L'appello dell'Arci:"Nessun centro chiuso a Messina. Intervenga il Comune"

L’appello dell’Arci:”Nessun centro chiuso a Messina. Intervenga il Comune”

Eleonora Corace

L’appello dell’Arci:”Nessun centro chiuso a Messina. Intervenga il Comune”

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sabato 26 Ottobre 2013 - 00:03

Il Pala Nebiolo viene definito un non-luogo giuridico dai membri del circolo Arci Thomas Sankara di Messina,che esortano l'amministrazione comunale a intervenire sulla vicenda degli ottanta migranti accolti nel centro sportivo universitario. L'arci torna a denunciare, tra l'altro, la mancata autorizzazione prefettizia per l'ingresso dei membri al centro, nonostante l'associazione sia riconoscuita tra gli enti di tutela.

Nel sito della Prefettura di Agrigento si legge che: il primo requisito richiesto per l’individuazione di eventuali strutture ricettive per i migranti è “la certificazione di abitabilità della struttura e sua destinazione d’uso”. Quello che il Circolo Arci Thomas Sankara di Messina ha sempre sottolineato è che il luogo in cui sono stati accolti i migranti giunti a Messina è privo dei requisiti minimi di abitabilità essendo, infatti, una palestra. Le criticità rilevate dall’associazione circa il Pala Nebiolo e la condizione dei ragazzi africani accolti, sono diverse. L’Arci ricorda come nel vertice in Prefettura svoltosi l’8 ottobre fossero state indicate numerose altre opzioni, come la casa dello studente, strutture alberghiere, ostello della gioventù di Gallodoro e Roccafiorita, Opera Pia di Taormina, un agriturismo di Furci Siculo, strutture abitative messe a disposizione dalla Cisl, ex centrale del latte di Barcellona Pozzo di Gotto. Soprattutto, però, l’Arci ribadisce che il tempo di residenza nella struttura non doveva superare i tre giorni.

“Non si capisce bene cosa vogliano fare, una cosa è un Cara o un Cie o un centro misto. Nel caso di migranti economici, ad esempio, il centro di prima accoglienza diverrebbe un centro chiuso”. Problemi che sorgono dalla presenza di veri e propri “non –luoghi” giuridici, come quelli simili al Pala Nebiolo che costellano il territorio.”La presenza di nigeriani e ghanesi – ho sottolineato l’Arci nel corso di una conferenza stampa venerdì 25 ottobre – fa pensare ad un non luogo dove attendere altri trasferimenti o rimpatri, che potrebbe diventare, senza una reale opposizione istituzionale e della società civile, simile all’Umberto I di Siracusa”.In tutto questo l’Arci non ha ottenuto dalla Prefettura il permesso per accedere al centro, nonostante l’associazione sia accreditata come Ente di Tutela a livello nazionale. Per questo i membri Arci non possono direttamente esprimersi sulle condizioni abitative dei migranti,ma avendoli incontrati, portano avanti le istanze emerse dai loro racconti. Come quelle delle violenze che molti dei ragazzi africani testimoniano di aver subito al centro di prima accoglienza di Pozzallo, durante le quali “sarebbe stato usato un taser – manganello elettronico – non in dotazione ufficiale, di cui un ragazzo porta ancora i segni”.

C’è, inoltre, il problema dei minori. Per uno è stata riconosciuta la minore età, per un altro è stata depositata la richiesta di accertamento all’ufficio immigrazione e per gli altri due si aspetta di sapere i risultati delle prove cliniche. Proprio sul delicato trattamento dei minori stranieri non accompagnati l’Arci è stata protagonista di un progetto che ha coinvolto più di cento minori per tutto l’arco del 2012, ai tempi dell’ex assessore Dario Caroniti. In quell’occasione fu istituito anche un protocollo tra Comune e Tribunale per fare in modo che tra la segnalazione del minore e l’apertura della tutela non passasse molto tempo. Altro argomento di fondamentale importanza è quello dell’assistenza ed informazione di chi si avvia ad affrontare il lungo iter per il riconoscimento dello status di rifugiato. È importante che vengano informati sulla loro condizione giuridica, su cosa comporta la richiesta d’asilo, ad esempio dopo la formalizzazione della domanda non possono andare nel resto d’Europa, perché il regolamento di Dublino stabilisce che si deve risiedere nel paese in cui si è formalizzata la richiesta. “Non sappiamo se sono tutti richiedenti asilo – dichiara l’Arci – attualmente viene rilasciato un foglio che non esiste dal punto di vista legale, dove si certifica solo che la persona ha fatto richiesta d’asilo. Finora è stato compilato il Modulo C3 per la richiesta di asilo, ma le persone con cui abbiamo parlato sembrano sapere poco o niente sull’iter che li aspetta”.

Nel frattempo sono state avvistate altre 800 persone nel canale di Sicilia. A Lampedusa, Caltanisetta e Mineo fino a ieri si sono verificati episodi di protesta. A Lampedusa le persone continuano a dormire all’aperto. Per questo il Governo ha approvato un provvedimento che stanzia un finanziamento di 250 milioni con il decreto legge del 15 ottoblre numero 120, di cui 90 prelevati dalle tasse che gli stessi migranti pagano per rinnovare il permesso di soggiorno, 70 milioni dalle somme versate per la sanatoria del 2012, in cui i migranti che hanno rinnovato il permesso di soggiorno hanno pagato una tassa aggiuntiva di mille euro, i restanti 50 milioni dal fondo antiracket. Il problema è che a una politica dell’integrazione si preferisce quella volta a situazioni emergenziali gestite solo sul piano della sicurezza. Questa, però, non è l’unica via. Secondo Patrizia Majorana e Carmen Cordaro, rispettivamente presidente e avvocato Arci, l’amministrazione pubblica può – anzi deve – fornire alternative. “Le amministrazioni comunali hanno dei poteri – spiega Patrizai Majorana – ad esempio il comune di Milano ha organizzato due centri affidandoli ad una cooperativa sociale, sono delle case di accoglienza stabilite dall’articolo 40 del regolamento. Noi chiediamo alla Giunta che si pronunci sul fatto che Messina non vuole luoghi fuori dalla legge. La Giunta deve dire che Messina non vuole un centro chiuso e la cittadinanza deve far sentire la propria voce, anche con una manifestazione”.

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