, con la sapiente drammaturgia di Antonella Caldarella – che ha altresì curato la buona regia – e l’interpretazione di Daniela Fisichella e Valentina La Bua, entrambe intense e poliedriche nel passare attraverso varie gamme di emozioni. La stessa Caldarella, peraltro, ha altrove anche incarnato i panni della “mater dolorosa”. Il 19 novembre del 2001 la giovane reporter di guerra, la catanese, Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere della Sera a Kabul, vi trovò la morte assieme a Julio Fuentes, inviato di El Mundo…

Da qui si è partiti per questa rappresentazione ispirata a quei tragici fatti, mettendo l’accento sul legame madre – figlia, sugli ideali perseguiti a costo della vita da chi aveva scelto di andare in quell’altrove, ove i più rifiutano di prestare lo sguardo, per raccontare e testimoniare di dolori, soprusi, violazioni, massacri, con una narrazione divenuta fede fino all’estremo sacrificio. Se l’uomo è portato a inneggiare tardivamente all’eroismo, donando troppo tardi meriti e commemorazione, i giusti sanno riconoscere chi ha trovato la soccombenza quasi scientemente per non tradire il proprio destino, che diviene per essi esemplare per quel coraggio e quella forza espressi, che cancellano ogni possibile rimpianto, anche velato.

Le musiche discrete sono di Andrea Cable, a sottolineare, come dovevasi, i momenti salienti, le scene (ove il bianco. chiaro simbolo di autentica purezza è protagonista, con un letto da ragazza, un tavolino ove è poggiato un mazzo di fiori rigogliosi, una consolle, un bambolotto, dono d’infanzia ma anche simbolo di vita futura, un abito verde speranza) sono di Emanuele Salamanca, e i costumi, ben concepiti, a evidenziare i moti dell’animo delle protagoniste, di Noa Prealoni. E così la madre Agata rievoca, al suo capezzale, l’amato corpo filiale, è straziata da quella perdita che genera in lei un dolore sordo, insopportabile, che solo la giovane, divenuta angelo consolatore, può riuscire a sanare, asciugando le lacrime materne e riportandola, forse un domani, alla vita. Maria, giovane e bella, fiera e indipendente, non desiderava accasarsi, seguendo i desiderata materni, ma dar ascolto alle sue più intime inclinazioni, prestare cioè cura agli ultimi, ai dimenticati, e renderne testimonianza, attraverso un lavoro intriso di fatica, che non rende merito, in territori che profumano di pungente e dolciastro in uno, e di quanto intercorso non è pentita…quella battaglia valeva davvero la pena di essere combattuta, questo il senso. Plausi meritati da parte del pubblico presente.