Operazione Totem, il clan di Giostra controllava scommesse, lidi e beni confiscati (FOTO)

Gestivano lidi, rosticcerie, campi di calcetto, corse clandestine, videopoker, slot machine dislocate in diversi bar della città. Avevano le mani in pasto un po' ovunque le 24 persone coinvolte negli affari del clan Giostra finiti nel mirino della maxi operazione congiunta di Carabinieri e Polizia denominata Totem.

Al centro di tutto, la figura di Luigi Tibia, 42enne messinese, pluripregiudicato e soggetto ben noto alle forze dell'ordine. Assieme a lui, arrestati anche Calogero Smiraglia, Giuseppe Molonia, Paolo Aloisi, Teodoro Lisitano, Vincenzo Misa, Antonio Musolino, Massimo Bruno, Roberto Lecca, Eduardo Morgante, Luciano De Leo, Paolo Mercurio, Giuseppe Schepis, Santi De Leo, Francesco Gigliarano, Francesco forestiere, Carmelo Salvo, Carmelo Rosario Raspante, Antonino Agatino Epaminonda, Maddalena Cuscinà, Antonino D'Arrigo. L'avvocato Giovanni Bonanno ha l'obbligo di presentazione alla p.g.

A finire nel mirino con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa anche il commercialista Pietro Gugliotta, attuale vice Presidente dell'Acr Messina, per cui sono scattati i domiciliari. Per tutti gli altri esponenti del clan, le accuse a vario titolo sono associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, detenzione illegale di armi, esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, corse clandestine di cavalli e maltrattamento di animali e altro, aggravati dalle modalità mafiose.

LE INDAGINI. A far scattare la maxi Operazione Totem sono state le attività investigative e congiunte di Polizia e Carabinieri, svolte tra il 2011 e il 2013, che riuscirono a delineare l'esistenza di una vera e propria organizzazione criminale nella zona di Giostra al cui vertice spiccava la figura di Tibia. Nel luglio dello scorso anno fu poi un'informativa della Squadra Mobile, depositata sul tavolo della DDA, a puntare i fari sui ruoli svolti all'interno del clan da ventidue persone. Le indagini, coordinate dal Procuratore Capo Guido Lo Forte e dai Sostituti Maria Pellegrino, Fabrizio Monaco e Liliana Todaro, riuscirono velocemente a far luce su una svariata serie di "affari" che la famiglia di Giostra gestiva attraverso stabilimenti balneari, rosticcerie, punti internet, locali e bar.

L'ORGANIZZAZIONE E IL RUOLO DI GUGLIOTTA. Luigi Tibia, grazie alle sue doti imprenditoriali, era riuscito a raccogliere i proventi dei vari affari illeciti del Clan per poi indirizzarli nella gestione di diverse attività commerciali, tra cui anche l'ex Lido Giardino delle Palme di Mortelle (in liquidazione coatta per circa 1milione e 500mila euro). Proprio attraverso l'appoggio del commercialista Gugliotta (commissario liquidatore della Società di navigazione Garibaldi, a sua volta proprietaria di due lidi dell'hotel Giardino delle Palme), Tibia era riuscito ad ottenerne l'affidamento estromettendo gli altri imprenditori.

Non solo. Secondo quanto accertato, attraverso l'amministratore giudiziario e avvocato Giovanni Bonanno, la "famiglia" era riuscita a gestire due imprese già sequestrate nel 2012 (lido "Al Pilone" e la società "Eurogiochi") e, attraverso la figura del professionista Antonio D'Arrigo, a "mettere le mani" anche sulla discoteca Glam nonché su altri lidi della riviera.

LE CORSE DEI CAVALLI E LE SLOT MACHINE. Le indagini hanno fatto emergere lo strettissimo legame esistente tra il clan di Tibia, le corse di cavalli nella zona di Giostra e la raccolta di scommesse. Secondo quanto accertato, la "famiglia" organizzava le diverse corse clandestine, lungo il vialone di Giostra, sottoponendo gli animali a fatiche immani (talvolta somminstrando medicine), gestendone poi soldi e proventi. Fari puntati anche nel settore del gioco illegale, dove il Clan controllava ogni minimo dettaglio attraverso l'istallazione di varie apparecchiature nelle sale della città. Era sempre Tibia, in qualità di leader, a dirigere tutto, dall'acquisto di pc alla predisposizione di server e software, fino alla raccolta delle soldi. Per far questo, il capo poteva contare sulla collaborazione di Giuseppe Schepis e Luciano De Leo che "agivano" sul sito betlive5000.com.

PRESTANOME E SEQUESTRI. Per cercare di deviare i sospetti, Tibia aveva utilizzato la moglie Maddalena Cuscinà e la suocera Rosetta Ricciardo come prestanomi in alcune società. I sigilli, per sequestro preventivo, sono scattati per il capitale de "I sapori del mattino", della società Ti. De. (che gestisce un lido a Mortelle), del campetto di calcio Casa Pia di via Placida, della sede della scuderia "bellavista" di Tremonti, di una macchina e di svariate slot-machine, totem e videopoker dislocati in ventidue esercizi commerciali della città (tra cui Biliardi Sport, Internet Point Mania e BetyItaly) del valore complessivo di 2 milioni di euro. Il provvedimento di oggi è stato firmato dal Gip Monica Marino ed eseguito da Poliziotti e Carabinieri in diverse province della Sicilia.

DICHIARAZIONI. “I Carabinieri – ha dichiarato il Comandante Provinciale Iacopo Mannucci Benincasa – hanno restituito oggi allo Stato quei beni confiscati che, grazie alla complicità dei loro amministratori giudiziari, erano rimasti nelle mani delle cosche messinesi. Si tratta di società e imprese, tra cui alcuni stabilimenti balneari e numerose sale scommesse, sottratte alla mafia già nel 2011, che continuavano ad essere gestiti direttamente, insieme a vari ristoranti, discoteche e impianti sportivi del capoluogo, da alcuni prestanome dei “clan”, garantendo ogni mese introiti illeciti per centinaia di migliaia di euro. Noi crediamo che il sequestro dei beni della mafia continui a rappresentare uno degli strumenti più efficaci per il contrasto a “cosa nostra”, ma occorre combattere anche l’infedeltà di quegli amministratori giudiziari, pagati da tutti i cittadini, che rischia di vanificare gli sforzi compiuti in questo settore”. (Veronica Crocitti)