Stella e Rizzo: “Se muore il Sud, muore l’Italia intera”

“La situazione è disperata, o c’è una svolta o non ne usciamo”. Perché, se muore il sud, e il sud sta morendo, è sotto gli occhi di tutti, allora muore l’Italia intera, quella costruita con il sangue di tutti, da nord a sud, negli anni della faticosa unità.

La situazione è disperata dicono Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo al Royal, in occasione della presentazione del loro ultimo libro “Se muore il Sud”, organizzata dal Rotary club Stretto di Messina, e lo spiegano con una carrellata di cifre che parte dal Risorgimento, dall’unità, fino al dopoguerra fino all’era di Grillo.

C’è un momento in cui, guardando sullo schermo i grafici, i numeri impietosi, la rabbia e l’indignazione ti fanno venir voglia di alzarti e lasciare la sala , ma l’analisi dei due giornalisti, come sempre, è lucidissima, a tratti spietata, ma reale e si conclude con una finestra, un invito a cambiare strada una volta per tutte.

“Dobbiamo saper interpretare la storia in modo corretto, senza eccessi né da una parte né dall’altra”, spiega Stella, invitando all’obiettività tra una posizione leghista ed una ultrameridionalista. E’ lì, in quella strada di mezzo, che c’è la verità, anche se fa male. Come diceva Einstein “E’ più facile disintegrare un atomo che distruggere un pregiudizio”.

Il Sud sta morendo, è un dato che emerge dalle classifiche delle regioni Europee: la Sicilia è ultima per infrastrutture e per competitività, siamo penultimi per occupazione femminile (appena il 34%) siamo terzultimi per occupazione (42,6%). E stiamo parlando di Europa. In Italia, la Sicilia è agli ultimi posti in tutte le classifiche, tranne in quella degli stipendi dei politici dell’Ars, e quanto alle città dell’isola, siamo sempre negli ultimi 10 posti delle classifiche per qualità della vita.

Per la prima volta dopo le epidemie come la spagnola (1918) il mezzogiorno ha più morti che nati e i laureati che abbandonano l’isola sono passati in 10 anni dal 10% al 25%, più del doppio.

Di grafico in grafico l’inchiesta di Stella e Rizzo affonda nella carne della verità, con gli investimenti esteri che vanno per il 94,6% al nord e solo il 5% al sud, ma del resto, sappiamo bene che quando arrivano i milioni dell’Unione Europea li facciamo saccheggiare quindi non chiediamoci perché nessuno investe qui.

Se l’Ue finanzia 15 milioni di euro al Ciapi (ma è solo una delle tante vergogne della formazione siciliana) per ottenere 18 apprendisti, e badate bene stiamo parlando di apprendisti non posti di lavoro, non chiediamoci perché stiamo morendo.

Dolce e Gabbana raccontano che non trovano sarte- dicono i due giornalisti- però poi scopriamo di milioni di euro spesi dall’Europa per corsi di formazione al sud per onicotecnico o per abbronzatura artificiale… In 10 anni la formazione è stata un buco nero di 4 miliardi di euro”.

Ma non c’è da stupirsi se scambiamo le casse dell’Unione europea per un bottino di guerra, dal momento che, ad esempio il segretario regionale dell’Ars prende il triplo di Obama, e i deputati siciliani sono i più pagati d’Italia.

La Bulgaria, con i soldi europei è passata in 10 anni (dal 2000) da un Pil del 35% al 75%, superando di ben 11 punti la Calabria. E stiamo parlando della Bulgaria,che noi consideriamo quasi terzo mondo…. Noi del sud usiamo i fondi europei per realizzare il “Giardino dei fiori” e il “Profumo di lavanda”.

Nel 2012 i turisti hanno speso in Italia 32 miliardi, ma in Sicilia ne sono stati spesi appena 4 miliardi. Del resto i nostri siti museali non esistono in rete e, ad esempio, il sito ufficiale della Regione conosce solo due lingue, l’italiano e l’inglese.

Siamo un paradiso rispetto alle Baleari, eppure i voli charter per la Sicilia sono 17 contro i 223 delle Baleari. Nel 2012 hanno scelto la Sicilia 3 milioni e mezzo di turisti, mentre sono andati alle Baleari in 41 milioni. Con la differenza che noi abbiamo i templi di Agrigento, Noto, Taormina, la storia e la preistoria, cinque siti proclamati patrimonio dell’umanità dall’Unesco e loro hanno solo il mare, il sole, ed evidentemente un’altra testa.

Il Sud sta morendo e i veleni dell’Acne di Cengio sono stati spostati a Giuliano e nessuno ha mosso un dito. I veleni della Terra dei fuochi sono arrivati lì perché sono stati gli stessi politici ed amministratori a vendere la vita dei loro concittadini e oggi il sacerdote di Caivano dice messa con le foto dei bimbi morti al fianco dell’altare e le letterine “grazie Gesù per ogni giorno di vita in più che mi regali”.

Pochi chilometri più in là c’è la Reggia di Carditello, abbandonata e smantellata pezzo per pezzo dai casalesi che ci hanno arredato le ville e nessun imprenditore vuole investire perché per aprire un cantiere di restauro deve scendere a patti con loro.

Ma poi c’è quello che Stella e Rizzo chiamano “il sud che vola”, che è quello di Mimmo Costanzo che ha finito con un anno e mezzo di anticipo il tratto di autostrada Salerno-Reggio Calabria (senza cedere ai ricatti dei subappalti), ci sono i fratelli Finocchiaro di Harmont & Blain che hanno invaso il mondo di Polaretti e solo in Corea ne vendono 18 milioni. Ci sono i due trentenni pugliesi Petrovillo e Belviso che con i soldi di un progetto vinto alla Regione (senza raccomandazioni, 25 mila euro) e dopo le porte sbattute in faccia da 42 banche, hanno trovato chi ha finanziato il loro sogno dell’aereo ultraleggero, il primo al mondo. Ed è lì, in Puglia che si costruisce anche il nuovo Boeing 787.

Questo è il Sud che muore di Stella e Rizzo, una fotografia che però lascia intravedere non la speranza, ma la terra dove seminare.

Però poi c’è l’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo che tuona “Ulisse è stato il primo il primo invasore” e non guarda sotto il suo naso, non vede che gli unici saccheggiatori della nostra terra siamo noi. Dovremmo imparare a guardare sotto il nostro naso e cacciare quegli invasori che hanno i nostri stessi cognomi e le nostre stesse radici.

Perché è vero che Se muore il sud muore l’Italia, ma se muore il sud è anche e soprattutto colpa nostra.

Rosaria Brancato