Speculazione edilizia al Green Park, confermate in appello le condanne per tangenti

Tre condanne confermate in toto, altre tre condanne ribadite con sostanziosi sconti di pena, una assoluzione piena. E' questa la sentenza emessa ieri sera dai giudici della Corte d'appello alla fine del processo di secondo grado scaturito dall’operazione Oro grigio, l’inchiesta che portò al sequestro del complesso Green Park sul Torrente Trapani.

Confermata quindi la condanna a 4 anni e mezzo per l'avvocato Giuseppe "Pucci" Fortino, l'ex presidente del consiglio comunale di Messina, Umberto Bonanno, ed il funzionario comunale Antonino Ponzio. Poi le rideterminazioni della pena: un anno e 10 mesi per i costruttori, il barcellonese Giovanni Arlotta e i messinesi Giovanni Magazzù e Antonio Smedile. Assoluzione per non aver commesso il fatto per Santi Magazzù della Immobilare Samm.

I giudici hanno infine revocato le statuizioni civili disposte in primo grado – ossia i risarcimenti, decisi anche per compratori e associazioni – fatte salve quelle disposte in favore del Comune di Messina in relazione a due capi di imputazione. Hanno difeso gli avvocati Laura Autru, Enrico Ricevuto, Tommaso Calderone, Tommaso Autru, Giovanbattista Freni. Il Comune era assistito dall'avvocato Bonni Candido.

L'accusa nel novembre scorso aveva chiesto la conferma delle condanne di primo grado, stigmatizzato il ruolo dei dirigenti regionali coinvolti, additando i meccanismi deviati della burocrazia. Infine ha riportato stralci di conversazioni, intercettate dalla Squadra Mobile nel corso delle indagini, che hanno svelato il ruolo dei protagonisti, in particolare dell’ex vice presidente del consiglio comunale Umberto Bonanno.

LA SENTENZA DI I GRADO – Era stata “salomonica” la sentenza emessa nel 2012 dal presidente della I sezione del Tribunale, Attilio Faranda, dopo oltre 6 ore di camera di consiglio, in un caldo pomeriggio di luglio: Quattro anni e mezzo di condanna per Fortino, Bonanno e Ponzio. Prescrizione dalle accuse per i funzionari regionali Rosa Anna Liggio, Giuseppe Giacalone e Cesare Antonino Capitti. Due anni e 6 mesi la condanna per il costruttore barcellonese Giovanni Arlotta, i soci Giovanni e Santi Magazzù e Antonino Smedile della immobiliare Samm. Assolto, invece, Salvatore Arlotta, figlio del costruttore.

I giudici avevano inoltre disposto il risarcimento al WWF, assistito dall’avvocato Aura Notarianni, stabilendo una provvisionale di 40 mila euro, e ha liquidato i danni ai promissari acquirenti degli appartamenti del complesso, di cui hanno disposto la confisca. Nel dettaglio la Corte aveva condannato gli imputati per corruzione, assolto tutti dall’accusa di associazione a delinquere, applicato la prescrizione per i reati di abuso. Infine la Corte ha condannato al risarcimento, in solido, il Comune di Messina.

L’inchiesta è scattata alla metà del decennio scorso, ed ha svelato i retroscena di diversi affari e progetti edilizi maturati all’ombra del Prg. A coordinare l’attività è stato il dirigente GiuseppeAnzalone, oggi capo della Squadra Mobile. Una cimice ben piazzata nell’ufficio del dirigente comunale Manlio Minutoli ha indotto gli investigatori a puntare la lente su diverse pratiche di concessione edilizia. Una di queste era appunto quello del costruendo Green Park sul Torrente Trapani, una zona da più parti considerata a rischio per problemi idrogeologici ed al centro di una massiccia aggressione edilizia, ancora in corso. Le intercettazioni telefoniche ed ambientali sui protagonisti dell’affare Green Park hanno poi rivelato un giro di tangenti.

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA: Granitiche. Le motivazioni dei giudici offrirono uno spaccato pesantissimo di come sono gestiti gli affari, soprattutto quelli edilizi, a Messina. I giudici ripercorrono l’iter del progetto, secondo l’accusa oliato per elevare la cubatura del complesso, ormai confiscato. Emergono così le figure del “politico” Bonanno impegnato a muovere i propri canali a Palermo per superare gli ostacoli procedimentali alla concessione, dei soci Ponzio e Gierotto per seguire, “scrivania dopo scrivania”, l’iter della concessione.

Tutto per denaro, ovviamente, poco o tanto che sia. Come dimenticare Bonanno che, in auto, conta il denaro appena ricevuto da Fortino e si lamenta dell’esiguità del pagamento, definendolo “pizzarella"? Un comitato d’affari, certo, quello che si è mosso intorno al Green Park. Ma non un’associazione a delinquere, secondo i giudici, che non trovano collante stabile, apporti in affari pregressi, tra gli imputati, se non il fatto che in quella occasione si è presentato loro un lauto affare e lo hanno spartito.

Diverso il giudizio sull’innegabile tangente e quindi il quantum delle condanne emesse. “La corruzione era funzionale a realizzare una trasformazione del territorio di portata imponente, la somma pretesa a titolo di corrispettivo era elevatissima e l’arroganza e prepotenza dimostrata nel pretendere il denaro indebito non comune: si pensi alle pressioni continue ed alle minacce fatte da Fortino ad Arlotta, alle continue interferenze di Ponzio nell’attività dei suoi colleghi che a vario titolo si sono occupati della pratica de qua per ragioni d’ufficio, nonché alla pretesa dello stesso non solo di avere appartamenti non dovuti ma anche di dotarli di “confort” – come un ascensore panoramico- di lusso, nonché allo sfruttamento da parte di Bonanno di legami politici a livello regionale e nazionale. Una pena inferiore sarebbe sproporzionata al riprovevole mercimonio di pubbliche funzioni fatto.”, avevano concluso i giudici.