Cultura

Mostra “Impatto visivo” La spiritualità incandescente del Magma

Ignazio Pandolfo, Radiologo, ultra noto in Città, il cui Studio di famiglia è consigliato da luminari messinesi nelle varie branche, è anche un eclettico artista, che si è espresso in ambito letterario e nelle arti visive pittoriche.

E proprio in quest’ultimo settore vi è la variabile dei materiali in uso, dello stile, ferma restando la trasposizione di personali percezioni sullo stare al Mondo…

E così le performances dell’universo contemporaneo raccontano comunque, pur non avendone intenzione, micro-storie, generando pur sempre con ciò nei fruitori stimoli diversificati.

Si può di certo riconoscere l’astratto informale quale cifra connotante l’opera di Ignazio Pandolfo, ove l’a-concettuale è dominante.

L’esposizione c/o il Teatro V.E., per la Sezione Arti Visive, portata avanti da Giuseppe La Motta, nel solco progettuale più ampio de “L’Opera al Centro”, come da calendarizzazione, è stata inaugurata l’11 febbraio u.s. dal citato curatore, dal Presidente dell’Ente Teatro Orazio Miloro e dal Consigliere Giuseppe Ministeri, alla presenza dell’Artista.

Ha introdotto la Mostra con la consueta maestria Milena Romeo.

I c.d. segni sulla tela, secondo il suo autore, lungi dal ricoprire una univoca significanza, si prestano alla molteplicità di sensi, quanti sono i fruitori delle opere, che svolgono funzione di mediazione fra il pittore e il prodotto artistico stesso.

Così l’Artista, nel discostarsi dallo stilema figurativo e da quelli, Informale, Minimalista o Analitico, o, ancora, con riferimenti alla Street Art o alla Pop Art – non ritenendo ai nostri tempi più accettabile una narrazione che non farebbe altro che assommarsi alle miriadi di forme comunicative alle quali la società soggiace – si accosta con decisione al linguaggio astratto, non concependo di poter – e voler – essere portatore di messaggio alcuno, quale Artista – Vate, e con connotazioni di elevata autoreferenzialità. E l’opera stessa che si fa parte attiva e dialoga con chi la sa vedere, e il pittore è strumento passivo “tout court, una sorta di medium che “inconsapevolmente” riversa sulla tela contenuti che non ha ricercato, né razionalmente né emotivamente. Lo stimolo, se vogliamo il pungolo, che parte dall’opera per raggiungere il suo osservatore, tende alla riemersione dell’attitudine del fruitore a meditare su quell’”impatto visivo” che sta osservando. L’arte figurativa è rigettata, con la sua estrema personalizzazione e il focus sul soggetto agente, che mira a porgere ai fruitori icone del suo pensiero, le proprie realtà razionali o solo percepite come tali, “narrando” per immagini il proprio Multiverso.

I dipinti del Pandolfo non hanno addirittura neanche un preconfezionato verso, né di lettura, né quale modalità di appoggio alle pareti, non sono dotate di cornici, né di alcun dispositivo di aggancio, solo sono stati riportati meri suggerimenti sul retro delle tele stesse.

La contemplazione che l’Artista ritiene sia l’unica forma attraverso cui accostarsi alle proprie tele, il silenzio comunicativo, hanno dato vita al fluire delle emozioni nei numerosi fruitori? Di certo essi hanno mostrato di apprezzare gli oggetti artistici in esposizione, che non sono stati solo caotici ammassi di colore e materia, non saprei dire però se hanno raggiunto la parte emozionale degli osservatori, agendo da casse di risonanza.

Mi sia consentito dissentire dai proclami dell’Autore di non avere proposto alcuna storia…Abbiamo invece preso parte all’esposizione di “fantasmagorie cromatiche”, che non si sono certo esaurite nel mero godimento visivo, che pure ha occupato un discreto spazio per l’armonia decorativa basata sulla forza del colore e della brillante tecnica. Un mondo intimo, di assai personale spiritualità, ricco inconsapevolmente di microstorie e racconti si è spalancato innanzi a noi, attraverso un utilizzo della pittura freddo e razionale, oserei dire.

Pittura informale, rinuncia alla forma, dunque, senza che l’arte pittorica abdichi ad essere filtro di conoscenza dell’esistente ,pur individualizzato, per i fruitori.

Una pittura certo non morbida e liquorosa, ma volutamente rigida nella stesura dei tanti materiali prescelti. Difficile è l’individuazione in quel magma, la riconoscibilità di immagini, se si eccettua quella sorta di ruota, di girandola, che è apparsa elemento ricorrente.

L’Artista di certo trasmette, e ne è perfettamente in grado, con la forza della materia usata, l’dea stessa del movimento….Domina un territorio del colore, non necessita dunque in questo accedere a descrizioni visive, attribuendo al segno pittorico contenuti e senso prefissati….Non ci sono soggetti ricorrenti, tranne l’oggetto sopra riferito, quindi, ma ogni movimento sulla tela esprime la forza e l’intensità del Pandolfo nella sua felice stagione artistica.

Una pittura astratta, che ha permesso ai fruitori di accedere al percorso interiore dell’autore, che pur ritenendo di non aver posto in essere alcuna partecipazione emotiva e/o razionale, non è riuscito a celare, pur nella forma magmatica, l’involucro, e nel colore, la propria anima.

Il colore e la tecnica sono stati al servizio dell’etica e della spiritualità personali, per arrivare a quelle immagini quasi embrionali. Il caos apparente ha lasciato trasparire comunque l’immagine creativa con lavoro sapiente e esperto davvero sinergico, che ha conferito alle tele una novella dinamicità. Lo spazio, completamente occupato dal materiale ha assunto valenza portante e varia a seconda del punto di osservazione. Si è stati sul “ciglio” dell’Adesso. Tutto da decifrare, dunque….senza alcuna realtà “data”, ma ognuno può disvelare un proprio senso in un prodotto artistico che si è fatto ricerca, tensione, e attraverso dissolvenze, dilatazioni prospettiche, sfocature, si è proiettato ad armonizzarsi con il contesto cromatico, ed è riuscito a spiccare il rapporto fra l’artista e il supporto da dipingere.

Lo spettatore, attraverso il cromatismo e il gesto, è stato portato a interagire attivamente.

Finalità è apparsa quella di abbattere gli ostacoli alla altrui percezione, per una visione vera. Distruggere la materia per una rigenerazione magmatica, con esplosioni fantasmagoriche, dunque. Ogni osservatore ha potuto vedere, attraverso la personale percezione visiva, ciò che quell’Io ha consentito di intravedere.

Pittura quindi quale libertà espressiva del segno, delle masse cromatiche e della gestualità.

L’Artista diviene ricercatore e in uno magnete al centro dell’Universo, superando forme, immagini e modelli, per far emergere, attraverso l’energia interiore, il mondo sommerso.

L’autore deve prima aver sentito la propria interiorità per poi indirizzarla nel gesto della composizione estetica e raggiungere l’essenza delle cose, proiettandovi l’energia cosmica. Arte pura e incandescente, con la forza visiva di un linguaggio pregno di significati ove la ricerca ha spessore ed è tangibile. Le correlazioni che si accendono nell’impasto materico esercitano traccia, che appare come mappa direzionale, punto di approdo di ogni opera, che è identificata quale “Senza titolo”.

Intensa potenzialmente la forza evocativa, pur inconsapevole, in questa pittura sperimentale di qualità, ove è azzerato ogni significato figurale.