Lucia Tarro Celi: “Basta con la cultura della lamentela, passiamo alla disperazione attiva”

diritto all'acqua, bene comune

Spero di non cadere nella retorica se dico che la città di Messina produce sintomi legati al suo essere collocata ai livelli più basi della vivibilità civile e l'emergenza idrica dell'oggi ne è un un segno visibile. Le responsabilità sono antiche e vanno ricercate in quelle politiche di totale speculazione dei territori che oggi portano i conti. Vanno ricercate in quella totale carenza di prevenzione e di interventi nel tessuto idro-geologico che ha contraddistinto intere generazioni di classi dirigenti e di ruoli istituzionali.
Messina nuota sui torrenti e, oggi, manca l'acqua. Messina amplia la rete della fornitura idrica, dopo la privatizzazione dell'Alcantara e la nuova erogazione di Fiumefreddo viene interrotta da una frana e da un terreno rivelatosi franoso.
Il tragico evento si snoda lungo le consuete dinamiche: il Sindaco cerca di affrontare l'emergenza, mantenendo inalterata la visione "rivouzionaria" del suo operato dal basso. La gente urla, si dispera, attacca nel mucchio. I mezzi di comunicazione mettono in scena i loro rituali. Messina si rivela un caso nazionale, mentre la tristezza e la malinconia abitano da tempo in questa città e la sete d'acqua non sembra essere la sua unica emergenza. E allora, insieme all'urgenza di quete ore, occorre forse riflettere sulle responsabiltà più generali che hanno portato i nostri territori a non essere custoditi e organizati per affrontare le criticità degli eventi naturali, ma anche la loro fruizione. Ricordiamoci, ogni tanto che viviamo in una città stretta tra le colline e il mare e per sentire la bellezza e il rischio che questo particolare luogo ci offre è necessario forse abbandonare il lamento e iniziare a produrre quella "disperazione attiva" che Pasolini consigliava all'umanità spenta e assueffatta.

Lucia Tarro