Il grido di chi vuole legalità e trasparenza all’interno dell’Università

Ancora una volta in prima pagina per fatti spiacevoli. Ancora una volta, anche a livello nazionale, l’immagine dell’Università di Messina viene associata a vicende poco chiare. Uno schiaffo a quei tantissimi studenti che nell’Università di Messina ci hanno creduto e ci credono ancora, avendo sudato anni sui libri per ottenere un titolo di studio, guadagnato con fatica e sacrificio e, se il caso, sminuito da chi invece sui libri non aveva nessuna intenzione di starci.

E’ il rammarico espresso da più parti, in particolare dalle associazioni giovanili e studentesche che da anni lottano per portare legalità e trasparenza all’interno dell’Università.

E’ il caso di Ugl Giovani che, tramite il suo coordinatore regionale, Felice Panebianco, parte da 15 anni fa, dall’irrisolto omicidio Bottari, “un’esecuzione dalle caratteristiche tipicamente mafiose”, per ricordare che bisogna percorrere ancora tanta strada “per debellare questo male che continua a infettare le nostre Istituzioni”.

Soddisfazione espressa per la volontà manifestata da parte del neo rettore Navarra di costituirsi parte civile nel processo, “ma alla nuova governance dell’Ateneo di Messina – prosegue Panebianco – chiediamo comunque massimo impegno e trasparenza nella propria attività isolando, prima ancora che intervenga la magistratura, coloro che (docenti, personale tecnico-amministrativo, studenti) non dovessero rispecchiare, per condotta e frequentazioni, le basilari regole morali ed etiche a cui ognuno di noi, specie se punto di riferimento come i docenti, deve attenersi”.

Studenti, docenti e dipendenti onesti sono i primi a pagare “per questi gravi fatti – conclude l’Ugl Giovani -, per il fango che nuovamente si riversa sull’Ateneo messinese. A pagare il conto è il prestigio di una storica e importante Università e, con essa, quello di una intera città”.

Anche l'Unione degli Universitari si costituirà parte civile nel processo penale contro l'organizzazione che influenzava le prove di ammissione alle facoltà a numero chiuso. Dal 2007 l'Udu aveva denunciato alla Procura della Repubblica le anomalie della gestione della prova a Messina quando in una sola aula vi era la più alta concentrazione di “geni” rispetto a tutto il resto d'Italia. Nonostante le denunce e migliaia di pagine di documenti e prove circostanziate offerte, si dovette attendere il 2011 quando il Consiglio di Stato accolse il ricorso dei legali Bonetti e Delia e decretò che – scrive l’Udu – “lo svolgimento della prova di concorso a Messina era illegittima da 10 anni, anzi da sempre. All'ingresso, i commissari annotavano il codice segreto accanto al nome del candidato mandando in fumo il principio di anonimato della prova”. Nello stesso anno il Tar di Catania mandò le carte alla Procura della Repubblica sempre in accoglimento del ricorso dell'Udu e degli stessi legali: “Anche secondo i giudici catanesi la commissione ha agito in maniera anomala”.

Stessi esiti nel 2012: “I plichi di concorso con l'elenco delle domande dei candidati – prosegue il sindacato universitario – erano spariti, anzi rubati. Fu lo stesso Ateneo a denunciarlo a seguito delle pressioni dei nostri legali che chiedevano trasparenza e volevano sapere come fosse possibile che diversi studenti avevano preso punteggi altissimi nella sezione di matematica senza aver sviluppato nessuna operazione matematica nei fogli di brutta copia a disposizione”.

Nel settembre del 2012, infine, toccò alle Professioni sanitarie. “I compiti – spiega ancora l’Udu – arrivarono all'Ateneo in delle scatole di cartone da supermarket senza alcuna garanzia che qualcuno prima le avesse ispezionate. Tre di quei plichi poi mancarono all'appello e, anche in quel caso, a Messina vi sono stati i più bravi d'Italia. La ditta che aveva curato la redazione dei quesiti era di Cosenza ed a Fisioterapia, che è il corso di laurea più ambito, gli ammessi calabresi furono il doppio rispetto all'anno passato. Oggi scopriamo della presenza dei microchip grazie ai quali l'organizzazione riusciva a dettare le risposte esatte ai propri protetti. Non meglio precisati personaggi, inoltre, sarebbero capaci di inserirsi nel sistema informatico nazionale e modificare le risposte date dai candidati attenzionati”.

Secondo l’Udu è il sistema ad essere sbagliato: “E’ barbaro e incostituzionale. Alimenta solo corruzione e disperazione”.

Meccanismi di selezione criticati anche dalla Cgil, che chiede al nuovo rettore legalità, trasparenza e collaborazione con le autorità per individuare tutti i responsabili: “L’inchiesta getta, ancora una volta, una nuova pesante ombra sull’Ateneo messinese. L’Università – evidenziano Lillo Oceano, segretario generale Cgil Messina insieme a Franco Di Renzo e a Graziamaria Pistorino della Flc Messina – deve essere liberata da privilegi, favoritismi, raccomandazioni, corruttele e deve tornare ad essere luogo dove si affermano capacità e impegno”

La Cgil e Flc invitano poi ad una riflessione sul numero chiuso, “strumento a proposito del quale occorre domandarsi se sia davvero utile ai fini della programmazione degli accessi ai corsi universitari, oppure se bisogna pensare a forme nuove, che rappresentino un equilibrio tra diritto allo studio costituzionalmente garantito (e quindi possibilità per tutti di poter accedere all’istruzione universitaria) e possibilità di poter “spendere” concretamente il titolo di studio nel mondo del lavoro. Perché – concludono i tre dirigenti sindacali – oggi più che mai occorre garantire il diritto allo studio e la parità di chance nell’accesso all’università”.

Valuta di costituirsi parte civile anche l'Associazione Universitaria degli studenti "Atreju", che manifesta la propria distanza e il proprio sentimento di vergogna e sdegno. “Traduciamo così i timori che non solo vengano lesi fama e prestigio del nostro ateneo, ma addirittura che si dubiti della regolarità e legalità delle attività accademiche di quella parte di studenti che costituiscono una parte sana estranea a questa realtà. Il nostro ateneo non è solo mafia e corruzione, ma sa essere esempio di eccellenza e professionalità”.

L’appello per restituire all’Università e alla città legalità, dignità e futuro è rivolto alla parte sana della città e delle istituzioni, “la stragrande maggioranza. La ricostruzione culturale e sociale della nostra Sicilia, e più in particolare della nostra Messina tanto umiliata e stuprata, – conclude Atreju – parte da noi studenti, agenti del prossimo futuro alle porte”.