“Sul caso David si riunisca l’Aula”. In caso di dimissioni collettive arriva un commissario

Se Paolo David, esce dall’Aula (almeno per il momento, giacchè sospeso), il caso David approderà in Consiglio comunale.

A richiedere la convocazione di una seduta urgente, ai sensi dell’art. 44, comma 1 del Regolamento del Consiglio, sono i consiglieri del gruppo misto Nina Lo Presti e Gino Sturniolo, con una nota trasmessa alla presidente Emilia Barrile.

“All’ordine del giorno-spiegano- chiediamo ci sia le ultime vicende giudiziarie denominate operazione matassa, che si sono abbattute anche su esponenti del civico consesso. La necessità di una seduta consiliare nasce dalla considerazione che la massima assemblea elettiva non possa sottrarsi alla discussione pubblica su una vicenda di tale importanza che coinvolge la comunità intera e che se dovesse essere confermata l’influenza sulla libera espressione del voto da parte delle organizzazioni mafiose questa avrebbe una conseguenza diretta sulla composizione stessa del Consiglio comunale”.

Perché sia accolta la richiesta occorrono almeno 8 firme di consiglieri comunali e Lo Presti e Sturniolo stanno già chiedendo ai colleghi di unirsi alla proposta per non lasciare che il “dibattito” avvenga fuori dalle mura del Palazzo, sui social o sulla stampa, ma nella sede istituzionale, anche per non fare finta che nulla sia accaduto.

Del resto, come sottolineano i due consiglieri, l’inchiesta fa esplicito riferimento alle competizioni elettorali del 2012 e del 2013, pertanto sono incluse le Regionali dell’ottobre 2012, le Politiche di febbraio 2013 e le amministrative del giugno 2013. Queste ultime hanno portato nell’Aula consiliare una maggioranza di consiglieri Pd e delle liste collegate (13 in totale), al punto che non è scattato neanche il premio di maggioranza dopo il ballottaggio dal momento che al primo turno era stata superata la soglia del 50%. Quella stessa maggioranza si è a dicembre spostata di fronte. Paolo David inoltre era il capogruppo del Pd.

Nina Lo Presti e Gino Sturniolo invitano quindi ad un dibattito sul punto centrale emerso dall’inchiesta e cioè se realmente vi sia stata “l’influenza sulla libera espressione del voto da parte delle organizzazioni mafiose e se questa abbia avuto conseguenza sulla composizione stessa del Consiglio”.

L’entità dei consensi in riferimento alle 3 competizioni elettorali è tale da incidere sulla composizione stessa dell’Aula dal momento che i seggi complessivi vengono assegnati in base ai voti conseguiti dalle liste (il ragionamento è valido anche per Crocetta dal momento che i voti del messinese sono stati determinanti per la sua elezione).

Al di là della vicenda,che peraltro, sfiora il paradosso con il primo dei non eletti, Cocivera, raggiunto da misura cautelare il giorno prima dell’arresto di David, nell’inchiesta sugli aborti clandestini e pertanto escluso dalla surroga, resta un problema di delegittimazione e di credibilità per un’Aula già colpita dalle indagini sui bilanci e su gettonopoli.

La situazione è tale che da un lato c’è un’amministrazione che viene attaccata per la mancanza di risultati da un’opposizione che però la mantiene saldamente in sella votando ogni atto. Dall’altro la stessa giunta, che non perde occasione per stigmatizzare l’Aula, dall’altro si tappa il naso quando ad approvare i documenti sono proprio gli stessi finiti nel mirino poco prima.

L’ipotesi di dimissioni collettive è pero scartata, dai 40 consiglieri.

La legge regionale n°35 del 15 settembre del ’97 all’art. 11 (modificato dall'art. 2, comma 2, della L.R. 25/2000) per quel che riguarda la cessazione del consiglio prevede: 2. La cessazione del consiglio comunale per dimissioni contestuali della maggioranza assoluta dei componenti o per altra causa comporta la nomina da parte dell'Assessore regionale per gli enti locali, secondo le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 4, di un commissario, il quale resterà in carica sino al rinnovo degli organi comunali per scadenza naturale.

In base alla normativa, fino alle dimissioni di 20 consiglieri su 40, i dimissionari saranno sostituiti dal primo dei non eletti nelle rispettive liste. In caso però di dimissioni collettive, in questo caso da 21 consiglieri in poi, l’Aula viene sostituita da un commissario. A differenza quindi di Roma, dove il sindaco Marino è stato disarcionato da dimissioni di massa del Consiglio che hanno comportato il rinnovo di entrambi gli organi elettivi, (si voterà a giugno), in Sicilia, la norma prevede che in caso di dimissioni dei consiglieri l’Aula venga commissariata e l’amministrazione resti regolarmente in sella. A meno che non si proceda, prima delle dimissioni, con la mozione di sfiducia.

Questa differenza tra Messina e Roma rende più che mai improbabile che i consiglieri si dimettano lasciando Palazzo Zanca in mano alla sola amministrazione Accorinti. Nel frattempo c’è chi ventila l’ipotesi di uno scioglimento per mafia del Consiglio. Anche in questo caso a restare in carica sarebbe la sola amministrazione, senza alcun contrappeso se non un commissario inviato dalla Regione per ratificare tutti gli atti.

Rosaria Brancato