Crocetta e Accorinti, i destini paralleli delle rivoluzioni salvate dal teorema del Tacchino

Sono stati eletti a distanza di 8 mesi l’uno dall’altro, ma i loro destini sono due rette parallele che camminano su binari distanti quanto la Messina-Palermo ma simili nel tracciato. I destini paralleli di Crocetta e Accorinti, storia di due rivoluzioni accolte tra gli applausi ed oggi salvate soltanto dal morbo di Attack che ha colpito, senza possibilità di guarigione le due assemblee, quella dell’Ars e quella del Consiglio comunale.

Proviamo a fare un’analisi di questi destini paralleli, dai primi passi fino ad oggi.

CROCETTA IERI

Il 28 ottobre del 2012 l’allora eurodeputato ed ex sindaco antimafia di Gela vinse, grazie ad un centro-destra diviso e ad un astensionismo che iniziava a farsi preoccupante, le regionali, acclamato da una sinistra che si era illusa di essere per la prima volta alla guida della Sicilia (dimenticando che a lanciare la candidatura era stato l’Udc Gianpiero D’Alia, mentre i Pd pensavano a Pippo Baudo). Crocetta aveva fatto due mesi di campagna elettorale in nome della rivoluzione siciliana, basata sulla lotta alla manciugghia (termine coniato dal governatore ed entrato nel lessico siciliano) sulla demolizione dei vecchi sistemi e, ovviamente, sull’antimafia.

I siciliani, stanchi degli anni del cuffarismo e del lombardismo, avevano riposto in Re Saro ogni speranza di cambiamento. La prima uscita di Crocetta fu in televisione, il 2 novembre a LA7 con Santoro, dove annunciò: il taglio delle indennità per tutti e la norma sull’incandidabilità degli indagati. Poi niente auto blu per assessori e dirigenti, ma car sharing. In Assemblea poteva contare su 39 deputati su 90 e disse: “no agli inciuci, non farò il mercato delle vacche. Se ho il consenso in Assemblea bene, se no tutti a casa”. Nella prima giunta sbarrò le porte ai deputati e schierò il 50% di donne. Invece dei politici mise un cantante e uno scienziato, Franco Battiato e Antonio Zichichi, una studentessa universitaria fuori corso, Nelli Scilabra (voluta da Lumia), la sindacalista Mariella Lo Bello, ed all’economia da Roma fece scendere al sud Luca Bianchi. Perché nessuno avesse dubbi sull’imprimatur antimafia chiamò in giunta un magistrato, Nicolò Marino, la figlia del giudice Borsellino, Lucia e l’assessore indicato dal presidente Montante di Confindustria, Linda Vancheri. Insomma una partenza col botto. Pochi mesi dopo da Giletti annunciò la mamma di tutte le riforme del pianeta: l’abolizione delle province. Il mese di novembre fu tutto un fiorire di messaggi d’amore con il M5S tanto che nei suoi tour televisivi annunciò il famoso “Modello Sicilia”, passato alla storia della satira come “Motello Sigilia” per via del suo spiccato accento.

ACCORINTI IERI

Il 24 giugno del 2013 Accorinti vinse il ballottaggio contro Calabrò, sull’onda di un voto di protesta contro il Pd delle clientele e grazie all’apporto di parti di centro-destra e centro-sinistra che si unirono all’esercito di cittadini stanchi del vecchio potere. Fece ingresso al comune a piedi scalzi, acclamato dai messinesi come l’uomo della rivoluzione dal basso che avrebbe aperto il Palazzo agli ultimi e agli esclusi. In Consiglio comunale poteva contare solo su 4 consiglieri della lista Accorinti sindaco. La maggioranza infatti era tutta della coalizione opposta che al primo turno superò il 60% (le liste di centro-sinistra doppiarono i voti del candidato sindaco Calabrò). Pilastri della campagna elettorale erano stati: il dissesto nei fatti e causato dai vecchi politici, la flotta comunale, l’eliminazione delle coop nei servizi sociali, il taglio delle indennità a sindaco e assessori, la partecipazione. Il sindaco disse all’Aula: “Non ho 4 consiglieri, ne ho 40”, cantando l’inno della condivisione. Coniò il termine quellicheceranoprima contro i quali ha combattuto 40 anni di battaglie. In giunta schierò uno stuolo di docenti universitari (Signorino, Cacciola Panarello, Cucinotta, Mantineo) uno stimato ingegnere di uno dei migliori studi cittadini, De Cola. Tolse i tornelli all’ingresso di Palazzo Zanca e si preparò a combattere il default spirituale.

