Cronaca

Omicidio Beppe Alfano, in soffitta anche l’ultima indagine?

E’ stata notificata in questi giorni agli indagati ma è dell’ottobre scorso la richiesta di archiviazione della Procura di Messina sull’omicidio di Beppe Alfano, il giornalista di Barcellona ucciso l’8 gennaio di 26 anni fa nei pressi della sua abitazione. Più che una inchiesta ter la si potrebbe definite il quarto vero e proprio capito degli accertamenti portati avanti dalla Direzione investigativa antimafia di Messina su quel delitto.

E a parte la prima, portata avanti dal magistrato allora in servizio a Barcellona Olindo Canali, che è sfociata nella condanna definitiva del boss Beppe Gullotti a 30 anni come mandante del delitto, le successive indagini sono sempre state affidate alla Dda messinese direttamente, ma non hanno avuto esiti migliori.

Oggi il procuratore Maurizio De Lucia mette il sigillo alla richiesta di archiviazione formalizzata dall’aggiunto Vito Di Giorgio per le posizioni di Stefano Genovese e Basilio Condipodero, per i quali erano stati ipotizzati i reati di omicidio aggravato e porto e detenzione illegale di armi. Adesso sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se accettare o meno la richiesta di archiviazione.

I due erano stati chiamati in causa da Carmelo D’Amico, il capo dell’ala militare dei barcellonesi passato alla collaborazione con la giustizia, che in suoi verbali risalenti al 2015 . D’Amico aveva indicato la presenza di “Stefanino Genovese” in via Marconi, quella notte, e di aver incontrato il commerciante Basilio Condipodero, il quale gli avrebbe intimato di allontanarsi immediatamente. I riscontri ai racconti di D’Amico, però, non sono arrivati.

Agli atti della Procura di Messina ci sono anche le più recenti dichiarazioni di Biagio Grasso, che ha rilasciato diversi verbali relativi ai suoi rapporti con Nino Merlino, condannato con Gullotti come esecutore materiale del delitto. Con Merlino, Grasso contrattava alcuni grossi subappalti. E fu lo stesso Merlino a metterlo in contatto con D’Amico, come riferimento dei barcellonesi per i grossi affari, quando divenne definitiva a suo carico la condanna per l’omicidio del giornalista.

Anche Merlino, come Gullotti, sta scontando la sua condanna senza aver mai dato segnali di apertura verso una collaborazione con la giustizia né hanno mai rilasciato dichiarazioni sull’omicidio in sé.

Adesso sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se chiudere in un cassetto anche questa trance di indagine o meno.

Già nel 2011 la Procura aveva chiesto per ben due volte l’archiviazione del procedimento, dopo aver eseguito tutti gli accertamenti possibili per trovare riscontri alle piste proposte dalla famiglia del giornalista e dal loro legale, l’avvocato Fabio Repici, che da ultimo aveva chiesto di riaprire il caso per chiarire i dubbi relativi ad alcuni passaggi compiuti da Olindo Canali durante le indagini all’indomani dell’omicidio.

Repici aveva anche portato alla luce l’esistenza di una Colt 22, individuata e detenuta, posseduta da alcuni soggetti che avrebbero potuto avere un ruolo nel delitto e nella fase successiva. Ma anche questi accertamenti non produssero riscontro.

La famiglia Alfano, e in particolare la figlia Sonia, non si sono mai arresi al fatto che l’indagine non avesse individuato i mandanti “di livello superiore” del delitto. Sonia in particolare ha riferito di indagini che il padre stava conducendo in quegli anni e delle carte che sarebbero state sequestrate in casa sua, a cominciare agli appunti del padre ovviamente, la notte dopo il delitto.

In una prima fase riferì delle indagini del padre sul business degli agrumeti nella zona tirrenica, dietro il quale ci sarebbe stata l’ombra del boss catanese Nitto Santapaola. Anche questa pista venne archiviata per assenza di riscontri. Sonia parlò anche di indagini che il padre stava conducendo su un traffico di uranio e di armi.