E se avessimo usato sul serio i 3 miliardi di euro della Formazione? Fantascienza

L’intero mondo della Formazione in Sicilia, da Mondello a Roccalumera è costato, grosso modo, negli ultimi anni una media di quasi 400 milioni di euro l’anno, in un crescendo rossiniano che di anno in anno ha finito con il raggiungere le note più alte. Se consideriamo solo gli ultimi sette anni, siamo riusciti a sfiorare la soglia dei tre miliardi di euro e pecchiamo per difetto perché ogni giorno si scopre una nuova nefandezza. Il paradiso della formazione è trasversale, ha interessato tutti i partiti ed anche alcuni sindacati. Era diventato il barattolo della marmellata nel quale tutti prima o poi affondavano il dito e già che c’erano l’intera mano. La legge 24 è nata nel 1976 con ben altri principi ed obiettivi, ma è dal 2000 in poi che scoppia una sfrenata voglia di Nutella, e, nel 2002, un intervento dell’allora assessore Stancanelli consente anche alle società di capitale di operare nel settore, dando il via all’assalto al barattolo. Dalla relazione della commissione d’indagine dell’Ars presieduta da Filippo Panarello nel 2012, si scoprono i dettagli: in Sicilia gli enti sono 1600, contro i 564 della Lombardia, nell’isola ci sono 10 mila addetti ai lavori, contro i 3.700 lombardi. Con la differenza che la Lombardia, con un terzo di enti e di personale organizza 38 mila corsi mentre in Sicilia appena 5 mila, con il triplo di enti, impiegati e soldi. In Sicilia opera la metà del personale della formazione di tutta Italia. Oltre il 60% dei 10 mila addetti è stato assunto dal 2000 al 2008, con i picchi massimi nel periodo pre-elettorale, dal 2006 in poi. Ovviamente a tempo indeterminato. Peccato che tra i docenti assunti solo un insegnante su tre ha la laurea, solo il 59% ha il diploma di scuola secondaria, e gli altri hanno il diploma di scuola media o la licenza elementare. Solo 9 corsisti su 100 trovano lavoro coerente con i corsi seguiti, altissima la percentuale di chi si ritira dal corso eppure ogni allievo costa 900 euro. Un successone insomma. E nel 2012 ancora non si sapeva della compravendita di Enti, del mercato dei corsisti, dei finti allievi e via imbrogliando.

Proviamo, con l’aiuto della fantasia a immaginare cosa avremmo potuto fare, per ipotesi, negli ultimi sette anni con oltre tre miliardi di euro, per creare occupazione e sviluppo. Facciamo un gioco aiutandoci con l’ironia.

Ad esempio ci saremmo potuti comprare le isole Eolie, Egadi, Pelagie, Ustica e Pantelleria e trasformarle nel Sicul-Disney, il parco di divertimenti del Mediterraneo con un percorso a tappe e messo in rete, dando così lavoro a migliaia di giovani e meno giovani. Da non perdere la tradizionale parata Disney-sicula nella quale avrebbero potuto trovare posto i nostri politici, che l’abitudine alla parata ce l’hanno nel Dna. Certo,avrebbero tutti voluto indossare il costume della Banda Bassotti e il pubblico si sarebbe chiesto perché non sfila mai Biancaneve, ma insomma, ognuno usa il materiale che ha, mica possiamo fare vestire i nostri eroi da Principi azzurri. Non sarebbero credibili. Con tre miliardi e più di euro avremmo potuto realizzare l’alta velocità in Sicilia, alla faccia di quel tirchio di Moretti, con binario quadruplo e stazioni ultramoderne e il Freccia Giallorossa che supera la barriera del suono e ti fa arrivare a Palermo in 54 minuti. Sarebbero avanzati anche soldi per mettere luci decenti nelle gallerie della Messina Palermo in modo da non avere più la sensazione di guidare su un sentiero spettrale di Marte, unici passeggeri dell’universo. Oppure con i soldi rimasti avremmo potuto sistemare il viadotto Ritiro per evitare che siano i nostri tris-tris-tris nipoti a vedere inaugurato lo svincolo e fare un’autostrada a sei corsie e senza buche, deviazioni, interruzioni. O fare il secondo approdo a Tremestieri resistente al vento, alla pioggia, alle tempeste di sabbia ed ai meteoriti, o ancora spostare in una sola notte il molo Norimberga a Sud con tanto di Cartour. In verità usando sul serio i tre miliardi per lo sviluppo innescheremmo un tale meccanismo da non dover più essere costretti ad essere schiavi dei tir e quindi potremmo piazzare un bel divieto di transito perenne ed assoluto. A questo punto che i camion si prendano altri mezzi per lasciare l’isola e stiano alla larga da noi. Avremmo potuto trattare con Marchionne le quote Fiat, comprarci Termini Imerese per produrre la Trinacria con le ruote e come direttore dello stabilimento ci avremmo messo Landini, così col cavolo che qualcuno osava abbassare gli stipendi dei lavoratori. Ci saremmo potuti comprare l’Alitalia e trasformarla in Alisicula e a bordo avremmo potuto distribuire il succo d’arancia siciliana e i pistacchi di Bronte. E mettere prezzi agevolati per i siciliani costretti ad andare a Torino, Milano, Roma per abbracciare i figli. Hostess, piloti e adetti di ogni tipo scelti senza passare dalle segreterie politiche per evitare di veder precipitare gli aerei subito dopo il decollo. Oppure ci saremmo potuti comprare le Baleari per usarle come Centro studi formazione per imparare a fare turismo vero e con poco (anzi, alle Baleari si fa pure senza niente, senza storia e senza miti, solo col mare e i tanga). Oppure avremmo potuto creare un grande parco archelogico-culturalestorico-paesaggistico nella terra dei greci, dei latini, dei normanni, degli arabi, dei Borboni dopo aver cacciato a pedate raffinerie e Muos per tornare a respirare aria pura e a vedere fiorire i mandorli a febbraio.

Ma c’è una cosa che avremmo davvero potuto fare e non abbiamo fatto: avremmo potuto usare questi tre miliardi di euro per formare i nostri ragazzi. Magari mandarli nelle università e nelle aziende, nelle imprese e nelle botteghe di artigiani. Magari avremmo potuto dar loro un mestiere e non farli scappare. E quei 50 mila giovani che ogni anno lasciano la Sicilia, e quel 50% di laureati che ogni anno cerca fortuna altrove avrebbero avuto un’opportunità di scelta. Magari avrebbero imparato un lavoro, che non è quello di esperto di abbronzatura o avvistatore di incendi o body guard. Magari avrebbero imparato il piacere di guadagnarsi il denaro con un mestiere, l’orgoglio di finire qualcosa, il gusto di ascoltare chi ha davvero da insegnare. Migliaia di ragazzi si sono arresi quando hanno capito che era una truffa, altri mettevano la firma e andavano via, altri non si sa neanche se siano mai esistiti. Ma questa tra tutte le ipotesi è davvero fantascienza. Paradossalmente sarebbe stato molto più semplice, con quei tre miliardi di euro, fare un tunnel Messina-Tunisi in marmo pregiato che non realizzare il sogno di chi, nel ’76 ha voluto quella legge fatta per formare e servita solo per i formatori, per i loro padroni e per i loro portafogli. Peccato, riusciamo a trasformare in veleno anche lo zucchero.

Rosaria Brancato