Armi e droga: otto condanne e due assoluzioni per boss e fiancheggiatori del clan di Mangialupi

Un’intera famiglia, marito, moglie e tre figli, coinvolti in un imponente traffico di droga e nella custodia di armi e munizioni per conto del temuto clan di Mangialupi. Tutto intorno una rete di complici e fiancheggiatori , ognuno con un ruolo ben definito all’interno dell’organizzazione
Oggi sono fioccate otto condanne e due assoluzione nel processo scaturito dall’operazione “Murazzo” condotta dalla Squadra Mobile nel 2011.
In particolare i giudici hanno condannato a 20 anni Letterio Campagna che però è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa. Condannati a 10 anni la moglie Maria Passari ed i figli Giovanni Fabio Campagna, Roberto Campagna, Consolato Campagna. Condannato ad un anno ed otto mesi Rocco Rao mentre un anno, pena sospesa, è stato inflitto ai fratelli Maria e Giuseppe Sturniolo. Il boss di Mangialupi, Antonino Trovato è stato assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di associazione mafiosa e “per non aver commesso il fatto” dalle altre contestazioni. Assoluzione e scarcerazione immediata anche per Sebastiano Minutola, per lui “il fatto non sussiste”. I pubblici ministeri Giuseppe Verzera e Fabrizio Monaco aveva chiesto pesanti condanne, in particolare avevano chiesto 20 anni per Trovato e Letterio Campagna, 12 anni per Passari, 10 anni per Giovanni, Roberto e Consolato Campagna, 8 anni e 60mila euro di multa per Minutola e Rao e 7 anni e 4 mesi per Maria e Giuseppe Sturniolo. Le indagini della Squadra Mobile accertarono gli stretti rapporti che intercorrevano fra la famiglia Campagna ed il clan di Mangialupi, capeggiato da Nino Trovato. Il 23 gennaio di due anni fa in un casolare di proprietà dei Campagna, in contrada Murazzo a S.Filippo Superiore, gli uomini della Mobile effettuarono un blitz sequestrando un vero e proprio arsenale composto da kalashnikov, mitragliatori, fucili, pistole, detonatori, munizioni da guerra e sei chili di cocaina. In manette finì Letterio Campagna che si accollò tutte le responsabilità per la presenza di armi e munizioni nel casolare, scagionando i due figli. Gli investigatori, grazie ad una cimice piazzata nel parlatoio del carcere, seguirono tutti i movimenti della famiglia e scoprirono che a gestire il clan, dopo l’arresto di Letterio Campagna, era stata la moglie Maria Passari. La donna si recava in carcere ai colloqui con il marito e prendeva ordini. Grazie alle intercettazioni ambientali gli agenti della Mobile sequestrarono nell’aprile di due anni fa oltre due chili di cocaina nascosti, nel casolare di S.Filippo il giorno del lunedì di Pasqua durante una tradizionale festa familiare.