CROCETTA OGGI

Tre anni dopo la Sicilia è sotto la tutela di Renzi che tiene i cordoni della borsa e centellina l’ossigeno mentre siamo sull’orlo del default. L’assessore-badante inviato dal Presidente del consiglio, Baccei, cerca gli ultimi 500 milioni per chiudere tra un mese il bilancio ma ha già annunciato che nel 2016 saremo alla fame. Nel frattempo le uniche tre riforme varate in 3 anni e non senza tribolazioni da governo e Ars sono state impugnate dal Consiglio dei ministri. Se la riforma delle Province ha fatto ridere e fa ridere l’Italia, quella della formazione ha fatto piangere migliaia di famiglie(lavoratori e corsisti, uniche vittime del sistema corrotto).Il taglio delle indennità è diventato il quarto mistero di Fatima, la lotta alla manciugghia non ha neanche sfiorato dirigenti e nominati nelle partecipate e i carrozzoni sono tutti lì con Cda superstipendiati “mica possono lavorare gratis?” ha detto, sorvolando sui 150 mila euro annui. Lo spoil system a tappeto e la nomina di luogotenenti ovunque ha fatto impallidire Lombardo e Cuffaro messi assieme (tra l’altro gran parte dei “favoriti” viene proprio da quelle fila). La norma sull’incandidabilità degli indagati non si sa che fine abbia fatto. Le auto blu sono ancora lì e del car sharing non si è vista neanche l’ombra. L’unica inchiesta che ha fatto scalpore è quella che ha travolto Tutino, suo medico personale, causando una crisi epocale a luglio. L’antimafia rappresentata dai magistrati schierati al suo fianco, dall’assessore Vancheri e dalla Borsellino oggi non c’è più. In 3 anni ha cambiato 41 assessori (più delle giunte Cuffaro e Lombardo messe insieme). Ma quel che è peggio che sulla lettera d’addio di Lucia Borsellino “lascio per motivi etici e morali”, nonché delle parole del fratello Manfredi alle celebrazioni dell’omicidio del padre, è calato un rigoroso silenzio da parte di tutti, alleati e governo. In silenzio se ne è andato anche un altro assessore-vessillo, Linda Vancheri, la cui delega è rimasta non assegnata per 4 mesi. Dopo 41 assessori e senza più “simboli”, l’unico magistrato oggi in giunta è Vania Contraffatto, moglie di un consigliere comunale Pd di Palermo di area renziana. Fuori cantanti, scienziati, segretarie, studentesse, oggi ci sono i politici o di cuffariana e lombardiana memoria o non certo di primo pelo, come Giovanni Pistorio (Udc), Antonello Cracolici (Pd) Gianluca Miccichè (Udc). Con il Crocetta quater entra ufficialmente in giunta il Nuovo Centro destra, con il messinese Carlo Vermiglio in compartecipazione con i centristi. Mentre il crollo del viadotto Hymera divide la Sicilia in 2 e il bilancio naufraga tra retaggi da Tabella H e leggine salva indennità lui difende il Cas e la casta dei burocrati. Il “Motello Sigilia” è un lontanissimo ricordo, ma i grillini augurano lunga vita a questo governo perché ogni giorno in più di Crocetta e maggioranza è una valanga di consensi per il M5S che non dovrà neanche fare campagna elettorale.

