Ecco come l’inchiesta su gettonopoli “entra a gamba tesa” nei lavori delle commissioni consiliari

«Colleghi, vi chiedo scusa ma la commissione deve finire adesso, perché io devo firmare». Si è interrotta in maniera brusca, con queste parole del capogruppo del Pd Paolo David, la seduta ordinaria della commissione bilancio, nella quale era in corso il dibattito sul bilancio consuntivo 2014. L’esponente del partito democratico – che nell’inchiesta della procura su gettonopoli è tra i destinatari della misura cautelare e ha quindi l’obbligo di firma presso il comando dei vigili urbani all’inizio ed alla fine delle commissioni alle quali partecipa – aveva l’esigenza di far coincidere l’orario di firma presso la polizia municipale con quello della sua entrata in aula consiliare e non ha esitato un attimo a stoppare i lavori della commissione bilancio per fare iniziare quelli della commissione viabilità, nonostante il confronto tra consiglieri da una parte ed il vice-sindaco Guido Signorino ed il Collegio dei revisori dei conti dall’altra non fosse ancora concluso .

Di episodi simili ne accadranno spesso da adesso in poi a Palazzo Zanca, dove i lavori degli organismi consiliari e relativi approfondimenti verranno inevitabilmente condizionati dall’inchiesta su gettonopoli. I consiglieri con obbligo di firma “pretendono”, infatti, che l’orario di inizio delle commissioni – così come calendarizzate da lunedì a venerdì – non venga sforato neanche di un minuto , per poter essere messi nella condizioni di rispettare la misura cautelare imposta dal gip.

Volendo usare una metafora calcistica, l’inchiesta della procura su gettonopoli è entrata a gamba tesa nella vita di palazzo Zanca, con risvolti certamente positivi nella misura in cui sono state spazzate via cattive abitudini e modificati comportamenti frutto di prassi ormai consolidate nel tempo, ma anche con risvolti negativi se a farne le spese è l’approfondimento ed il confronto democratico su questioni vitali per l’ente.

Intanto, come noto, oltre che sul piano giudiziario, il caso gettonopoli si gioca anche sul campo amministrativo e c’è sempre in ballo quella richiesta da parte della Regione di restituzione dei gettoni di presenza indebitamente percepiti dai consiglieri comunai per le commissioni andate deserte. Nei giorni scorsi la a presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile aveva scritto una nota in difesa dei colleghi, cercando di smontare punto per punto le accuse provenienti da Palermo. Alla lettera della massima rappresentante del Civico Consesso , si aggiunge adesso quella del segretario generale Antonio Le Donne, che nel caso dei capigruppo sposa in pieno la tesi già sostenuta dalla presidente Barrile (vedi in allegato la nota integrale di Le Donne), mentre nel caso dei gettoni erogati per le commissioni andate deserte passa addirittura al contrattacco e se le prende con la Regione.

Nella sua articolata nota, Le Donne “rimprovera” alla Regione di non essersi mai preoccupata di fornire indicazioni chiare e inequivocabili sul concetto di effettiva partecipazione, permettendo in tal modo che al Comune di Messina, tanto in Consiglio quanto in Commissione, questa espressione venisse «connessa all’accertamento della presenza fisica del componente del collegio al momento dell’apertura della seduta della seduta del medesimo (a fronte dell’assenza di altri componenti ) conseguendone che chi è presente è effettivamente partecipe all’avvio della seduta, mentre chi non è presente è palesemente non partecipe».

Il segretario di Palazzo Zanca “bacchetta” la Regione non solo per il passato ma anche per il presente: «tale opportunità (cioè di definire il concetto di effettiva partecipazione ndr) – scrive – non è stata colta, peraltro in un momento in cui la questione giornalisticamente denominata "Gettonopoli" era già all'ordine del giorno del dibattito pubblico regionale e dunque avrebbe ben potuto essere affrontata. Non è nemmeno stata emanata una circolare esplicativa …».

Svestiti i panni di “accusato ” e indossati quelli di “accusatore” , il super manager comunale arriva alla seguente conclusione: «per il passato non è possibile chiedere la restituzione dei gettoni di presenza , ma bisogna invece mantenere quanto già pagato in presenza di buona fede sia del percettore che dell’erogatore», aggiungendo subito dopo : «salvo che, come prevede l’ordinamento la buona fede del secondo non sia carpita dal percettore che abbia agito in violazione del codice penale». Con questa frase, il segretario Le Donne sembra voler mettere la mani avanti e tutelare la propria posizione nell’inchiesta giudiziaria su gettonopoli, che al momento non lo vede coinvolto.

Per quanto riguarda il futuro, Le Donne annuncia che «a conclusione del presente procedimento con provvedimento esplicito» , non procederà più al pagamento del gettone per le convocazioni andate deserte, «tranne che la stessa regione Siciliana non rivaluti diversamente la questione».

Danila La Torre

IN ALLEGATO LA NOTA INTEGRALE DEL SEGRETARIO GENERALE LE DONNE