Storia dell’ultima nevicata messinese…

In riva allo Stretto di Messina la neve è un fenomeno veramente molto raro. La media di nevicata con accumulo sulla città peloritana si aggira di solito in un evento ogni 7-8 anni, anche se negli anni passati, specie fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 le nevicate erano molto più frequenti rispetto ad oggi. Dagli inizi del novecento ad oggi sono decine e decine gli eventi nevosi (sia con accumulo che semplici fioccate “coreografiche”) che hanno interessato Messina e la sua ben più vasta periferia, con episodi veramente importanti che hanno trasformato temporaneamente la città dello stretto in una sorta di città norvegese. L’ultima vera nevicata che tinse di bianco il capoluogo peloritano risale a quel sabato pomeriggio di quel 30 Gennaio 1999. Quel giorno una massa d’aria artica si riverso sullo Stretto di Messina favorendo l’avvento di spettacolari rovesci nevosi, fino a livello del mare, che imbiancarono la zona nord della città, dall’Annunziata fino a Ganzirri e Torre Faro, con accumuli complessivi sui 2-3 cm a livello del mare. In centro e nei villaggi della zona sud, le temperature di poco positive e le precipitazioni meno abbondanti, rispetto alla riviera nord, non hanno agevolato un accumulo significativo, anche se bastava fare qualche centinaio di metri verso l’interno per vedere i primi depositi consistenti già a partire dai 50-100 metri. I colli e l’intera dorsale dei Peloritani era stata interamente sepolta dalla neve, già a 500 metri si registravano oltre 50 cm di accumulo, mentre a Dinnamare e sulle vette limitrofe si superava abbondantemente il metro di altezza in diversi punti. Ancora più rilevanti furono le nevicate che colpirono tutta la fascia tirrenica siciliana da Palermo fino a tutti i litorali della provincia messinese, dove nessun comune o centro balneare fu risparmiato (qui l’amarcord meteo di quei giorni). Come possiamo ben notare gran parte delle nevicate storiche che hanno colpito la città di Messina si sono realizzate proprio nella parte centrale o sul finire della stagione invernale, tra i mesi di Gennaio e Febbraio, anche se non sono mancati eventi tra fine Dicembre e la prima decade di Marzo. Quasi tutti gli eventi nevosi che hanno colpito lo stretto sono attribuiti allo sviluppo di profonde aree depressionarie che vanno a collocarsi tra il mar Ionio (Ionio low), golfo di Taranto e più raramente sul Canale d’Otranto tra il nord della Grecia e le coste albanesi.

Con questa peculiare collocazione le basse pressioni riescono ad aspirare masse d’aria molto gelide dalle lande ghiacciate dell’Europa centro-orientale, tavolta persino dalla Russia o Siberia (in tal caso ci troviamo dinnanzi aria gelidissima). L’aria gelida da nord-est, dopo aver invaso l’Adriatico, scavalca la dorsale dell’Appennino meridionale per tracimare liberamente sul mar Tirreno raggiungendo l’area dello stretto sotto forma di freddi venti di Maestrale e Tramontana che comportano drastiche riduzioni di temperatura e il conseguente avvento dei fenomeni nevosi fin dalle basse quote. Un altro fenomeno molto influente sulle nevicate messinesi è il noto che ha molte analogie con il più famoso “Lakes Effect” nord-americano. I venti gelidi di provenienza balcanica una volta transitati sopra le più miti acque superficiali del basso Tirreno si umidificano e determinano possenti contrasti termici, creando un fortissimo gradiente termico verticale (notevoli differenze di temperatura in seno alla colonna d’aria). A causa dei fortissimi contrasti termici, tra l’aria gelida in quota e la più temperata superficie marina tirrenica, si attivano violenti moti convettivi (moti ascensionali) che costruiscono imponenti addensamenti nuvolosi a sviluppo verticale (cumuli e cumulonembi) capaci di apportatore forti rovesci e violente manifestazioni temporalesche che date le bassissime termiche (in tali circostanze) hanno prevalente carattere nevoso fino alle coste. Ciò si concretizza soprattutto quando in quota prevale un teso flusso nord-occidentale che propaga gran parte dei nuclei precipitativi convettivi verso la fascia peloritana e l’area dello stretto, dove si fa sempre il carico di precipitazioni.

Daniele Ingemi