cronaca

Messina, suicidio in carcere: agente scagionato

MESSINA – E’ stato scagionato dall’accusa di omicidio colposo il capo ispettore oggi 52enne, di Sant’Agata di Militello, imputato per il suicidio di un detenuto nel carcere di Messina avvenuto nel 2018. L’agente è stato assolto “per non aver commesso il fatto” dal Tribunale di Messina (dottoressa Sciglio). Il Pubblico Ministero aveva sollecitato per lui la condanna ad un anno e mezzo di reclusione ma l’avvocato Domenico Andrè, aveva ribadito l’innocenza dell’ispettore.

Vere responsabilità altrove

“Oggi per il mio assistito è la fine di un calvario durato anni, lo stesso da umile servitore dello Stato ha sempre avuto fiducia della Giustizia, consapevole di avere sempre svolto il proprio lavoro con spirito di abnegazione e senza mai risparmiarsi, accollandosi turni di servizio massacranti per garantire il regolare svolgimento delle attività e dei diritti dei detenuti”, commenta il legale, che aggiunge: “Le vere responsabilità andavano e vanno ricercate altrove”.

Il suicidio in cella

Primo Rosario Mantino, di Vibo Valentia, era detenuto a Messina, aveva diversi precedenti. Il quarantatreenne era stato coinvolto in una operazione antimafia della Dda di Catanzaro battezzata Outset ed era già stato condannato per tentata estorsione e lesioni. Quell’anno era sotto processo per l’omicidio di Giuseppe Pugliese Carchedi ed il ferimento di Francesco Macrì, di Vibo Valentia, risalenti al 17 agosto 2006. Il difensore aveva chiesto per il pregiudicato di Vibo la perizia psichiatrica e il consulente dei giudici stabilì che non vi era alcuna incapacità e poteva essere processato. A fine novembre l’Accusa sollecitò per Mantino il carcere a vita. Qualche settimana dopo, il 21 dicembre 2018, lo trovarono impiccato in cella.

Agente sotto processo

Mantino si era impiccato usando la cinta dell’accappatoio e l’esastico del pantalone. Era stato accompagnato dall’agente santagatese in infermeria. Mentre erano in attesa dietro la porta dell’ambulatorio, il poliziotto si era allontanato per “assistere” un altro detenuto. Mantino ne aveva approfittato per raggiungere un vano scala e legarsi il cappio intorno al collo, dopo averlo passato ad una grata del soffitto.