Tirreno

Messina, la radiografia della Dia alla mafia dei pascoli e quella della droga

MESSINA – La provincia di Messina rimane dominata da tre grandi gruppi criminali, quello dei barcellonesi, quello dei tortoriciani, e quello del clan Cinturino di Calatabiano, direttamente subordinate alle due più grandi famiglie mafiose siciliane, quella di San Mauro Castelverde e quella dei Santapaola a Catania. Messina è, “mafiosamente parlando”, una vera città-ponte: qui la penetrazione delle ‘ndrine è molto forte, soprattutto nel campo della droga, e qui i calabresi più alti in rango discutono di appalti con i colletti bianchi dei barcellonesi, senza pestare i piedi ai tanti emissari del catanesi che a Messina hanno una vera e propria diramazione nella famiglia Romeo.

La relazione semestrale della Direzione distrettuale antimafia presentata in Parlamento, relativa alla seconda parte del 2021, conferma che gli equilibri mafiosi sul territorio sono quelli consolidati già diversi anni addietro. A parte qualche fatto episodico, quindi, nel messinese vige ancora la pax mafiosa siglata ormai decenni fa. Pax mafiosa ancora più solida in città, dove i vari gruppi cittadini di spariscono le zone d’influenza senza grosse e i “business” senza grosse “incursioni di campo” reciproche.

Sulla tirrenica il clan dei Barcellonesi è vivo e vegeto, gestisce ancora le attività avendo l’ultima parola sia sulla frangia dei Mazzarroti che controlla i vivai di Mazzarrà e Terme Vigliatore, sia sui gruppi dei milazzesi, attivi soprattutto nel campo dello spaccio e del controllo dei locali, come svelato dall’operazione Drug Express. Tanto solida che nel solo secondo semestre del 2021 la Dia ha sequestrato al gruppo oltre 80 milioni di euro dei barcellonesi.

Sui Nebrodi invece dominano i tortoriciani, i batanesi e i brotesi, che devono molto dei loro introiti all’accaparramento delle risorse pubbliche destinate ad agricoltura ed allevamento, attraverso truffe sui fondi agricoli. Nell’ottobre 2021 al boss Vincenzo Galati Giordano sono stati sequestrati beni per oltre 200 mila euro. Sono proprio i tortoriciani a tenere le fila del più stretto contatto con l’alta mafia, attraverso i mistrettesi, organici al potente mandamento di San Mauro Castelverde. Proprio tra qualche settimana andrà a sentenza il processo scaturito dalla più recente inchiesta antimafia, denominato Nebrodi.