Scoglio: “Il Ponte sullo Stretto unica opera capace di risollevare le sorti della Regione”

Messina è come la tela di Penelope di notte qualcuno lavora per disfare ciò che si crea di giorno. Oggi che la città è stretta nella morsa della povertà e della disoccupazione, si rimpiange il Ponte sullo Stretto riconoscendo, a posteriori che è l’unica opera capace di risollevare le sorti della Regione Sicilia. Solo il Ponte può realizzare la continuità territoriale ed una rete trasportistica ferroviaria e portuale capace di incentivare i traffici passeggeri e commerciali anche in relazione alle prospettive di internazionalizzazione determinate dai futuri traffici asiatici in conseguenza dell’allargamento del canale di Suez.

Ma, come al solito, si guarda alle prospettive di medio lungo termine, irrealizzabili senza una precisa volontà politica dei Governi Nazionali e Regionali, attribuendo colpe e responsabilità sempre agli altri senza guardare ciò che accade in casa propria.

Nel frattempo gli anni passano e tutto resta desolatamente fermo. Accade così che un approdo progettato per l’emergenza resti tale da circa 10 anni in attesa del suo completamento e pur in presenza dei finanziamenti e dell’appalto della nuova opera. Oggi si critica la realizzazione dell’approdo di emergenza di Tremestieri senza considerare che da tre anni il progetto per il completamento del nuovo porto è finanziato e per motivi che definire “oscuri” è forse troppo semplicistico l’appalto è bloccato da una burocrazia miope. Si reclamano poteri speciali quando non è necessario dimenticando che con le procedure speciali si erano bruciate le tappe per arrivare all’appalto e che oggi bisogna solo sottoscrivere il contratto con la ditta aggiudicataria.

Il Ponte da solo non basta per garantire alla città una ripresa economica stabile e duratura esso è un indubbio volano per far ripartire l’edilizia e l’occupazione ma occorre che Messina faccia le necessarie scelte per uscire dalla marginalità in cui per colpe proprie è precipitata.

Esiste un pervicace disegno di questa amministrazione di disfare ciò che negli anni è stato faticosamente costruito sotto il profilo strategico e progettuale e per alcuni aspetti anche finanziario. La città per risorgere ha bisogno del suo porto e del rapporto con il mare e ciò anche quando si realizzerà se lo si vorrà il ponte sullo Stretto.

I traffici commerciali della città e della Provincia sono stati nei secoli incentrati sul porto e sulle aree industriali contigue che oggi si vogliono, giustamente riqualificare. Ma bisogna decidere senza infingimenti e con capacità progettuale.

La riqualificazione della zona falcata e di Maregrosso hanno senso solo se vengono delocalizzate le funzioni commerciali dal porto storico a Tremestieri diversamente è il porto storico, il più sicuro d’Italia, con le aree contigue, a dovere essere utilizzato anche per i traffici commerciali e per la distribuzione delle merci.

Se a Tremestieri verrà realizzata una nuova completa portualità come negli anni programmato non ci saranno insabbiamenti di sorta, ostativi al suo funzionamento, se viceversa si blocca il completamento dell’attuale approdo per dimostrare che la scelta del sito (operata da esperti del settore) era sbagliata ecco che la tela si inizia a disfare per lasciare tutto com’è.

Da tre anni giacciono nei cassetti di qualche scrivania anche i progetti definitivi per la realizzazione della nuova via marina da realizzarsi al posto dei binari ferroviari e della piattaforma logistica per la distribuzione delle merci. Nel P.O.N europeo riservato alle città metropolitane vi sono le risorse per finanziare entrambe i progetti in sinergia con quelle stanziate in favore dell’Autorità Portuale.

Queste opere sono fondamentali, insieme alla riqualificazione della via Don Blasco, per eliminare nel breve termine tutte le problematiche connesse alla direzionalità di una città che non ha mai voluto sfruttare le enormi potenzialità del traffico commerciale. Da tre anni è bloccato l’iter progettuale per il piano particolareggiato per il recupero delle aree ferroviarie nonostante si sia celebrato un concorso di progettazione europeo.

Si legge che si vorrebbero, in violazione di legge, apportare modifiche al progetto vincitore valutato da una commissione di esperti di altissimo profilo modificando strategie e destinazioni. Ecco che la tela di Penelope continua a disfarsi.

Nel frattempo si blocca anche il piano particolareggiato di Capo Peloro e la Mortelle – Tono ambiti di enormi potenzialità attrattive per il turismo anche in funzione dei lavori del Ponte, poiché tutto deve essere rinviato al nuovo P.R.G..

Il P.R.G: di nuovo non ha proprio nulla. Si trasferisce la cubatura dalle colline alle zone ex z.i.r. e si ripensano le zone sp sulle quali non possono più essere apposti i vincoli per l’interesse pubblico, ma nulla si dice in merito ai territori dei villaggi collinari la cui messa in sicurezza è possibile solo rinaturalizzando le colture abbandonate e creando un marchio Deco città di Messina per i prodotti dell’agricoltura biologica da destinare all’ utilizzo della ristorazione cittadina. Salvo che non si intenda procedere come a Giampilieri pensando di contenere le montagne con nuove colate di cemento.

Il capolavoro è rappresentato poi dalla S.T.U. Tirone che a forza di ritardi e di rinvii sta per arrivare alla sua scadenza naturale, quindi allo scioglimento, dopo aver perso per strada milioni di euro del contratto di quartiere e molti altri investiti dai soci privati e ciò per l’ostracismo di chi, pagato dai cittadini, ha utilizzato il proprio ruolo per altre finalità.

Ecco questo è lo spaccato della nostra città oggi, senza un cantiere pubblico aperto, nonostante vi fossero 17 milioni di finanziamenti europei, alcuni già revocati, e senza la volontà di cambiare nulla almeno sino a quando alcuni pochi eletti, gli stessi di sempre, non raggiungano gli accordi necessari per una nuova spartizione del territorio. Una città che non può attendere l’approvazione del P.R.G. per un nuovo modello di sviluppo basato sull’edilizia non residenziale quando vi sono progetti e potenziali risorse per realizzare scelte urbanistiche che sono state condivise con il Piano strategico.

Un’amministrazione venuta dal “basso” (ma non tanto) non può modificare tali scelte condivise anche dal Consiglio Comunale, e ciò senza un reale confronto con i cittadini e con i portatori di interessi collettivi. Ma forse è meglio distogliere l’attenzione sognando il Ponte per cambiare tutto al fine di non cambiare nulla.