Gli arresti all’Università, per il Gip Micali “uno spaccato sconfortante del mondo accademico”

Il nuovo ciclone giudiziario che ha investito l’Università di Messina ha riaperto il dibattito sulla presenza costante del malaffare in una istituzione così antica ed illustre. Gli arresti del professor Giuseppe Bisignano, preside della Facoltà di Farmacia e del professor Giuseppe Teti, ordinario di Microbiologia alla facoltà di Medicina ripropongono pagine già lette e rilette di uno squallido diario. E il sistema è sempre lo stesso, ricorda molto quello del concorso a Veterinaria truccato per far vincere il figlio del preside, il professor Battesimo Macrì, condannato in primo grado nel marzo scorso. Questa volta il vincitore designato del concorso a ricercatore di Microbiologia alla facoltà di Medicina, era Carlo Bisignano, figlio del preside della Facoltà di Farmacia Giuseppe Bisignano. E non ha rappresentato un ostacolo la presenza di un altro candidato Salvatore Papasergi, con esperienze lavorative all’istituto Pasteur in Francia e con titoli e punteggi di gran lunga superiori a Bisignano. Ma Papasergi era un emerito sconosciuto, figlio di nessuno e così destinato ad essere spazzato via. E sono durissime le pagine dell’ordinanza redatte dal gip Massimiliano Micali che così ripercorre la vicenda “Il 15 aprile 2013 fu fissata la data per il colloquio orale ma alla discussione pubblica si presentò il solo dott. Bisignano. Era accaduto che il potenziale vincitore Papasergi il 10 aprile 2013 aveva inviato al presidente della commissione, il professor Giuseppe Teti comunicazione di rinuncia a partecipare alla procedura di comparazione valutativa”. Incredibile ma vero. Papasergi, che nelle telefonate intercettate il professor Bisignano prende in giro chiamandolo Pappataci, si è fatto convincere dal professor Teti a rinunciare al concorso. Così Carlo Bisignano è l’unico candidato ed il posto è suo. Papasergi spiegherà alla Guardia di Finanza di essersi fatto convincere perché non avendo raccomandazioni ha preferito seguire il consiglio di Teti che gli aveva prospettato un aiuto in un altro concorso più consono alle sue qualità. Il gip Micali, che ha accolto le richieste di arresto avanzate dal procuratore aggiunto Ada Merrino e dal sostituto Diego Capece Minutolo, non ha dubbi e sostiene nell’ordinanza che “la vicenda delinea uno spaccato del mondo accademico che non è un’iperbole definire sconfortante”. Un giudizio durissimo che coincide perfettamente con l’idea generale dell’opinione pubblica che fatica a giudicare questi fatti “casi isolati” o frutto di iniziative personali.