Piano di riequilibrio, “spariscono” i debiti di Messinambiente. E per l’Atm…

La giunta Accorinti prova a correggere la rotta del Piano di riequilibrio. Attraverso il monitoraggio, sollecitato dal Collegio de revisori dei conti più di tre mesi fa, ha verificato cosa sta funzionando e cosa no delle misure inserite nella manovra finanziaria decennale a cui il Comune si è aggrappato per scongiuare il default. La verifica ha coinvolto tutti i Dipartimenti di Palazzo Zanca e ha in pratica prodotto un elenco di “compiti” che dirigenti e funzionari dovranno effettuare per raggiungere gli obiettivi fissati (VEDI QUI). Le azioni individuate dagli assessori Cuzzola e Signorino sono tante e toccano soprattutto gli ambiti che per questo piano di riequilibrio sono sempre stati nevralgici, come la riscossione fiscale, la rendita catastale, le transazioni, i contenziosi. Si mira a produrre più entrate ma anche ad alleggerire il Piano, tagliando una fetta di risorse considerevoli che erano state previste.

Ad attirare l’attenzione sono soprattutto Atm e Messinambiente. Le partecipate del Comune hanno caricato sul piano di riequilibrio un monte debitorio imponetene, adesso però a quanto pare si è trovato il modo di ridurre questo peso. Sperando che poi tutto fili liscio e secondo previsioni, altrimenti si rischierebbe davvero il crack.

Partiamo da Messinambiente. Per la società di via Dogali il futuro è totalmente incerto, pende ancora l’ombra del fallimento e in questo momento sono scattati gli ultimi 60 giorni per presentare il piano concordatario in Tribunale ed evitare il fallimento. In questo quadro tutt’altro che roseo però l’amministrazione ha deciso che proprio questa procedura può far bene al Piano di riequilibrio, eliminando l’intera somma che era stata inserita per coprire la massa debitoria di Messinambiente. Come? In pratica il piano concordatario avrà bisogno di un impegno finanziario da parte de Comune di 30 milioni di euro da versare in 60 mesi. Queste somme dovranno essere rese disponibili con provvedimento alternativo e differente rispetto al piano di riequilibrio pluriennale dell'Ente, con ciò determinando l'estinzione dell'intera massa passiva riconducibile in maniera diretta o indiretta all'esposizione debitoria di Messinambiente. La copertura finanziaria al Piano concordatario sarà data con i bilanci 2017-2022, quindi risulta opportuno espungere dal Piano tutte le previsioni di impieghi previste e destinate direttamente o indirettamente alla copertura dell'esposizione debitoria di Messinambiente. Non spariscono però solo i 30 milioni del debito da saldare tramite concordato, ma tutte le risorse inserite inizialmente per Messinambiente. L’amministrazione Accorinti intende cancellare anche oltre 9 milioni che Messinambiente dovrebbe riconoscere ad Ato3 per i servizi di igiene ambientale e gli oltre 15 milioni che erano stati previsti per il debito potenziale accantonato per la causa Ato-Messinambiente. Con un colpo di spugna dunque via tutti i soldi per i debiti della partecipata di via Dogali e via anche il famigerato contenzioso con Ato3. Svanita nel nulla la transazione che ormai oltre due anni fa l’assessore Signorino annunciava come praticamente fatta, ma che poi non è mai stata firmata, la giunta Accorinti ha deciso che basterà «promuovere atti di intesa tra le società Ato Messina 3 e Messinambiente S.p.A. le quali, date le intervenute necessità di dare certezza di tempi e importi per la definizione del piano concordatario della Messinambiente, prendano atto che il Comune ha svincolato la copertura dei debiti della società Messinambiente S.p.A. dalle sorti del piano di riequilibrio, provvedendovi con risorse ordinarie di bilancio e definendo nel limite sopra indicato l'importo complessivo da conferire all'azienda; sulla base di tale presa d'atto le aziende dovranno recedere dai giudizi attivi e dichiarare cessato ogni contenzioso».

