Antonio Mazzeo: “Non è una questione di ordine pubblico, intervenga il Comune”

“I richiedenti asilo sono sotto la protezione del diritto internazionale. Essere protetti significa molto di più del semplice “essere riconosciuti. Vuol dire, in primo luogo, aver garantito dignitosamente vitto e alloggio”. Interviene così sulla vicenda che ha visto la città di Messina ospitare cinquantadue ragazzi africani blindandoli in una palestra messa a disposizione dall’Università, il giornalista ecopacifista ed antimilitarista, Antonio Mazzeo. I migranti accolti al Pala Nebiolo sono per la maggior parte di origine Somala ed Eritrea e dovrebbero essere stati identificati e riconosciuti come richiedenti asilo, cosa che rende singolare la ghettizzazione nell’impianto sportivo dell’Annunziata.

“È stato montato un caso mediatico sul nulla – commenta Mazzeo – Vorrei ricordare che se l’Università ha anticipato delle somme il governo le risarcirà, perché esiste un fondo per i rifugiati. L’atto di generosità della città consiste nell’ aver rilegato in un lager, lontano dai cittadini e dai giornalisti, una cinquantina di ragazzi già identificati, come se si trattasse di una mera operazione di ordine pubblico. Averli messi in una palestra è già disumano, che questo diventi una medaglia è offensivo. Queste modalità d’intervento, inoltre, hanno costi finanziari enormi e fallimentari, persino la Corte dei Conti ha più volte lamentato questa modalità di gestione”. Sicuramente più idoneo e rispettoso per i cosiddetti “ospiti”, sarebbe stato un progetto di accoglienza integrata come quelli Sprar – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati – permette agli enti locali di accedere al Fondo Naionale per le politiche e i servizi dell’asilo., con risultati di inserimento e accoglienza mille volte superiore di questo pseudo intervento.

“Per quello che si è verificato a Messina non ci sono giustificazioni. – continua amareggiato l’autore di libri del calibro de “Le Mani sull’Università e “I Padrini del Ponte” – Non c’è neppure l’alibi dell’imprevisto, dal momento che quest’estate si sono susseguiti sbarchi in tutte le coste siciliane. Invece di attrezzarsi per tempo, è stato messo in piedi un carrozzone mediatico semplicemente indegno,con l’Università che si vanta non si capisce bene per cosa. Evidentemente, questi signori non hanno mai lavorato in situazioni di guerra e di conflitto, quando si prende in cura la vita di migliaia di persone. Al tempo della guerra in Kossovo ne sono arrivate a centinaia nel campo di rifugiati in Albania dove io ero coordinatore. Ricordo che già prima della guerra, ci siamo ritrovati a gestire un numero di persone dieci volte superiore alle capacità del campo, da 200 a 2000. Prima ancora che arrivassero gli aiuti dall’Italia, in quel caso, è stata la gente del posto ad aiutarci. Siamo riusciti a far fronte alla situazione grazie ad una rete che si è attivata spontaneamente, anche in situazioni di povertà estrema”. Bocciata su tutti i fronti, insomma, la linea adottata dalla Prefettura. Non si possono trattare come fossero problemi di ordine pubblico episodi che dovrebbero rientrare, invece, in una strutturata politica dell’accoglienza. Mazzeo critica l’atteggiamento Prefettizio anche per la mancanza di comunicazioni certe. Dal Palazzo del Governo, infatti, trapelano notizie frammentate, mettendo insieme le quali non si riesce a capire da dove vengono i migranti, quanti giorni rimarranno al Pala Nebbiolo e chi, nei fatti, gestisce il Centro.

A questo punto, spetta al Comune prendere le redini della situazione: “L’amministrazione, partendo da questa esperienza, deve porsi il problema del fenomeno strutturale, è grave che non ci sia un progetto politico. Stiamo parlando di dare alloggio a poche persone, in una città di 250 mila abitanti con il 40% del patrimonio edilizio sfitto. Il Comune deve comprendere che non è una questione di ordine pubblico e protezione civile, serve la nomina di un esperto: ci sono in città delle professionalità a livello internazionale, sia nel campo universitario che associativo. Esiste una rete consolidata, che ha brillato negli interventi umanitari durante la guerra in Kossovo”. Tra le realtà messinesi, va ricordato il Circolo Arci Thomas Shankara, sempre in prima fila nell’ambito dell’assistenza ai migranti, la stessa Caritas, da tempo attiva soprattutto sul fronte Rom e l’azione culturale svolta da Migralab. Per l’esperto alle politiche d’accoglienza, voci di corridoio di Palazzo Zanca indicano la ricercatrice Tania Poguisch, tra i papabili, anche l’avvocato dell’Arci, Carmen Cordaro.

“L’intera vicenda denota un’assoluta incapacità di gestione – continua Mazzeo – Questo è un paese che non è in grado di garantire il minimo. Quando arrivano a Lampedusa e Pozzallo, devono essere smistati nei Comuni seguendo l’iter appropriato, sia dal punto di vista giuridico e burocratico. Il minimo è garantire a questa gente la dignità di un posto dove potersi ritrovare. Ciò che è necessario sono psicologi, assistenti sociali, accompagnamento legale, per poter affrontare quel particolare calvario che è il riconoscimento del diritto d’asilo. Una certa politica vede la Sicilia come un muro militare da opporre ai rifugiati – e l’istallazione di radar anti- migranti lo dimostra – o un ghetto dove si moltiplicano Cie e centri come Mineo. Il Comune deve gestire queste situazioni con l’ausilio di una figura capace, per fare di Messina una città dell’accoglienza”.