Il Comune di Falcone querela Antonio Mazzeo. Ha definito Falcone “colonia di mafia”.

L’informazione è fondamentale per riconoscere i sintomi, curare il male e prevenirne la ricomparsa. Declinato così è un principio prettamente medico, ma viene applicato ai vari ambiti del reale, da quello ecologico a quello sociale. Vale per tutto, ma evidentemente non per la mafia. Almeno, non per la giunta comunale di Falcone, che oggi ha approvato una delibera per delegare un avvocato di Barcellona a procedere querelando il giornalista e scrittore Antonio Mazzeo. Il procedimento, ovviamente a spese di tutti i residenti del comune di Falcone, scatta come reazione – o punizione? – per l’inchiesta che Mazzeo ha recentemente pubblicato sul sito I Siciliani Giovani, incentrata sulle infiltrazioni mafiose nel territorio falconese, appunto. Quattro pagine di dati e ricostruzioni frutto di una ricerca meticolosa, che si spinge indietro nel tempo, tassello dopo tassello, per affrescare il controverso mosaico della vita attuale della cittadina. Questo articolo – che rappresenta solo un capitolo nella vasta produzione di inchieste e studi sul fenomeno mafioso svolta da Antonio Mazzeo in questi anni – ha suscitato le ire dell’intera amministrazione comunale di Falcone. Una vicenda che sta provocando scalpore nella società civile. Già via internet fioccano i commenti e gli attestati di stima a favore dello scrittore. Il titolo e il sottotitolo dell’articolo di Mazzeo non danno margine ai dubbi: “Falcone colonia di mafia fra Tindari e Barcellona. Nel cuore di una delle zone nevralgiche della nuova mafia, una tran¬quilla cittadina di pro¬vincia che tanto tran¬quilla non è”. Un riferimento troppo esplicito, che non è stato evidentemente gradito, dal momento che di lotta alla mafia si parla spesso, ma solo a parole appunto. Se si tirano fuori i fatti, con tanto di nomi, date e luoghi, non si è più tutti così contenti e il consenso non è più così unanime.
Nella delibera che ufficializza l’indignazione della giunta nei confronti dell’autore di opere del calibro di “Le mani sull’università” e “Sicilia Armata”- solo per fare qualche esempio – si legge come oggetto: “Iniziative volte a tutelare l’immagine e la rispettabilità del paese”. Di solito si pensa che parlare e scrivere di mafia sia pericoloso per le reazioni degli stessi malavitosi. Stavolta a passare al contrattacco, invece, sono i rappresentanti delle istituzioni democratiche, che non vogliono sentir dire che la mafia esiste, almeno non a Falcone. Altrimenti – almeno da quanto trapela dalle motivazioni ufficiali espresse nella delibera – qualche turista potrebbe aggrottare le sopracciglia. Bendarsi gli occhi, però, non risolve i problemi. Tentare di imbavagliare gli altri li aggrava, o li legittima.
(Eleonora Corace)