Il voto di scambio e il filo di complicità che unisce chi acquista e chi vende

Dall’inchiesta Fake (vedi articolo correlato) sui brogli elettorali e sul voto di scambio in occasione delle elezioni comunali di Patti nel 2011 emergono alcuni spunti di riflessione. Se scattano misure cautelari per 12 persone e per altre 156 arriva l’avviso di garanzia per aver fatto spostare la residenza a 180 elettori da un comune ad un altro e se questa transumanza avviene, come emerso dalle indagini, in cambio di pochi spiccioli, di una pizza, di una bolletta della luce, allora vuol dire che non è malato il sistema, ma siamo malati noi. La transumanza elettorale pare sia una simpatica usanza molto in voga dalle nostre parti e questo nonostante si tratti di un reato. Ma dai commenti da bar successivi all’operazione Fake ho scoperto che è un “costume” piuttosto diffuso nei piccoli comuni. A far scattare l’inchiesta è stata la vignetta del collega Franco Zanghì su un sito locale nella quale dipingeva Gullo come un novello Mosè che guidava un intero popolo a spostarsi attraverso il Mar Rosso e il deserto per portarle in terre più sicure (elettoralmente parlando…). Il problema emerso dall’indagine non è solo il Mosè di turno capace di spostare i residenti grazie alla compiacenza di vigili e impiegati. Il problema sono gli elettori-transumanti, il gregge e le motivazioni che lo spingono a spostarsi. Stiamo parlando di un’elezione comunale, nella quale un cittadino è chiamato a scegliere chi governerà casa sua per i successivi 5 anni. Ma come fa una persona a vendere il proprio voto in cambio di una pizza, di una bolletta della luce, di banconote da 50 o 200 euro? E come fa un cittadino a vendere il proprio voto ad una persona che ha una così bassa concezione della politica e amministrerà con gli stessi principi usati in campagna elettorale? Ma che concezione della cosa pubblica, del bene comune unisce nello stesso reato chi compra il voto e chi lo vende? A prescindere dal fatto che il voto di ognuno di noi non ha un prezzo, meno che mai può valere così poco. Ci stimiamo davvero così poco come cittadini? Certo, poi c’è la promessa di un alloggio popolare o della cancellazione di una multa e persino la minaccia di licenziamento o il lavoretto affidato all’impresa, ma qui siamo già ad “alti livelli” di contrattazione. Facevo queste riflessioni mentre leggevo le intercettazioni che hanno portato alla raffica di arresti e di indagati, in particolare un discorso tra uno degli arrestati e l’intermediario a proposito di una bolletta sky che il candidato ad amministrare la cosa pubblica si rifiutava di pagare al futuro elettore avendo già sborsato i soldi della bolletta della luce. Chi ha venduto il proprio voto in cambio della bolletta, peraltro, ha commesso anche il reato nel momento in cui ha dichiarato una falsa residenza a Patti ed ha persino votato in quanto coscienzioso elettore cui stanno a cuore le sorti dell’amministrazione di quel territorio. Ma a che livelli di etica siamo arrivati se si commettono due reati di seguito in cambio di 200 euro? Ma nonostante l’esodo alla Mosè alla fine le elezioni le ha vinte Aquino. In futuro assisteremo agli spostamenti di interi quartieri da un Comune a un altro, per evitare sorprese. Nell’ambito dell’indagine un avviso di garanzia è stato recapitato alla neo deputata Pd Maria Tindara Gullo, il cui padre da ieri è ai domiciliari ed il cugino, Luigi Gullo, consigliere provinciale è indagato. La parlamentare è tra i 156 indagati insieme al marito, Sidoti, perché entrambi, residenti a Montagnareale, sono risultati poi residenti a Patti. Il problema non è solo il sistema, ma chi lo nutre. Se ci vendiamo per una bolletta Sky è ovvio che il sistema cresce, mette radici, si fortifica e diventa arrogante al punto che poi, per fare un esempio, si scopre a Patti di corsi di formazione finanziati per quasi 400 mila euro dalla Regione senza che si vi siano stati né iscritti né docenti. Nell’istante in cui non ci frega niente di chi e come ci amministrerà ed anzi accettiamo quel tozzo di pane, quell’elemosina in cambio del nostro consenso diventiamo complici e alimentiamo quella macchina che finirà con il saccheggiare il nostro territorio.

Siamo noi con la nostra compiacenza, il silenzio, l’omertà, la nostra scarsa autostima come cittadini a nutrire questo sistema. Siamo colpevoli esattamente come loro.

Rosaria Brancato