Ma con i talleri peloritani posso comprare le zucchine al mercato Zaera?

A me l’assessore comunale alla cultura Tonino Perna piace. Apprezzo la sua straordinaria fantasia e la notevole creatività. Da uno come lui, costretto a dover operare senza un euro in cassa ma con una ricchezza in termini di risorse umane presenti nel territorio, mi sarei aspettata, in vista dell’estate, la presentazione di un calendario di iniziative a costo zero che valorizzasse artisti e associazioni locali, tale da far invidia a TaoArte. Invece no. L’assessore alla cultura, calandosi nei panni dell’assessore al bilancio alle prese con casse vuote e diktat della Corte dei Conti ha trovato il modo per “risollevare l’economia locale dalla crisi”, così dice, annunciando la nascita della moneta messinese. Personalmente ritengo l’euro una delle cause dei nostri mali e ho guardato con favore le tesi che puntavano all’introduzione del doppio binario o della moneta a due velocità, ma la moneta messinese in pieno stile Monopoli mi suscita una serie di perplessità. Non sono una fine economista, anzi in materia sono ignorante come una capra, ma dopo essermi accertata che questa proposta l’assessore Perna l’ha fatta sul serio, e non dopo essere stato 4 ore sul molo di Villa in attesa dell’aliscafo Metromare per arrivare a Messina, sotto il solleone, a digiuno e senza acqua, quindi in preda ad allucinazioni, vorrei saperne di più su alcuni aspetti.

Da quel che ho capito la moneta messinese non è alternativa all’euro (anche perché in questo caso ci arresterebbero o metterebbero in quarantena l’intera amministrazione in una sorta di Tso permanente), ma nasce per “fargli compagnia” nei momenti di peggiore solitudine, perché ormai l’euro è detestato ed emarginato da tutti, considerato come un portatore sano di fame e disgrazia. Messina dunque, tornerebbe come ai tempi d’oro, dopo il mille, in epoca federiciana e normanna, a “battere moneta”, magari rispolverando i locali di via della Zecca. Inizialmente i soldi di Paperopoli potranno utilizzarli solo i turisti per acquistare prodotti e servizi, ma con il passare del tempo avremo la fortuna di usarli anche noi. L’assessore ha già fatto sapere che attraverso una consultazione popolare ognuno potrà suggerire il nome della moneta ed il simbolo. La mia proposta è il tallero peloritano, da suddividere in minitallero e supertallero. Quanto ai simboli non ho esigenze, anche se temo, in nome della democrazia, che potrebbe vincere l’arancino di Famulari, indiscutibile simbolo di messinesità, o il pescespada, o Santino Limonata. Conto molto sulla religiosità dei messinesi per far prevalere la Madonnina dello Stretto, la Vara o il cero di Montalto, perché vinca il decoro. L’idea è quella di creare liquidità con qualcosa di simile ai voucher dimenticando che a Messina manca la materia prima dello scambio, ovvero non è che siamo messi bene né ad euro in tasca, né a lavoro. Senza denari, come si dice, non si canta messa, figuriamoci se si fanno talleri a go-go. Se poi si pensa ai voucher per turisti la soluzione è ottima per Rimini o Alghero, ma un po’ meno in una città dove un turista è già felice se non viene travolto da un’auto in corsa in via Garibaldi, per non parlare di quanti esercenti sarebbero disposti ad accettare talleri con disegnato l’arancino al posto della moneta sonante. Ma ho una serie di domande terra terra. Intanto il conio. Dove si stampa? Negli scantinati di Palazzo Zanca o sceglieremo la tipografia Lo Turco come Totò e Peppino nella Banda degli onesti? Quanto varrà un tallero peloritano in Borsa e con quale valuta di riferimento si deve operare? Ritengo poi che i talleri non saranno stampati e poi distribuiti come caramelle o volantini pubblicitari perché in quel caso, a parte l’arresto, si rischiano fenomeni di inflazione e di svaluta. Vaucher, talleri, tarì, dollari o pizze di fango del Camerun che siano, non si possono stampare banconote a piacimento che non corrispondono all’effettivo mercato di euro per poi regalarle in giro. E se armata di buona volontà decido di convertirmi alla moneta locale, dove li prendo? Al Bancomat? Alla posta? Ci saranno appositi sportelli con disegnato un pescespada? Ma ve la immaginate la vecchina che ritira la pensione e si vede consegnare i foglietti colorati con disegnata la Vara? Certo, con questo sistema azzeriamo scippi e rapine, però non abbiamo la certezza matematica che, se vado al mercato Zaera l’ambulante non mi tiri dietro le zucchine. Mi chiedo poi, ma i cinesi e gli extracomunitari li accetteranno? La Tares, l’Imu e l’abbonamento al tram si potranno pagare in supertalleri, anche a rate? E la valuta locale si può usare a Giampilieri o lì preferiranno usare i cent jonici? Se devo fare un viaggio il cambio avviene alla dogana, così finalmente la rendiamo utile? Non ho dubbi che se mia madre dovesse dare la paghetta a mio figlio in talleri lui la porterebbe dritta a Casa Serena e chiederebbe d’incassare l’eredità senza battere ciglio. Supponiamo poi che il turista usi la moneta locale però abbia necessità di resto, come glielo danno? Lo riempiono di pezzettini di pignolata, di cartoline del Duomo? E siamo sicuri che prima di risalire sulla nave lui non dica: “ok, qui mi sono divertito un mondo, anche se mi avete venduto una granita al gelso 17 talleri pensando che non sapessi fare due calcoli col cambio. Prima di tornare a casa però ridatemi gli euro che con questi cosi colorati non arrivo neanche a Rosarno”. Per quale motivo, visto che un tallero equivale, mettiamo ad un euro, io dovrei andare in giro con i soldini di Paperoga, rischiando che il negoziante mi prenda a pedate, se hanno lo stesso valore dell’euro? In cosa consiste il vantaggio? Mi si dirà, all’acquisto del prodotto locale. Bene, esistono milioni di modi per favorire i prodotti a km zero, a questo punto proponiamo il baratto. In rete circola dropis, che è una moneta virtuale, un’unità di misura per uno scambio simile al baratto, ci si scambia beni e servizi. Mi chiedo che vantaggio c’è ad usare una moneta che vale esattamente quanto l’euro, anche se ha scadenza tra una settimana. Tanto meglio il baratto. Invece del tallero all’idraulico scrivo un bell’articolo su Tempostretto decantandone le doti e lo scambio è fatto. Per la verità per ripagare l’idraulico dovrei scrivere almeno 18 articoli, ma questa è un’altra faccenda. Dubito che l’idraulico, il falegname, l’elettricista, il meccanico, si prendano i talleri. Dire che ci sono seimila comuni al mondo che usano monete locali è come parlare di sei granelli di sabbia nella spiaggia di Paradiso e non è una buona ragione perché si applichi ovunque senza considerare le caratteristiche del luogo. In Colombia ci sono 18 mila comuni almeno che hanno trovato il modo di risollevare l’economia locale col narcodollaro e non per questo è un metodo applicabile ovunque.

Io avrei preferito che l’assessore alla cultura avesse indirizzato la sua fantasia per trovare il modo di farci trascorrere un’estate non dico da Arena di Verona, ma con spazi per spettacoli e artisti, valorizzando quel che abbiamo. Magari, se proprio Perna non resiste si potrebbe concludere l’estate messinese con un bel concerto dei Fratelli Righeira che cantano “no tengo dinero, no no no no”, pagato in talleri.

E se poi per comprarmi una birra devo spendere 2 euro e fare a meno del Tarì me ne farò una ragione.

Rosaria Brancato