“Ma quale sindaco, io mi chiamo Renato…”

Ma quale sindaco, io mi chiamo Renato”. E’ così che il nuovo primo cittadino di Messina risponde ad un giornalista, uno della stampa regionale, che gli piazza il telefonino davanti alla bocca per un servizio volante dandogli del lei. E’ circondato da almeno duecento persone, Renato Accorinti, ha appena terminato il suo discorso dalla finestra del salone delle bandiere di palazzo Zanca, davanti ad una piazza Municipio piena e chiassosissima. Il suo primo discorso da sindaco, il professore di educazione fisica che da domani, e per cinque anni, indosserà la fascia tricolore, lo impronta ai toni che hanno contraddistinto la sua campagna elettorale. “La mia forza siete voi, questa città cambierà grazie a voi”, urla dal balcone, in maglietta arancione. E’ un’invasione, quella dei suoi supporter a palazzo Zanca. Un’invasione colorata che arriva sin dentro l’ufficio di gabinetto senza bandiere che non siano quella del No al Ponte, una battaglia, l’ennesima, che Renato Accorinti si è intestato ed ha vinto.

L’ultima, fino ad oggi, è quella che lo porterà ad ereditare la fascia tricolore dal commissario straordinario Luigi Croce, l’ex procuratore capo di Messina che del Comune ha retto le sorti per otto mesi. Al trionfo di Accorinti fanno da contraltare le facce scure e le accuse sussurrate da chi affolla la via primo settembre, fuori dalla segreteria dello sconfitto, Felice Calabrò. La coalizione è andata in frantumi, e si cerca il colpevole. Anzi, i colpevoli. Chi dopo il primo turno si è dileguato, chi si è accomodato in consiglio comunale e non ha fatto il suo dovere al ballottaggio, gli alleati che non si sono spesi più di tanto. Patrizio Marino, coordinatore cittadino, annuncia dai microfoni di una televisione le sue dimissioni, l’ala renziana del partito ne chiederà il commissariamento, qualcuno, a mezza bocca, inizia a mettere in dubbio la leadership di Francantonio Genovese.

Sarà una lunga notte, per il Pd, ma lo sarà anche per Renato Accorinti, per il suo popolo in festa a piazza Municipio, per le testimonianze che si susseguono ai microfoni, per le presenze importanti che lo hanno supportato fin qui, da Sonia Alfano, seduta al salone delle bandiere ad ascoltarlo, a Guido Signorino, assessore al Bilancio che sarà anche vicesindaco, fino a Gino Sturniolo, uno dei quattro consiglieri della lista di Accorinti che farà il suo ingresso in consiglio comunale ma, sui gradini di palazzo Zanca, non solo non ci pensa, ma fatica anche a credere che tutto quello che lo circonda sia vero.

Una festa, quindi? Quasi. Per un attimo, infatti, si è sfiorata la rissa, quando un paio degli ultras di Accorinti, passando davanti alla segreteria di Calabrò prima di dirigersi al Municipio, hanno sfottuto pesantemente gli astanti, surriscaldando animi già incandescenti. Risultato qualche spintone all’auto di uno dei due, episodio subito rientrato grazie al sangue freddo di Angela Bottari, ex assessore della giunta di Francantonio Genovese, del fisico di Giorgio caprì, ex consigliere, e di qualcuno che si è frapposto tra le due “fazioni” al grido di “Siamo democratici, non raccogliamo le provocazioni”. Il bilancio, il dissesto, i servizi sociali che non funzionano, le partecipate che fanno acqua, sono tutti problemi che arriveranno tra capo e collo del nuovo sindaco (e della sua giunta) dal primo secondo dopo l’insediamento. Tutti problemi che si affronteranno, uno ad uno. Ma da domani. Per stasera si festeggia. Se Messina cambierà, lo decideranno i governi regionale e nazionale, perlopiù. Se cambierà dal basso, però, sarà tutto merito di Renato Accorinti. Il pacifista che combatte le guerre. E le vince. Il suo esercito? Quarantottomila sognatori.