ACCORINTI OGGI

Due anni e mezzo dopo la rivoluzione dal basso non è mai iniziata. La flotta comunale è rimasta nel cassetto, il dissesto si è trasformato nel Piano di riequilibrio che salva quellicheceranoprima con una sanatoria che mette sotto il tappeto le macerie, le indennità non sono state toccate, le cooperative gestiscono i servizi sociali oggi come allora, non c’è bike sharing né car sharing, la gestione dei Beni comuni è una leggenda metropolitana così come il bilancio partecipato e il Pico. Il fiore all’occhiello di questa amministrazione, cioè l’isola pedonale, è naufragata tra ricorsi al Tar e affondi in Aula e neanche le Unioni civili hanno ancora visto la luce. La gestione rivoluzionaria dei rifiuti affidata a superesperti (pagati) del Nord ha portato la discarica a Pace, l’emergenza rifiuti ed una Tari che ricorderemo per anni, la raccolta porta a porta non è iniziata, la differenziata è affidata agli uomini di buona volontà e Legambiente insieme al Sole 24 ore ci hanno messi ultimi in classifica per vivibilità. L’unica cosa che funziona per Accorinti è l’Atm e lo utilizza per rispondere su qualsiasi cosa. Siamo senz’acqua ma ci sono più autobus, siamo sommersi dai rifiuti ma almeno c’è il tram. Ciliegina sulla torta l’emergenza acqua gestita da un’Amam destinata a diventare il papà di tutti i carrozzoni in stile quellicheceranoprima e che dovrebbe occuparsi, ahinoi, anche di rifiuti oltre che di acqua. La giunta del 2013 ha perso pezzi, come Mantineo che se ne è andato scrivendo la lettera di Biancaneve scoprendo dopo 2 anni magagne e streghe cattive dimenticando i fondi persi grazie alle sue sviste e scaricando su burocrati e sindaco tutte le responsabilità. Non è cambiata una virgola e persino la gestione degli sbarchi è stata imbarazzante ma in compenso ha organizzato gli Stati generali…. Strada facendo la sua maggioranza originaria ha perso pezzi, quelli del “nocciolo dal basso”ed è proprio quel popolo che ha riposto in lui le speranze che ne è rimasto deluso. Esperti, sostenitori, consiglieri, hanno via via cambiato strada. Accorinti è sempre più solo con un cerchio magico che sul piano della comunicazione ha fallito alimentando un clima di tensioni tra fazioni senza riuscire a far arrivare ai cittadini il messaggio sul cosa si è fatto ma soltanto il cosa si è trovato. E così come Renzi centellina l’ossigeno a Crocetta altrettanto accade con il Ministero dell’Interno ed un Piano di riequilibrio che sembra la tela di Penelope. Quanto ad ultimi ed esclusi a questione sembra essere stata liquidata con la Casa di Vincenzo, dimenticando tutto il resto. A Casa Serena non si è più visto un assessore neanche per sbaglio neanche quando lo scorso Natale gli anziani sono rimasti al gelo, gli assistiti dei servizi sociali pagano il doppio prezzo di un sistema affidato alle coop, i morosi incolpevoli occupano caserme e scuole perché nessuno li ascolta e i disabili dell’Anffas resteranno senza casa.

I DESTINI PARALLELI DI CROCETTA E ACCORINTI

Giunte a metà percorso le due rivoluzioni, siciliana e dal basso, hanno fallito. Entrambe sono legate ad un filo che dipende da Roma, vuoi per i milioni di euro destinati alla Sicilia vuoi per il verdetto sul Piano di riequilibrio. L’impressione è che resteremo attaccati alla canna del gas ancora a lungo. Nel frattempo il governo Renzi commissaria quel che può giusto per non farci morire tra atroci sofferenze e spaccia per regalie i nostri diritti. Ma stiamo tranquilli, i Che Guevara dell’isola arriveranno a fine mandato. Sia Crocetta che Accorinti non finiranno prima il mandato. I 90 dell’Ars non hanno alcuna intenzione di andare a casa anticipatamente 1)non vogliono rinunciare a privilegi e indennità 2)molti non saranno rieletti sia perché al prossimo mandato l’Ars avrà 70 deputati, sia perché consapevoli che questo restare asserragliati non li potrà salvare tutti 3)la Sicilia andrà ai grillini quindi perché lasciargliela subito? 4)non gliene frega niente di quello che pensiamo noi 5)hanno già votato 2 mozioni di sfiducia bocciate per una manciata di voti con un risultato che era noto a tutti, sia a chi le ha presentate che a chi ha fatto finta di temerle.

I 40 del Consiglio comunale non hanno alcuna intenzione di votare la mozione di sfiducia 1)non vogliono rinunciare al gettone di presenza 2)molti non saranno rieletti anche perché al prossimo mandato saranno 32 con gettoni e indennità dimezzate 3)tutto sommato con la giunta riescono ad andare d’accordo perché si trova sempre un punto d’incontro come con quellicheceranoprima con i metodidiprima 4)per votare la mozione di sfiducia occorre il sì di 27 consiglieri, e non è mai successo in 2 anni e mezzo che ci siano 27 presenti figuriamoci a far harahiri.

Insomma, il teorema del tacchino di Natale salverà le rivoluzioni.

Rosaria Brancato