Capurro: “Aiuti a tutti, compravendita di voti mai”

Ha scelto di parlare anche Giuseppe Capurro, andato ai domiciliari nel blitz Matassa della Squadra Mobile contro i clan di Camaro e Santa Lucia sopra Contesse. L'ex consigliere comunale, accompagnato dagli avvocati Nino Cacia e Daniela Agnello, è entrato nella stanza del GIP Maria Teresa Arena intorno alle 12 e ne é uscito poco dopo le 15. Capurro ha risposto a tutte le domande del giudice, che lo ha spedito ai domiciliari con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, e si è difeso sostenendo sostanzialmente di aver sempre aiutato chi gli chiedeva una mano, nel corso della sua lunga carriera politica, ma senza chiedere nulla in cambio. Tra questi anche il figlio del boss Carmelo Ventura, Giacomo, che si è rivolto al consigliere comunale quando ha avuto problemi, tentando di aprire un panificio. Proprio l'interessamento di Capurro per le pratiche necessarie all'avvio dell'attività è alla base dell'accusa mossagli dagli inquirenti. Capurro ha spiegato di aver indirizzato il figlio di Ventura negli uffici comunali preposti e di essere poi uscito di scena. Nessun mercimonio di voti, peró, ha sostenuto l'esponente politico locale. Anzi, in passato proprio a Camaro ha subito un atto intimidatorio, e suo figlio una richiesta estorsiva, puntualmente denunciata.

Il PM Liliana Todaro, titolare del caso insieme alla collega Maria Pellegrino, gli ha chiesto chiarimenti in merito al coinvolgimento della collega Giovanna Crifó, in accoppiata con lui alle scorse amministrative e comparsa in alcune intercettazioni, poi gli ha chiesto dei contatti con i Pernicone. I quali, ha detto Capurro, gli avrebbero chiesto di essere messi in contatto con Nino Germanà, deputato di riferimento all'Ars, nella speranza di ottenere qualche lavoro dal suocero, l'imprenditore Ricciardello, per la coop sociale da loro gestita, la CSS sequestrata dalla Mobile. Gli avvocati difensori aspettano ora l'esito degli interrogatori per valutare le prossime mosse.