La classe dirigente messinese alle prese con guai giudiziari, finanziari e politici: la città ha bisogno di chiarezza

Il momento è caldo. Molto caldo. Il Governo dei tecnici, a Roma, vara una manovra lacrime e sangue, per la quale a piangere non sarà solo il ministro Fornero. Una manovra i cui effetti reali andranno ben oltre il calo dello spread o il risveglio della Borsa di Milano, soddisfazioni troppo aleatorie e lontane per chi faticava già ieri ad arrivare a fine mese e ha capito che domani sarà ancora più difficile. Il momento è caldo, dunque, e lo è anche per Messina. Che non rimarrà certo immune dalla manovra lacrime e sangue, che dovrà fare i conti anch’essa con l’Iva al 23 per cento ed il ritorno dell’Ici, giusto per fare due esempi. Che ha già dovuto subire la scure dei tagli di Stato e Regione per circa 18 milioni di euro ed ha un Comune ad un passo dal dissesto finanziario. Ecco il punto: constatato che il momento è caldo, l’attuale classe dirigente messinese è in grado di gestire questo momento? Val la pena porsi questa domanda, perché mentre a Palazzo Zanca si vivono settimane frenetiche, dal punto di vista politico e da quello dell’equilibrio finanziario, a Roma si gioca una partita molto più importante, che avrà ripercussioni pesanti sulla vita quotidiana di ognuno di noi. Ripercussioni ancora più pesanti in una città in cui solo il 44 per cento dei giovani ed il 24 per cento delle donne ha un lavoro, in cui il Pil pro capite è di 17.959 euro, in cui i servizi pubblici (dal trasporto pubblico alla gestione dei rifiuti) sono assolutamente insufficienti e in cui gli unici motivi di vanto, secondo le solite classifiche sulla qualità della vita (VEDI ARTICOLO CORRELATO), sono il clima e l’ordine pubblico, cioè realtà in cui la politica non ha voce in capitolo.

POLITICA E GUAI GIUDIZIARI

Ecco perché è lecito chiedersi se questa classe dirigente è in grado di gestire un momento del genere. E’ lecito chiederselo soprattutto per quel che riguarda la gestione del Comune di Messina, nei confronti del quale la fiducia della gente cala sempre di più. Ieri si è dimesso Carmelo Santalco, assessore all’E-government. Un passo indietro doveroso, che altri prima di lui non avevano ritenuto opportuno fare. Le dimissioni di Santalco seguono, a distanza di meno di un anno, quelle di Pinella Aliberti, entrambi indagati dala Procura per vicende inerenti il loro ruolo di amministratore della cosa pubblica. Due esponenti di una Giunta di cui fanno parte anche due assessori rinviati a giudizio, Gianfranco Scoglio per la vicenda stadi e Messina Calcio (quindi sempre nella funzione di amministratore) e Pippo Isgrò per il fallimento della Smeb (in questo caso, dunque, per fattori esterni al Comune). Fatta salva la sempre sacrosanta presunzione d’innocenza, non è un bel quadro, specie se ad “arricchirlo” ci sono l’indagato Pippo Naro, uno dei leader locali dell’Udc finito nel calderone dell’inchiesta Enav, e l’arrestato Roberto Corona, co-coordinatore del Pdl messinese insieme a Buzzanca, finito dietro le sbarre per il pasticcio Ascom Finance. Guai a fare di tutta l’erba un fascio, la classe politica e dirigente non è solo questa, ma non ci si può stupire se la fiducia della gente non sia ai massimi storici.

POLITICA E GUAI FINANZIARI

Vale la pena, in questo contesto, accennare al baratro economico-finanziario in cui versano le casse comunali. Un disavanzo di 53 milioni, debiti fuori bilancio per 31 milioni, politiche di risanamento evidentemente fallimentari, se al più volte sbandierato rispetto del patto di stabilità fa da contraltare una situazione che la Corte dei Conti ha definito persino «in peggioramento» rispetto al 2009. Una situazione figlia della pochezza della classe politica messinese, che non può certo essere imputata “solo” a questa Amministrazione comunale, resasi però complice di un delitto perfetto confezionato negli anni, quando la bandiera che sventolava sopra Palazzo Zanca (e sopra le sedi di Atm, Amam, Messinambientre, Ato3) era di centrosinistra e quando essa era di centrodestra. Di certo è cambiato poco e a certificarlo il fatto che le facce, da una parte e dall’altra della barricata, sono sempre le stesse e tutti, chi più chi meno (questa Amministrazione non è certo tra i “meno”), hanno contribuito a mettere la polvere sotto il tappeto. Del resto se il Pdl non trova di meglio che proporre il nome di Turi Leonardi per la guida dell’Autorità portuale di Messina, non si può certo parlare di “nuovo che avanza”.

POLITICA E GUAI… POLITICI

Come uscire da questa situazione? Un presupposto fondamentale quantomeno per provarci, non è detto per riuscirci, è avere un’Amministrazione comunale forte, coesa, solida nei numeri e con una linea ben precisa da seguire. E qui va riproposta la domanda: questa Amministrazione possiede questi requisiti? Pare troppo facile rispondere di no. Non c’è stabilità politica, Udc e Pdl non si sopportano, sono peggio dei separati in casa, Buzzanca e D’Alia si battibeccano ormai su tutto e il consiglio comunale pare un terzo incomodo senza la benché minima voglia di essere protagonista in un palcoscenico occupato dai due più quotati teatranti. A D’Alia vorremmo chiedere dove fosse quando Buzzanca si candidò a sindaco con il Ponte sullo Stretto tra i primi punti del proprio programma elettorale. A Buzzanca, a sua volta, andrebbe chiesto quali altre verifiche servano per capire che l’alleanza con l’Udc non esista più. Andrebbe chiesto perché nella sua Giunta non c’è un assessore al Turismo, non c’è un assessore alla Cultura (c’era, s’è dimesso, non è stato sostituito), non c’è un assessore alla Protezione civile (c’era, s’è dimesso, non è stato sostituito), non c’è un assessore allo Sport, tutte deleghe mantenute da un sindaco che è pure deputato (ne scriviamo più avanti), coordinatore di partito, commissario per l’emergenza traffico, soggetto attuatore per l’emergenza alluvione e chi più ne ha più ne metta. E andrebbe chiesto, a Buzzanca, anche quale sia stata l’autorevolezza dell’interlocuzione sua e dei referenti nazionali e regionali con i Governi di Roma e di Palermo, che troppe volte, in questi anni, si sono girati dall’altro lato piuttosto che offrire un aiuto concreto. E a proposito di autorevolezza e di credibilità, non si può lasciare fuori da questo ragionamento la vicenda doppio incarico. L’ostinazione con cui il sindaco-deputato dichiara di voler difendere fino alla fine un privilegio che la Corte Costituzionale ha definito più volge illegittimo fa a pugni con l’esigenza di stabilità, di sicurezza, di chiarezza che la città ha in questo momento. In un momento in cui certezze non ce ne sono, è legittimo avere la certezza, quantomeno, di avere un sindaco e non l’ennesimo commissario? In un momento del genere, è legittimo chiedersi se chi ci ha guidati finora sia capace di tirarci fuori dalle secche?