Quindi in pratica il risultato è questo: inizialmente per Messinambiente erano stati inseriti circa 70 milioni di euro che comprendevano anche il contenzioso con Ato. Adesso quelle previsioni verranno azzerate e il Comune pagherà a Messinambiente solo i 30 milioni del piano concordatario. Per il resto tutto azzerato. Quindi Ato e Messinambiente dovranno par pace, stringersi la mano e dimenticare passato, debiti e crediti. Come se nulla fosse.

Quindi adesso i prossimi passaggi saranno questi: la Segreteria Generale dovrà predisporre idoneo atto che garantisca la copertura di dei 30 milioni in 60 mesi a partire dalla data di omologazione del piano concordatario per la liquidazione della società Messinambiente, distribuendo l'onere finanziario sugli esercizi finanziari 2017-2022. I Servizi Finanziari dovranno invece stralciare dagli impieghi del piano di riequilibrio pluriennale ogni somma a qualsiasi titolo inserita e destinata direttamente o indirettamente all'azienda Messinambiente S.p.A. in liquidazione e tener conto delle minori necessità di accantonamento a fondo dovute al venir meno della necessità di accantonare riserve nel piano di riequilibrio per ogni impiego direttamente o indirettamente previsto a favore della Messinambiente.

Capitolo Atm. Per togliere qualche somma dai circa 32 milioni di euro inseriti nel piano, torna nuovamente di scena l’immobile di via La Farina che ospita la sede dell’azienda trasporti. Una querelle che si è trascinata per anni e che forse adesso si risolverà grazie alla necessità dell’amministrazione Accorinti di trovare degli strumenti per “fare cassa” e risparmiare. Partiamo da un presupposto fondamentale: l’immobile dell’Atm non è mai stato accatastato e quindi il valore immobiliare non è stato conteggiato e inserito nel patrimonio di nessuno. L’accatastamento, invece, consente l'emersione di un importante valore immobiliare e consente di soddisfare parte importante dei 32.435.044,92 euro posti a copertura dei disavanzi di gestione Atm. Lo dice l’aggiornamento della perizia fatta dall’ingegner Santi Trovato lo scorso 7 febbraio, definendo un valore complessivo pari a € 20.320.123,22, di cui € 1.469.262,80 costituisce il valore del terreno di originaria proprietà del Comune. Quell’immobile è stato realizzato grazie ad una serie di mutui accesi sia dal Comune che dalla stessa Atm. Palazzo Zanca ha speso € 6.912.662,75, mentre l'Atm ha sborsato 10.322.350,34. Quindi la decisione concordata tra Comune e azienda sembra essere questa: avendo sostenuto costi per la costruzione degli immobili di Via La Farina l'Atm procederà ad accatastare l'immobile ed a patrimonializzarlo a valore di perizia. «L'operazione di patrimonializzazione, che costituisce a tutti gli effetti attuazione del piano di riequilibrio, determina un'equivalente riduzione degli obblighi correlati previsti nel Piano e per questo l’amministrazione Accorinti fissa i prossimi passi da compiere: il Dirigente del Dipartimento Patrimonio dovrà coordinare, di concerto con Atm, ogni necessaria attività finalizzata alla redazione di ogni atto necessario alla conclusione delle operazioni di accatastamento; il Dirigente dell'Area Finanziaria dovrà considerare gli effetti di questa operazione sul Piano di riequilibrio, riducendo gli impieghi in misura equivalente all'incremento del patrimonio netto dell'Atm, con riferimento alle prime annualità previste, fino al pieno assorbimento dell'importo previsto.

Adesso la delibera passerà al vaglio dei Revisori dei conti che dovranno verificare se le misure ipotizzate dalla giunta sono sostenibili dal punto vista di vista contabile e legittime alla luce della situazione finanziaria del Comune e delle sue partecipate.

Francesca Stornante