Sbarco Torn Lotte, gli scafisti sconteranno 25 anni di carcere

Evitano il carcere a vita ma incassano comunque una dura condanna i tre tunisini accusati di essere gli scafisti delle imbarcazioni agganciate al largo di Malta nel luglio 2014. I sopravvissuti furono poi sbarcati a Messina il 20 luglio.

La Corte d'Assisre (presidente Trovato), ha condannato a 25 anni di carcere i tunisini Hicham Rjab, Mohammed Zahi, entrambi di 38 anni e Karouf Aref (31); poi i palestinesi Jamal Rajeb (34) e Saddam Abuhadayeb (27), in carcere con l’accusa di essere stati al timone del peschereccio e di aver quindi provocato la morte di almeno 19 persone, intossicate dal monossido di carbonio.

La Procura aveva chiesto la condanna all'ergastolo ma i giudici hanno derubricato l'accusa da omicidio volontario ad omicidio colposo, assolvendoli dall'imputazione relativa ad un gran numero di morti, affogati perché caduti in mare lungo la traversata. Sostanzialmente per i quattro resta in piedi l'accusa di aver provocato la morte degli uomini rinchiusi nella stiva. In sovrannumero e costretti a rimanere al buio per ore, quanto la mancanza di aria li ha spinti a protestare per aprire la botola, sono stati ricacciati in basso a colpi di bastone. Qui alcuni di loro sono morti per soffocamento e per le lesioni provocate dalla lotta per la sopravvivenza.

I tre scafisti erano stati arrestati dalla Squadra Mobile subito dopo lo sbarco a Messina di quasi 500 profughi. Il peschereccio era partito dalle coste libiche il 17 luglio precedente con oltre 700 persone a bordo e soccorso dalla Torn Lotte in acque maltesi, la stessa notte. Nei racconti dei superstiti, che testimoniarono contro gli scafisti, emersero le immagini di un viaggio del terrore: stipati all'inverosimile nel peschereccio, alcuni morirono soffocati, altri accoltellati nella lotta ingaggiata per la sopravvivenza, altri ancora gettati in mare ancora vivi. Almeno 60 le vittime.

Tra loro c'era anche Ahmed Kiki. Ahmed è morto cercando di salire sulla petroliera insieme ai genitori, tra l'acqua, il caos, l'impatto che ha sconquassato il peschereccio. La madre, una volta a bordo, l'ha stretto a se' ancora a lungo, senza vita, fino a quando il corpicino non le è stato strappato e adagiato in una cella frigo. La sua piccola bara candida, trasportata da un giovane marinaio triste, è una delle prime immagini choc che Messina ha avuto degli sbarchi. Per questa morte gli scafisti sono stati assolti.

Hanno difeso gli avvocati Rosa Guglielmo, Marcello Blanca, Alessio Piscopo, Francesco Cardaci e Domenico Trinceri.

Alessandra Serio