Archiviate le feste finisce nello sgabuzzino anche l’emorragia di giovani

Finite le feste l’argomento è stato “archiviato” nello sgabuzzino insieme all’albero di Natale ed agli annessi e connessi. Messi in valigia insieme ai baci e alle lacrime gli spiedini di braciole della nonna e gli ‘nzuddi, anche l’emorragia dei giovani che lasciano Messina diventa, come ogni anno, argomento da rispolverare a Natale 2019.

I numeri dei giovani e sempre meno giovani che lasciano lo Stretto per studiare e poi lavorare sono inquietanti, ma sembrano farci paura solo alla vigilia di Natale e per tutto il periodo delle feste.

Perché poi, quando la stanza del “pargolo” resta vuota e i post dolorosi di mamme e papà volgono al termine, la questione cessa di avere rilevanza politica, salvo tornare prioritaria al successivo Natale.

Invece non dovrebbe essere così. L’allarme non può essere relegato solo ad un momento emotivo, intenso, fortissimo, doloroso, ma circoscritto.

Per centinaia di famiglie messinesi l’albero di Natale si allestisce solo quando al campanello bussa il figlio o la figlia di rientro da ogni angolo del mondo. Ed anche per i figli il Natale è Natale solo quando quella porta si spalanca e sentono odore di casa.

Una gioia troppo breve ed alla quale nessuno vuole rinunciare. Ricordo quante volte ho accompagnato mia sorella Celeste al treno del suo rientro a Roma, con i chili in più del cibo di casa e due trolley extra rispetto a quando era arrivata.

Il mio pusher di felicità, il pasticcere Foti, mi ha raccontato di come il numero di clienti che prima di partire si riforniscono di cannoli, pesche, nzuddi, pignolata, “simboli” di un legame profondo con la propria terra, sia diventato allarmante. Si è accorto di una progressiva desertificazione di Messina rivedendoli solo una volta l’anno.

Il problema serio è che la questione non inizia l’8 dicembre e finisce il 6 gennaio.

Non può essere uno slogan relegato a poche settimane giusto per commuoverci un po' o farci maledire questa terra avara.

Nelle scorse settimane il governo Musumeci ha annunciato novità sia sul fronte della battaglia per l’Autonomia e degli accordi economici con lo Stato, che su quello della continuità territoriale. L’Ast ha tra gli obiettivi quello di creare la compagnia aerea siciliana per applicare ai siciliani quelle tariffe ridotte che stando allo Statuto speciale ci spettano dal ’46, ma mentre noi dormivamo, in Sardegna ci sono da decenni.

La continuità territoriale e tariffe decenti sono solo la minima parte della questione. Nei giorni scorsi Libero ha titolato “Siamo comandati dai terroni” ma noi terroni (al di là della giusta indignazione per l’articolo) non solo non ci accorgiamo di essere al potere ma soprattutto continuiamo ad essere ignorati da chi sta nella stanza dei bottoni. Il problema è a monte.

Quei furboni dei Leghisti riusciranno, dopo i referendum dei mesi scorsi, a portare a casa quell’autonomia fiscale che noi siciliani abbiamo riconosciuta da uno Statuto che è antecedente alla Costituzione e che però le nostre classi dirigenti hanno usato solo per conservare i loro privilegi.

Sono convinta che la prima mossa vincente da fare sia la più semplice, la più ovvia e l’unica che non abbiamo fatto: applicare lo Statuto speciale della Regione Siciliana.

A quest’ora avremmo ponti d’oro e non viadotti a corsia unica per 10 anni e autostrade da paura. Basterebbe applicare lo Statuto, l’Autonomia e le REGOLE. Tutte, da quelle del codice stradale a quelle del codice penale.

Invece di elemosinare prebende dobbiamo pretendere infrastrutture ed invece che vantarci del nostro sole e del nostro mare dovremmo usarlo.

Invece che cercare di fregare l’Unione Europea dovremmo dare spazio a progetti veri e usare il denaro vero non per pascoli, pecore, maiali, piante di arance inesistenti o corsi inesistenti, ma per pagare chi lavora veramente.

Il primo pensiero non deve essere: come posso lucrare o fregare lo Stato o il datore di lavoro, ma come posso produrre valore da ciò che so fare?

Se ci limitiamo a ricordarci del flusso inarrestabile di cervelli, braccia e gambe, solo da Natale alla Befana, considerandolo una questione di “cuore”, non risolveremo nulla.

Ho letto con molto interesse il racconto della parlamentare Ella Bucalo e della sua odissea a bordo del Frecciargento Roma-Reggio con oltre 5 ore di ritardo. Mi è venuto da commentare: Benvenuta tra noi mortali.

La differenza è che io posso solo scrivere la vergogna ogni qualvolta mi capita (e ho scritto decine di articoli), mentre lei, l’onorevole Bucalo, è nel luogo dove si possono cambiare le cose. Lo faccia. E inviti con lei sul treno anche chi è al governo e ha molte più possibilità di lei (che è all’opposizione) di cambiare le cose. Obbligherei tutti i politici e i “vip” a usare per andare a Roma il treno da Messina come facciamo noi mortali. Lo facciano per un mese e senza farsi rimborsare il viaggio. Si ritrovino una sera a correre, sotto la pioggia, con il trolley, per raggiungere la Caronte.

Dalla Lega nessun siciliano con un briciolo di memoria si sarebbe mai dovuto aspettare nulla. Ma dal M5S, la Sicilia meritava di più.

Invece siamo qui, a leggere di guerra sulla Tav, di silenzi sul decreto sicurezza, di schermaglie su porti chiusi. E intanto dal mese di giugno sulla Messina-Palermo dal Boccetta a Rometta si cammina su una sola corsia tante sono le interruzioni e la Messina-Catania è un percorso da film horror.

A me non sembra affatto che ci comandino i terroni. Se lo fanno sono distratti o non abitano qui. Altrimenti si accorgerebbero di quanti decenni abbiamo ancora da recuperare e capirebbero per quanti anni ancora aspetteremo che suonino alla porta i nostri figli prima di uscire l’albero di Natale e il presepe dallo sgabuzzino.

Rosaria Brancato