Caro diario, tra poco mio figlio ritorna e sarà finalmente Natale. Dedicato alle famiglie spezzate

Questa rubrica non è autobiografica, ma potrebbe diventarlo domani. Sicuramente sarà autobiografica prima o poi.

Caro diario, ho appena finito di sistemare il piumone, quello azzurro, quello con il supereroe che era di moda nei cartoni di tanti anni fa. Lo so, mancano dieci giorni a Natale e ne mancano ancora 3 al ritorno di mio figlio. Anzi per l’esattezza mancano 2 giorni, 16 ore e 18 minuti, al suo ritorno, ma da giorni sistemo la sua camera, perché solo quando dentro ci sarà il suo sorriso, i vestiti lasciati per terra, i libri sparsi sulla scrivania e la luce, il riscaldamento e la tv accese tutto il giorno sarà finalmente Natale. Anche il 15 dicembre, il 18, per me sarà Natale. Voglio ritrovi la sua stanza esattamente come quando l’ha lasciata, con il suo odore, il pallone mezzo sgonfio nell’angolo, l’orologio della Juve in ritardo di 5 minuti, quell’orrenda pecorella bianca di peluche che quando era piccolo non lasciava mai. Ho provato decine di volte a buttarla, sarà piena di acari, ma per lui è solo piena dei ricordi di bambino e non l’ha portata via, quella bianca cosa molliccia, solo per la vergogna di mostrarla a chi divide con lui la casa. Ma qui può restare, qui nessuno lo giudicherà mai troppo sciocco, troppo piccolo, troppo pauroso. Qui è casa sua e io lo so che anche lei lo sta aspettando, dopo averci diviso i sogni e le piccole paure di bambino.

E’ sopravvissuta ai miei periodici passaggi di “feng shui” quando butto via la roba vecchia per far spazio al nuovo. Ora mi spiace aver buttato via in un’ora le tue macchinine e gli animaletti di cartapesta che rubavi dal presepe del nonno per portarli qui.

Tra 2 giorni, 16 ore 1 7 minuti sarà finalmente Natale. La nonna ha riempito il frigo di tutto quello che ti piace e ti nasconderà nelle tasche del giubbotto le buste con i soldi, come fa sempre, attingendo ad una pensione che è ridicolo persino definirla tale.

Per noi sarà Natale prima di Natale. Sarà casa quando alla marittima vedremo abbassarsi il portellone della nave e tra decine di sguardi di ragazzi, in fondo, tra gli ultimi, perché sei il solito riservato e timido, scorgeremo il tuo. Quante volte abbiamo atteso tua zia allo stesso modo, arrivando almeno un quarto d’ora prima alla marittima, perché “non si sa mai”, quando invece è statisticamente dimostrato che un mezzo diretto in Sicilia non arriverà mai né in orario né in anticipo, ma solo in ritardo.

E quando io e papà ti vedremo cercheremo d’immaginare nel tuo volto le parole che non ci hai detto. Tu vedrai nel nostro sguardo quelle che non ti diremo mai. Non ti diremo mai delle notti insonni per l’impotenza di poter essere ancora accanto a te. Non possiamo esserci per ridere di una bocciatura, per piangere di un problema, per litigare, per darti soccorso se cadi. Tu non ci dirai mai di quante volte i soldi non sono bastati e hai fatto il cameriere nei pub, hai saltato un pasto, hai fatto il dog sitter. O semplicemente di quante volte ti sei sentito solo nonostante il mondo intorno a te. Magari hai fatto a botte, o le hai prese, magari non riesci a dare un esame, magari pensi di avere sbagliato tutto e di non farcela, magari ti sei innamorato, magari, magari, magari.

Ci guarderemo negli occhi e sarà finalmente Natale, tra 2 giorni 18 ore e 12 minuti.

Ma non so per quanto. Perché le nostre tavolate delle feste sono diventate sempre più piccole. Abbiamo iniziato che eravamo una trentina, adesso a stento si arriva a dieci. Di anno in anno i cuccioli volati via non tornano più. Hanno fatto il nido altrove e allora finisce che siamo noi a dover partire per riunire la famiglia. Qui resteranno solo i più vecchi.

Adesso alla marittima ci sono pure i mariti e le mogli dei docenti che hanno trovato cattedra nei posti più impensati. Famiglie spezzate che lo fanno e lo faranno pur di lavorare. Non sono neanche giovani, sono padri e madri di famiglia andati via con la riforma della scuola. Si uniscono ad iIntere generazioni di cugini e nipoti sparsi per per il mondo.

Prendi Flavia che ha due figli fuori da 15 anni e ormai sta per trasferirsi lì da loro.

Lo so che di anno in anno il Natale qui sarà più breve anche per te. L’estate, la Pasqua, ogni anno saranno più “corti”. Il tuo sguardo dalla nostalgia passerà all’indifferenza, e verrà il giorno in cui ti batterà il cuore non per una granita caffè con panna ma per il risotto alla milanese. Il tuo sguardo diventerà amaro quando ti accorgerai della sporcizia, dello stato di abbandono, delle strade al buio, dissestate. E vedrai Messina con occhi diversi e la vedrai per quello che è. Troverai insopportabili i rifiuti, i servizi inefficienti, la qualità della vita ai minimi storici, negozi chiusi, attività fallite. Inventerai scuse per stare sempre meno. E non tornare.

