teatro

Mari/age – Un congegno ad orologeria che spiazza e imprigiona gli spettatori in un tempo sospeso

Prosegue con fervido impegno, ripagato dalla presenza e dal gradimento del pubblico, la rassegna di teatro contemporaneo presso il giardino della storica villa Pisani, sita in Patti Marina.
Giovedì primo agosto è stata la volta di questa opera, una produzione Teatro Biondo di Palermo, tratta da una trilogia, quasi seriale, che si attesta a Rosario Palazzolo, costituendone il corpo centrale. Protagonista ne è stata la mistica Samantha, che è apparsa come immersa in uno straniante universo balthusiano, in una storia – tristissima invero – che diviene fonte di risa dettate sovente da nervosismo.
In una Palermo simbolo universale di un un mondo popolare post-decadente, la misera giovane, ritenuta dalla gente locale – con il dissenso della madre e del suo professore – distributrice di miracoli, è costretta “a fare Maria“, cercando di operare prodigi.
Samantha, già bambina predestinata in un mondo strabordante di cugine, tali Rita (Ritù) e Fatima, e credenze popolari – talmente eccessivo, da apparire assurdo – diviene una giovane donna in catene, che deve trascorrere una esistenza fatta di gesti ripetitivi e senza senso, novella Madre di Cristo, dispensatrice di miracoli, generando a sua volta a catena restrizioni nelle esistenze delle sue strambe cugine.
In quella società regredita ad uno stadio primitivo, gli episodi che si susseguono appaiono praticamente violenti, psicotici quasi, con al centro quel matrimonio, che sembra aver prodotto un sortilegio sociale e che genera contrastanti reazioni in ognuno, ad iniziare dagli sposi.
Le interpretazioni, tutte di gran qualità, ottimamente rese, nonostante le evidenti difficoltà, sono state meritorie di plauso, quali espressioni di un insano spaccato, popolato da un ceto medio-basso, che utilizza termini sgrammaticati con una marcata inflessione palermitana, il tutto sotto l’egida uniformante della regia sempre attenta di Rosario Palazzolo, volta a trarre il meglio dai suoi attori e tradurre la drammaturgia, come già detto opera dello stesso eccellente artista, in compiuta e ben articolata, davvero urticante piece teatrale.
Le scene di Luca Mannino si sono avvalse della preziosa scenografia naturale, che ha consentito ai coniugi di fare il loro ingresso sulla scena attraverso i monumentali antichi scaloni di pietra, con l’aggiunta di un’ottima configurazione coreografica di quell’ inquietante sposalizio, con tendaggi ad abbellire un tavolo centrale, la torta nuziale a tre piani, lo “schiumante” per il brindisi di rito, le foto ….. mentre la Madonna, in tunica bianca e manto azzurro, immobile sta a osservare, fin quando, nel finale, si gira di spalle e nel prosieguo caccia malamente gli spettatori (simbolicamente gli invitati al rito nuziale e, in uno, i richiedenti i servigi di Samantha).
Quanto ai costumi, di Ylenia Modica, gli stessi sono stati ben confacenti ai rispettivi ruoli, sottolineando con cura le caratteristiche, anche psicologiche, di ogni personaggio.
Le luci di Alice Colla hanno contribuito a mettere in valore i momenti essenziali, così come le musiche e le canzoni scelte, tutte di segno nazional-popolare, a simboleggiare una categoria tipologica umana.
L’uditorio, pur se sovente quasi disarcionato, o al contrario suo malgrado incollato alle proprie sedie, ha espresso applausi convinti, mostrando di apprezzare quell’esagerata festa pirotecnica di così difficile resa, stravagante a partire dall’incipit, in cui il pubblico è stato fatto entrare mentre in sottofondo si udivano le note e le parole del noto brano di Al Bano e Romina Power, “Felicità”, (giusto per capire cosa aspettarsi dallo spettacolo).