Il corteo degli occupanti del Teatro in Fiera diventa il simbolo di tutte le vertenze

“È il momento di cominciare a resistere e ad esistere. Lo stiamo facendo tutti insieme da più di un mese al Teatro in fiera Pinelli e all'ex Irrera a mare”. Recita così il volantino che invita tutta la città a partecipare all’occupy waterfront, la manifestazione indetta dagli occupanti del Teatro in Fiera. Ore 16, Piazza Cairoli, si radunano gli attivisti, insieme ai protagonisti di molte delle vertenze sindacali che affliggono la città di Messina. Dai lavoratori del Vittorio Emanuele alla sua orchestra, dai dipendenti dell’ex Birra Triscele a quelli dell’Ente Fiera, dalle operatrici ed operatori dei Servizi Sociali a Sicilia Limoni A sostegno anche i membri dell’Arci e dell’Arcigay e tanta gente dalla provincia, Milazzo e Barcellona in testa, più una delegazione del Teatro Valle Occupato, partita appositamente da Roma alle 5 del mattino per portare un sostegno concreto alla battaglia del Pinelli. Il corteo ha attraversato via Tommaso Cannizzaro, Via Cesare Battisti per concludersi in Fiera intorno alle 19, dopo aver sfilato di fronte alla Prefettura. Durante la manifestazione ricca di performance – come in quella del 15 dicembre, degli attori hanno recitato alcuni brani tratti soprattutto dalle opere di Camus e Brecht – dal camion con il sound system hanno parlato gli ex dipendenti della Birra Triscele. “Siamo qui per solidarietà al Pinelli” – hanno dichiarato – “Messina è nostra e dobbiamo riprendercela, per questo bisogna unire tutte le vertenze”. Dello stesso avviso Daniele David, Cgil, che ha auspicato di continuare sulla strada tracciata dagli occupanti del Teatro in Fiera: “Bisogna combattere la speculazione e la cultura privatistica”, ha affermato. La necessità di unire tutti i lavoratori travolti dalla crisi economica era stata già sottolineata dai dipendenti di Sicilia Limoni. Già dal giorno prima, infatti, rispondendo a chi chiedeva se esistesse già una rete che connettesse tutte le vertenze dichiaravano: “Grazie agli attivisti del Pinelli, sì”. Una frase che fa sorridere d’orgoglio gli occupanti . “E’ il massimo riconoscimento politico che avremmo potuto avere”, affermano. Al corteo hanno partecipato centinaia di persone, malgrado la pioggia che verso le 6 non ha dato tregua ai manifestanti. Tutto si è concluso con un'assemblea nei locali dell’ex Irrera a Mare, un padiglione storico e funzionale che l’Autorità Portuale, denunciano i membri del Pinelli, affitta a tariffe esorbitanti: “900 euro a sera per un'assemblea, 3500 euro per una festa di capodanno: sono queste le condizioni dettate dall'Autorità Portuale per fruire di questo meraviglioso spazio del demanio”. Il cuore del braccio di ferro che da più di un mese vede protagonisti occupanti e Autorità Portuale è, appunto, nell’appartenenza al demanio pubblico dell’area della cittadella fieristica. Sebbene all’Autorità Portuale sia stata consegnata in gestione l’area da una legge di Stato del 1994, i manifestanti – e non solo, basti pensare all’Ingegnere Capo del Genio Civile Gaetano Sciacca – si appellano all’articolo 32 dello Statuto Regionale – a sua volta riconosciuto dall’articolo 116 della Costituzione Italiana – che affida a Palermo assolute competenze in ambito di demanio. Dall’assemblea conclusiva, poco prima della cena sociale e del concerto di Tony Canto, emerge la volontà di continuare nel percorso intrapreso e gli attivisti annunciano l’intenzione di indire un’altra manifestazione, prossimamente, che “inonderà tutta Messina”. Alcuni musicisti del Teatro Vittorio Emanuele – a loro volta in presidio insieme ai lavoratori dall’8 gennaio – si sono poi esibiti regalando alla platea arie di Bach e Beethoven. Giuseppe Di Guardo, della Slc Cgil, nell’introdurre i maestri orchestrali ha ribadito la sinergia d’intenti con gli attivisti del Pinelli: “Ci tenevamo tantissimo ad essere insieme a voi e a supportare questa lotta. Dobbiamo lottare anche per gli altri e per i nostri figli come ha detto Renato Accorinti” afferma il sindacalista. Ed Accorinti è presente e, ricordando il suo appoggio fin dal primo girono di occupazione, dichiara: “Chi sta dentro le istituzioni dovrebbe difendere i diritti dei cittadini ma c’è stata gente che ha tradito le istituzioni e noi. In questa situazione, parlare di illegalità è guardare la pagliuzza e ignorare la trave. È proprio chi lo fa ad avere una trave dentro l’occhio. Distruggere un teatro e non ricostruirlo è minare il futuro di un’intera generazione”. Ospiti d’onore un gruppo di attivisti del Teatro Valle Occupato. Il Valle è il più antico teatro di Roma, occupato dal 2011, e può essere considerato a buon diritto il capostipite della lunga serie di teatri "liberati" ed autogestiti che sono nati nel resto della penisola. Ma la fama del Valle non si ferma all’Italia, la sua singolare esperienza ha destato stupore anche negli altri paesi e le sue performance artistiche hanno raccolto premi internazionali. Vera e propria stella polare per gli altri Teatri occupati, il Valle lo è anche dal punto di vista dell’autorganizzazione, essendo il primo che, con la stesura di uno statuto e costituendosi in comitato è riuscito a coniugare mobilitazione dal basso e diritto. Guido, un occupante del Valle, ci anticipa che lunedì a Roma si terrà un incontro con il giurista Rodotà nell’ambito di una commissione di studi che vuole creare un nuovo diritto, adatto alle forme di autogestione e più consono alla cura dei beni comuni. “Questo per aiutare non solo il Valle, ma tutti gli spazi simili nati in Italia” -ci spiega Guido – “Le analogie che legano il Valle e il Pinelli sono nelle motivazioni che animano la lotta. Le differenze nelle diversità territoriali proprie di ogni regione, che sono la meraviglia del nostro paese e che non siamo ancora riusciti ad apprezzare a fondo. Stiamo vivendo una fase di transizione. Non sappiamo ancora cosa sono i beni comuni e come gestirli. In questa fase di mutamento storico l’unica cosa certa è che abbiamo di fronte solo due prospettive: o autoritaria o comune. Dobbiamo scegliere senza paure né pregiudizi. Come diceva Carl Schmitt: «Il cambiamento è sempre illegale»”. (Eleonora Corace)