Francesco è sceso con il pullman, alla stazione Tiburtina di Roma ce n’ erano 23, tutti a due piani, diretti in Sicilia. Ventitrè pullman speciali diretti in Sicilia sono un numero spaventoso. Quei passeggeri non sono turisti e non sono neanche ricchi. Se vuoi prendere un aereo per tornare a casa il biglietto costa quanto un charter per Parigi a meno che non lo prenoti due anni prima (complimenti ai nostri parlamentari…..).

L’altro giorno Anna ha scritto al ministro Poletti. Sì, il ministro del governo di centro-sinistra “premiato” per aver creato la repubblica dei voucher e per il job acts che un referendum travolgerà grazie ai no di migliaia di famiglie che ha umiliato con le sue dichiarazioni. Anna è una persona straordinaria, è giornalista ed ha la passione per la cucina. Non è una che si lamenta, ha lavorato sodo per tutta la vita. Su facebook ha scritto una lettera al Presidente Mattarella ed a Poletti dopo la frase infelice sui giovani che vanno via che “ce li togliamo dai piedi”.

“Quest'anno ho visto mia figlia qualche giorno a Londra, dove vive, quando ho avuto modo di andarla a trovare, ancora 2 giorni a Settembre, quand'è venuta giù per gli 80 anni del nonno (mio padre) e la vedrò adesso, dal 24 pomeriggio alla mattina del 1° Gennaio. Sì, perché il 2 sarà nuovamente al suo posto di lavoro. Le parole, becere ed inopportune, del Ministro Poletti suonano assai offensive per le mamme come me e per le giovani e i giovani come mia figlia. Oltre che per i contribuenti italiani. Come molti giovani della generazione Erasmus che hanno trovato lavoro all'estero, visto che l'Italia grazie a leggi che violano l'articolo 1 della nostra Costituzione (Peppino Di Vittorio si rivolta nella tomba) offre loro solo improbabili voucher, quei giovani hanno ricevuto dallo Stato italiano una formazione valida per la quale sono state impiegate risorse pubbliche che adesso regaliamo agli altri paesi. Mia figlia ad esempio, ma come lei molti altri, è stata alunna dello IUSS, ha studiato con docenti del calibro del Prof. Salvatore Veca e del Prof. Mario Vegetti. Quanto ha speso lo Stato per la sua formazione? E per quella degli altri giovani? Le parole del Ministro, ciò considerato, non sono solo offensive ma anche stupide. Perché, Sig. Presidente, è davvero da stupidi impiegare tante risorse economiche e poi farne dono ad altri paesi che, al contrario, sono ben lieti di accogliere i nostri ragazzi: si trovano risorse umane valide e ben preparate che invece di contribuire al nostro PIL, incrementano quello tedesco, o britannico o francese o altro”.

Migliaia di giovani lavorano fuori non per scelta ma perché non hanno altra scelta.

Se Babbo Natale riuscisse in una notte a portare tutti i figli “deportati” che sognano di essere felici qui, Messina diventerebbe per popolazione Roma o giù di lì (magari esagero ma hai capito cosa intendo). Ma se Babbo Natale li riportasse nella Messina di oggi morirebbero di fame, e ripartirebbero prima di Capodanno.

Il guaio è, caro diario, che Messina è diventata deserto. E’ terra arida dove non attecchisce seme perché nonostante il sole e il mare non c’è acqua né concime. E sai perché? Perché la classe dirigente è stata il killer dei nostri figli.

Non mi riferisco solo ai politici, ci mancherebbe. Classe dirigente è chi ha il ruolo e il compito di far crescere la propria terra. Per almeno 3 decenni questa classe dirigente si è arroccata, si è autoriprodotta mettendo il merito fuori dalla porta.

Messina è diventata un sistema feudale in cui i figli della casta avevano accesso nei Palazzi e i figli della plebe, solo in cambio di un voto potevano avere accesso ai piani bassi e alle stalle.

Dalla sanità alla magistratura, dall’università ai vertici degli uffici pubblici, non si è guardato il merito ma la casta e la raccomandazione secondo la logica dei “baroni”. Così facendo si sono messe le persone sbagliate nei posti sbagliati e si sono riempiti migliaia di vagoni di treni di figli deportati. Sia per lavorare in fabbrica che negli studi professionali, per fare i medici piuttosto che i manager, gli artigiani piuttosto che gli artisti, i magistrati piuttosto che i pizzaioli.

I nostri figli sono nati con la valigia sotto il letto e adesso che sono cresciuti anche i loro genitori, una volta anziani, andranno via con loro.

Caro diario, non lo so se c’è speranza. Ci sono due Palazzi a Messina, uno di fronte all’altro, Tribunale ed Università, che sono stati lo specchio di questa pessima selezione della classe dirigente.

Il nuovo corso dell’Università fa ben sperare. Il Rettore Navarra è coraggioso e mi auguro abbia la determinazione di riparare i torti fatti ad almeno 3 generazioni di figli. Non si tratta solo di farli studiare qui, ma di fare di questo Ateneo una grande realtà aperta al mondo, nella quale vengano i figli degli altri perché si fa la migliore ricerca e insegnano i migliori i docenti. A luglio mi disse: “io voglio circondarmi solo di chi è migliore di me”.

Solo se ogni singolo esponente della classe dirigente fa sua realmente questa frase, solo se impariamo a circondarci di qualcuno migliore di noi allora Messina potrà avere una pallida speranza.

Altrimenti caro diario, verrà il giorno in cui il mio Natale sarà a Bolzano.

Rosaria Brancato