L’Immacolata torna tra la sua gente, nella “discesa” l’identità dei nizzardi

NIZZA DI SICILIA. “Ch’è bedda sta vesta, è dd’oru ricamata. Maria Immaculata, chi bedda ci sta”. L’antico canto in dialetto annuncia la discesa del simulacro dell’Immacolata, all’alba della vigilia della solennità. Secondo tradizione, la Vergine viene posta sulla vara processionale prima delle 5. E’ il momento più intenso della festa. Atteso un anno intero. In quel canto e in quella gestualità che accompagna la discesa della Madonna, che si ripete con canonica puntualità da decenni, è racchiusa la storia di un popolo. E’ il momento della pietà popolare, nel quale ogni nizzardo ritrova se stesso. E’ il momento in cui scorrono nella mente le immagini della quotidianità, le gioie e i dolori della vita. Allo stesso tempo è il momento dell’invocazione per una grazia da chiedere o ricevuta. La chiesa è stracolma. Tanti i volti rigati dalle lacrime. E’ la festa del popolo di Nizza. Una volta lo era dei pescatori in particolare, che alla Vergine si rivolgevano, per invocarla quando andavano al lavoro: “Ch’è ranni stu mari, è cchinu di pisci, Maria ni lu furnisci pi tutta l’eternità”. La strofa del canto in dialetto viene intonata il giorno dell’Immacolata con il simulacro dell’Immacolata rivolto verso il mare. Il parroco, padre Angelo Isaia, ha curato nei dettagli il programma dei festeggiamenti che come ogni anno culminano l’8 dicembre. Quattro le celebrazioni eucaristiche nel corso della mattinata: alle 7,15, alle 8,30, alle 9,45 e, quella solenne, alle 11. Nel pomeriggio la statua dell’Immacolata sarà portata in processione, fino a tarda sera. E’ il trionfo di Maria tra la sua gente.