Birra e lavoro: Triscele non è solo una vertenza, è una questione d’orgoglio

Il futuro della Triscele è nuovamente appeso ad un filo. La famiglia Faranda non si sbottona e continua a vincolare la ripresa dell’attività allo sblocco definitivo dell’iter per la realizzazione del progetto edilizio nell’attuale sede di via Bonino. I lavoratori, giustamente, insistono per ottenere garanzie occupazionali. Le famiglie di 42 dipendenti hanno vissuto gli ultimi mesi grazie alla cassa integrazione che potrebbe però presto cessare senza la presentazione del piano industriale. Nella vertenza ci finisce inevitabilmente anche l’utenza, quegli appassionati di birra che ormai da mesi non possono più bere quelle bibite alle quali si sentivano ormai legati. Marchi del territorio che avevano già scalato il mercato ponendosi alla pari con un simbolo, quello storico della Birra Messina, che appartiene all’internazionale Heineken e vede la luce nello stabilimento di Massafra (Taranto)

Anche chi sta in mezzo, ovvero il consumatore, attende dunque risposte. Ma nulla può fare se non continuare a fidarsi delle parole della famiglia Faranda, che già in passato ha dimostrato la proprio messinesità appunto rilevando lo stabilimento. Il tempo però passa e gli scaffali restano vuoti di Birra del Sole, Patruni e Sutta, Trinacria. E così la scelta ricade inevitabilmente su altri prodotti che finiscono con l’affermarsi nelle abitudini delle famiglie della città, della provincia, della regione. Gli impegni presi e le promesse sono indelebili, dovrebbero essere sacre. Ma sono i fatti quelli che contano, che fanno la storia e cambiano le cose. I fatti, ad oggi, dicono solo che in attesa che altro cemento coli sulla Zir, contribuendo a cambiare volto ad una zona che ormai può ritenersi sempre più “centrale” e sempre meno industriale, 42 lavoratori rischiano il posto di lavoro e tanti appassionati del “consumo locale” si ritrovano senza una passione che avevano imparato a coltivare.

Non è una posizione “sindacale”, come non fu una posizione “industriale” quella della città che si schierò al fianco dei Faranda per la difesa di una ricchezza nostrana, nostra. Una mossa coraggiosa che fu ripagata, che funzionò grazie all’impegno di tutte le componenti, in primis quella imprenditoriale. Fare i conti nel salvadanaio di altri non sarebbe corretto, ma la speranza che quanto atteso possa finalmente realizzarsi è viva: la delocalizzazione e il rinnovamento dell’impianto, il reinserimento anche in altre aziende del gruppo del personale in cassa integrazione, la ripresa dell’attività e la re-immissione dei prodotti nei circuiti di vendita. Che la Sicilia, ma anche la Calabria, possano tornare a bere birra del sud, prodotta da messinesi, lavorata da messinesi, voluta da messinesi. E’ anche una questione d’orgoglio. (E. Rigano)