Lo sbaraccamento e il teorema del “sì, ma”. Rendiamo possibile l’impossibile

Nel 1990 quando l’allora presidente della Regione Rino Nicolosi venne a Messina e rimase inorridito dalla situazione delle baracche io c’ero. Venne portato nelle favelas del Tirone, alcune più simili a grotte ricavate nelle pareti che non a baracche. All’epoca fa io ero una timida cronista del Giornale di Sicilia ed in quei giorni, che portarono alla famosa legge 10 e allo stanziamento dei 500 miliardi di lire, mai avrei immaginato che 28 anni dopo, la situazione non sarebbe mutata. Anzi, numeri alla mano, si è persino aggravata. Al Tirone non ci sono più le grotte, i cunicoli, è vero, ma il contesto è lo stesso di allora.

Quando il sindaco De Luca ha annunciato che entro il 31 dicembre avrebbe demolito le baraccopoli messinesi, io, come tanti, ho detto: “E’ una bellissima cosa”. Poi però a quella frase “è una bellissima cosa” ho aggiunto, come tanti, una virgola ed un MA.

La mia frase completa è stata: “E’ una bellissima cosa, ma non ce la farà entro il 31 dicembre. Ma se dovesse comunque farcela entro il 31 marzo 2019 sarebbe un miracolo e passerebbe alla storia”.

Mi sono però resa conto che quel “virgola MAè un nostro limite mentale, un confine che abbiamo nel DNA sin dal terremoto del 1908 e che rende anche le cose possibili impossibili. Quel “ma” è un nostro problema, nostro come comunità, come messinesi, come buddaci e come persone che non sanno più lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Non sappiamo più come si fa.

Quel “virgola ma” è figlio di 28 anni di inerzia e malapolitica, figlio di un secolo di soprusi da parte dello Stato che sulle nostre ferite e macerie ha lucrato, figlio di 60 anni di prese in giro e briciole. Tutto questo ci ha mutato il DNA e non siamo più capaci di rendere possibile l’impossibile. Facciamo il percorso contrario. E quando un folle come De Luca lancia un cronoprogramma che in qualsiasi altra parte d’Italia potrebbe essere serenamente realizzato, nel cuore di ognuno di noi, alla gioia, si aggiunge quel MA.

Elenco di seguito i vari “virgola ma” e i “sì, però

1-non glielo faranno fare, la politica ha mangiato sulle baracche e non vuol digiunare

2- la burocrazia renderà il traguardo dei 3 mesi impossibile

3-chissà cosa c’è sotto, chi c’è dietro e chi vuol speculare

4-i baraccati si opporranno perché non vogliono pagare tasse e canone

5-La Regione e il Governo non daranno un euro

6-nel frattempo incapperà in guai giudiziari

7-in mezzo secolo non ci sono riusciti figurati se ci riescono in 3 mesi

8-dove li pigliano i soldi?

9-tutti vorranno metterci il cappello e succederà il caos

10-nessuno vuole i baraccati come vicini di casa

11-cosa vogliono costruire là dove si demolisce?

12-ma quando mai a Messina si è fatta una cosa in poco tempo?

13- le gare d’appalto chi le vince saranno truccate

14-i ricorsi bloccheranno tutto

15-e tutti gli altri in situazione d’emergenza abitativa?

16-Gli altri politici e il Consiglio gli metteranno i bastoni tra le ruote

17-meglio un flop che un sindaco che riesce

18-ma dove trovano tutte le case dove trasferirli?

19-sta fingendo, è un parolaio

20-sì ma non puoi sradicare le persone dal luogo dove hanno vissuto

Potrei continuare all’infinito. Sull’ultimo punto ho assistito ad un dibattito in una trasmissione Rai a dir poco surreale. Hanno fatto persino un sondaggio con il quale chiedevano agli italiani se fosse più giusto mantenere i baraccati nel luogo delle baraccopoli o spostarli (come se un Km o due fosse una sorta di deportazione in un pianeta lontano). De Luca è stato accusato di aver indicato tempi troppo rapidi.

Ci riuscirà? Si chiedono tutti gufando e criticando come fanno gli anziani davanti ai piccoli cantieri sotto casa. Tutti seduti sulla riva del fiume in attesa di festeggiare il 31 dicembre non già un risultato storico, ma il fallimento di De Luca.

Sia chiaro, nella città delle incompiute ventennali se annunci uno sbaraccamento in 3 mesi te la sei proprio cercata. Ma il tema, a mio modesto avviso, è un altro.

Dopo 50 anni di vergogne VIVADDIO DOBBIAMO FARE SUBITO. Abbiamo il dovere morale, etico, storico, di recuperare il tempo perduto, di chiedere scusa a noi stessi perché in questi 50 anni non ci abbiamo creduto né provato.

Se un atleta decide di battere un record è un gesto nobile, perché trasforma l’impossibile in possibile. Perché ci auto-castriamo dicendo che no, noi messinesi non siamo in grado, noi messinesi non siamo all’altezza, noi messinesi non possiamo?

A casa mia spesso e volentieri mi prendono per pazza perché ho l’atteggiamento mentale di De Luca in molti obiettivi. A volte non li raggiungo, a volte sì, a volte parzialmente. Ma non fallisco mai. Perché il fallimento è quando ti arrendi, quando ti scoraggi e non ci provi, quando dici “posso farcela virgola MA”.

Messina merita lo sgombero delle baracche entro il 31 ottobre e la demolizione entro il 31 dicembre. Se fino ad ora non ci siamo riusciti non vuol dire che da adesso non possiamo. E’ l’anno zero. E’ il 1990, è il 1960 (anno del ddl di De Pasquale).

E’ proprio il fattore tempo l’unico riscatto che ci meritiamo, l’unico atto di coraggio. Se riusciamo a scardinare la maledizione del “virgola ma” del “sì ma”, cambieremo veramente il nostro modo di essere baraccati dentro.

Penso che il cuore vero della battaglia non sia la demolizione, ma il rispetto di quel cronoprogramma. E’ quella la vera sfida. Il tempo lo costruiamo noi, qui ed ora.

Dobbiamo esserne convinti noi, non solo l’amministrazione e l’Arisme. Tutti.

Io per prima che scrivo, oggi come nel 1990, con 28 anni in più sulle spalle e l’amarezza di essere cresciuta in una patria ferma.

Io per prima devo togliere quel “sì,ma” e mettere al posto della virgola un punto.

Lo dobbiamo a noi e ai nostri figli. Dimostriamogli che siamo in grado di gridare: se non ora quando? Dimostriamogli che per noi l’impossibile è possibile.

Rosaria Brancato