Danno da 21 mila euro, per il Comune deve pagare la Lelat

La Lelat – Lega Lotta Aids e Tossicodipendenza da 22 anni gestisce una comunità per tossicodipendenti e malati di Aids. Lotta alla mafia e educazione alla legalità sono tra gli altri obiettivi che persegue. E da 22 anni deve fare i conti con minacce e atti vandalici. Si risponde con paura e aggressioni al lavoro dei volontari. La mafia non ci sta, la situazione è complicata, ma l’associazione non si è mai arresa. Finché hai la mafia contro, lo puoi capire. Smetti di capire soltanto quando ti sembra di dover lottare anche contro le istituzioni.

Atti vandalici e furti sono stati all’ordine del giorno. L’ultimo risale all’agosto scorso. Una notte, alcuni soggetti si sono introdotti nella sede e hanno danneggiato i pannelli solari. Non si è trattato di un atto vandalico fine a se stesso, l’obiettivo erano l’alluminio e il rame. Ma la conclusione è stata un furto di trecento euro per un danno di migliaia di euro. I pannelli fotovoltaici erano stati installati da poco grazie ai fondi europei che dovevano servire per la ristrutturazione della sede. La scelta di utilizzare i finanziamenti per i pannelli era conveniente e fonte di profitto. “Non avremmo pagato più le bollette, ma saremmo riusciti a ricavare un certo profitto per la comunità vendendo energia all’Enel”, dice Anna Maria Garufi, presidente della Lelat.

Installati i pannelli, bastava che la Lelat, intestatrice del contratto, attivasse la pratica Gse per il funzionamento. Ma a quel punto è intervenuto il Comune: “E’ arrivato il secco no del Comune, che esigeva fare le pratiche, intascare i profitti e farsi pagare da noi le bollette della luce, in barba agli accordi intercorsi precedentemente – afferma la Garufi -”. Il compromesso alla fine fu trovato: il comune avrebbe intascato i profitti, ma la Lelat sarebbe stata esonerata dal pagamento delle bollette della luce.

I lavori però ritardano, la Lelat continua a pagare le bollette e ad agosto i pannelli vengono distrutti a martellate. La fortuna non è dalla loro parte, decisamente. Il rifacimento dell’impianto ammonta a 21 mila euro e il Comune ha deciso che a pagare debba essere l’associazione. “Cosa fa più male, l’incudine mafiosa o il martello istituzionale? Perché per percepire i guadagni il padrone è il Comune e invece pagare per riparare i danni tocca a noi?”. E’ l’ultimo grido di disperazione di un’associazione che si vede “mitragliata” da ogni parte e non messa in condizione di svolgere il proprio compito: aiutare chi ha bisogno.

“Mi sento capace di correre sotto le bombe ma non di camminare sulle macerie”, ha detto la Garufi. Si può lottare contro un avversario, ma l’indifferenza è l’arma peggiore.