Inchiesta sui bilanci comunali, i dettagli

Il rendiconto contabile, le spese fuori bilancio, i crediti inesigibili, le voci di bilancio "in mero transito", il "sigillo" di veridicità apposto dai revisori dei conti, infine l'attestazione del rispetto dei criteri del patto di stabilità.

Ruota intorno all'attivitá di Ferdinando Coglitore l'inchiesta sui bilanci del Comune di Messina, così come l'ha portata a conclusione il pm Antonio Carchetti. E non potrebbe essere diversamente, visto che si tratta dell’ex ragioniere generale di Palazzo Zanca.

A Coglitore peró il magistrato muove alcuni rilievi precisi, che individuano esattamente gli atti che sarebbero censurabili, e che integrerebbero i reati di falso e abuso. A cominciare dalla nota del 28 agosto del 2008 con la quale Coglitore comunicava ai dirigenti di settore di non inserire nei rendiconti le delibere di proposta di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, poiché questi ultimi sarebbero stati sottoposti successivamente all'esame del consiglio comunale. Il mancato inserimento dei debiti fuori bilancio, o la loro iscrizione soltanto parziale, sarebbe alla base della sottostima delle uscite, primo "puntello" per pareggiare un bilancio che paro non era affatto. O non iscrivendo debiti che erano già supportati da un titolo esecutivo.

Voci di uscita abbassate col trucco ma anche voci di entrata "gonfiate": iscrivendo crediti pur consci della loro inesigibilità, o iscrivendo in attivo le entrate attese dall'alienazione del patrimonio immobiliare, pur sapendo che tale patrimonio era non censito, non stimato, affatto verificato nella sua reale consistenza.

I revisori dei conti sono sospettati di non aver verificato effettivamente la regolarità dei documenti loro sottoposti.

Ai consiglieri comunali viene invece contestato di aver votato il bilancio pur sapendo che non erano stati iscritti ad esempio i debiti fuori bilancio. Potevano non sapere, potevano essersi fidati dei documenti trasmessi loro dagli uffici di Palazzo Zanca? Secondo la magistratura no: tre bilanci su 4 sono successive alle note con le quali la Corte dei Conti metteva in mora Palazzo Zanca e gli intimava di correggere il tiro su alcuni profili – gli stessi messi in luce dall'inchiesta ( ancora una volta i debiti fuori bilancio ad esempio). Sono stati gli stessi consiglieri a chiedere il rinvio dell'esame delle delibere per il riconoscimento dei debiti.

Gli investigatori, infine, hanno analizzato con attenzione i verbali delle sedute di consiglio comunale dedicati all'argomento, durante le quali più volte alcuni consiglieri hanno sottolineato le criticità nei documenti contabili, come ad esempio Giuseppe Melazzo e Nello Pergolizzi.

Perché non dichiarare il dissesto? Secondo la Procura per non incorrere nelle sanzioni imposte dalla legge di stabilità: abbassamento delle indennità e dei gettoni di presenza, blocco delle assunzioni ed altre misure di austerity.

A scapito dei cittadini messinesi, scrive infine chiaramente la Procura di Messina: per far quadrare un bilancio a geometria molto variabile, ai cittadini è toccato pagare tributi locali più alti.

Per questo al sindaco Buzzanca, a Coglitore e i revisori dei conti Aricó, Maesano e Donato la Procura contesta anche l'attestazione del rispetto del patto di stabilità.

Se per i 62 indagati finali sembra profilarsi la richiesta di rinvio a giudizio, per gli altri 11 indagati stralciati appare più che probabile la richiesta di archiviazione. Accanto ai consiglieri comunali Melazzo, Cantello e Trischitta, il pm Carchietti ha stralciato anche le posizioni dei dirigenti Giacomo Leotta, Calogero Ferlisi, Romolo Dell'Acqua, Antonella Cutroneo, Natale Maurizio Castronovo, Paola Bianchi, Placido Bruno e Giuseppe Scalici. Erano stati inizialmente chiamati in causa per l'iscrizione dei crediti inesigibili nei rispettivi settori.

Alessandra Serio