Crisi idrica, un incubo durato 8 giorni e l’inaccettabile rimpallo di responsabilità

Dopo otto giorni d’inferno, la crisi idrica sta per essere definitivamente (si spera!) messa alle spalle. Passati i disagi, resta e resterà per sempre il ricordo di una settimana da incubo per i messinesi, che per oltre otto giorni sono stati catapultati nel medioevo, privati non solo dell’acqua ma anche della propria dignità, in quest’ultimo caso il pensiero va soprattutto ad anziani e disabili, materialmente impossibilitati a mettersi in fila per riempire bidoni e bottiglie dalle autobotti .

Le immagini mandate in onda da tutte le Tv nazionali, con decine e decine di persone in coda per l’approvvigionamento del prezioso liquido, sembravano raccontare una Messina post terremoto o post bellica; e invece no, in tutta la penisola hanno visto in che condizioni si può vivere, anche nel 2015, nella tredicesima città d’Italia, dove un guasto al principale acquedotto che rifornisce Messina ha lasciato completamente a secco i rubinetti, interrompendo il normale svolgimento della vita quotidiana, paralizzando le attività commerciali, costringendo enti pubblici, scuole ed università a chiudere i battenti.

Per una settimana la città si è fermata e paziente, sin troppo paziente, ha atteso che qualcuno facesse qualcosa per uscire da una emergenza acqua senza precedenti. Sullo sfondo di questo scenario apocalittico si è consumato l’ennesimo strappo istituzionale tra il sindaco Renato Accorinti ed il prefetto Stefano Trotta , con quest’ultimo che – al quinto giorno senz’acqua e dopo un nuovo guasto alla conduttura, per via di una seconda frana ancora all’altezza di Calatabiano – ha assunto il coordinamento dell’emergenza, constatando ed elencando in un comunicato stampa alcune inadempienze da parte di Palazzo Zanca.

Rimbalzata nel frattempo su tutti i giornali e telegiornali nazionali – anche grazie ad un tweet di Fiorello – l’emergenza idrica ha iniziato ad essere gestita dal Comune di Messina su un doppio fronte: quello pratico -operativo, affidato ai vertici dell’Amam e agli assessori Guido Signorino e Sergio De Cola; e quello mediatico, con il primo cittadino Accorinti che ha fatto il tour di tutte le trasmissioni nazionali, con un “intermezzo” anche all’assemblea ANCI a Torino , da dove ha dichiarato di aver lasciato Messina solo dopo aver visto uscire l’acqua di rubinetti delle case dei messinesi, quando invece la città pativa ancora l’emergenza idrica.

In tutte le trasmissioni alle quali ha partecipato (da Agorà a Pomeriggio 5, da Uno Mattina a Coffe Break sino a Domenica In ), il sindaco non si è mai sentito in dovere di chiedere scusa ai suoi cittadini, ma ha pensato solo ed esclusivamente a togliersi di dosso ogni responsabilità sulla più grave crisi idrica che la città abbia mai vissuto, parlando esclusivamente degli effetti provocati dal dissesto idrogeologico in una Sicilia prima abusata, violentata e poi abbandonata dalle istituzioni e delle influenze mafiose sulla gestione idrica in Sicilia.

Accorinti ha ragione quando asserisce che lui non ha colpa per la frana che ha danneggiato la conduttura idrica a Calatabiano, e nessuna persona di buon senso potrebbe mai attribuirgliela. Se, invece, pensa di essere esente da responsabilità sulla gestione della crisi idrica che ha messo in ginocchio la città, si sbaglia. Lui è il sindaco di Messina, lui – da giugno 2013 – rappresenta oltre 240mila cittadini e gli piaccia o no è responsabile di ciò che avviene in città. Se sorge un problema imprevisto o scoppia un’emergenza drammatica come quella degli ultimi giorni, è lui – in qualità di primo cittadino- a doverne rispondere e a dover trovare soluzioni adeguate, senza ogni volta pensare di potersi sottrarre alle critiche, attaccando il solito disco su quellicheceranoprima. Se la tredicesima città rimane senz’acqua per quasi dieci giorni, significa che qualcosa a livello amministrativo e politico, oltre che prettamente tecnico, non ha funzionato.

La stessa forza comunicativa utilizzata in tv in questi giorni, Accorinti avrebbe potuto e dovuto utilizzarla dopo ventiquattro ore dal guasto dell’acquedotto, per richiamare l’attenzione delle istituzioni “dormienti”, Governo e Regione, a cui invece ha fornito alibi perfetti con quei comunicati dai toni trionfalistici con i quali Comune ed Amam hanno – inopportunamente ed ingiustificatamente – vestito i panni dei supereroi.

Quando al sindaco Renato Accorinti si attribuiscono responsabilità sulla crisi idrica di questi giorni, nessuno intende accusarlo per la frana a Calatabiano (e ha perfettamente ragione sulla scarsa prevenzione e cura delle istituzioni romane e palermitane nei confronti del nostro territorio), ma gli si vuole semplicemente ricordare che lui – in qualità di primo cittadino – avrebbe dovuto trovare soluzioni rapide, efficaci e durature piuttosto che comunicare con troppa fretta alla cittadinanza quanto erano stati bravi a riparare il guasto, a cui ne è immediatamente seguito un altro.

Se una città resta a secco per dieci giorni perché non si è in grado di dare risposte concrete nel giro di poche ore, il sindaco è responsabile. Si chiami Accornti, Garofalo, Scoglio, Calabrò, Tinaglia, Genovese o Buzzanca.

Un buon sindaco non si vede da quante volte ricorda i disastri lasciati da quellicheceranoprima, ma da cosa fa per rimediare a quei disastri. Il continuo rimpallo di responsabilità, a cui non si è sottratta neanche la Regione, con le dichiarazioni francamente imbarazzanti dell’assessore regionale Contraffatto e dello stesso presidente Crocetta, i quali hanno affermato di essere stati informati tardi dell’emergenza, rappresentano un’offesa a tutti quei cittadini che per giorni hanno cercato soluzioni ai loro disagi e non colpevoli da mandare al patibolo.

Messina alla fine ce l’ha fatta ad uscire dall’emergenza e ha dato ancora una volta prova di grande resistenza. La politica, a tutti i livelli, si è mostrata anche in questa circostanza in certi frangenti superba ed in generale inadeguata.

Danila la Torre