Agguato al Cep, scalata interna o vendetta privata?

“Non possiamo escludere alcuna ipotesi, tanto meno quelle “futuribili”, ma allo stato non ci sono elementi che ci fanno temere lo scoppio di una nuova guerra di mafia. Ci sono certamente fondati elementi per ritenere che nella zona in cui si è verificato l’agguato si sia alla ricerca di nuovi equilibri criminali. E in questo casi episodi come quelli in oggetto sono verificabili”.

È così che, senza sbilanciarsi né sbottonarsi, il capo della Squadra Mobile Giuseppe Anzalone commenta l’agguato a Gabriele e Francesco Ferrara, rispettivamente figlio e nipote dell’ex boss pentito Iano Ferrara.
Le indagini non hanno ancora permesso di delineare un quadro chiaro del movente che si cela dietro l’agguato, ma pur maturato in un ambiente criminale gli investigatori non intravedono al momento l’ombra di un scontro tra famiglie o pericolosi regolamenti di conti per fatti “pesanti”. Gli investigatori sono cioè portati a restringere il campo a dinamiche interne al villaggio CEP, e al momento non possono neppure escludere piste legati a motivi “privati”.

Soltanto il prosieguo degli accertamenti, però, chiarirà chi è che cosa ci sia dietro all’agguato del CEP. Ieri gli investigatori sono tornati nella zona alla ricerca di tracce intorno al posto in cui l’auto con a bordo i due giovanissimi Ferrara sono stati intercettati da due uomini a bordo di un ciclomotore. I due, a volto coperto, si sarebbero fermati e uno di loro avrebbe aperto il fuoco con una calibro 7,65. I poliziotti hanno battuto a tappeto la zona con perquisizioni e interrogatori a tamburo battente. Il caso è ancora nelle mani del sostituto procuratore Accolla, e il reato ipotizzato è lesioni gravi e non tentato omicidio. Le modalità dell’agguato lasciano pochi dubbi che chi ha sparato volessero far male mortalmente, visto che hanno puntato in alto, al torace e alle spalle, e dritto addosso ai due ragazzi. La Mobile ha informato anche la Direzione Investigativa Antimafia, e in particolare il sostituto Vito Di Giorgio, ma di fatto l’inchiesta non è ancora passato alla competenza dell’antimafia.

Al vaglio anche l’ipotesi che obbiettivo dell’agguato non fossero i due giovani ma il padre di Francesco, Carmelo Ferrara, fratello del più noto ex padrino e pentito anche lui. Nessuno però ha ufficialmente confermato la sua presenza sull’auto. Carmelo Ferrara aveva infatti il divieto di tornare a Messina, come tutti i pentiti che hanno goduto del programma di protezione, anche se la sua collaborazione si era tecnicamente “esaurita”.

Il fiuto degli uomini della Mobile é ora a lavoro partendo da alcuni elementi chiari: Carmelo Ferrara non collabora più da tempo ed era da decenni fuori da giri criminali, non può aver riferito di fatti recenti recenti e quindi preoccupare o infastidire nessuno. Non ha recentemente testimoniato in altri processi a parte quelli già conclusi da tempo. Sembra da escludere, perciò, che l’agguato fosse teso ad eliminare un pentito scomodo o a vendicarsi di un ex affiliato che aveva parlato troppo. Se c’era Carmelo nel mirino dei killer, quindi, è per motivi diversi da quelli mafiosi in senso stretto.
(Alessandra Serio)